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NEWS 247093di Giulietto Chiesa - 30 giugno 2015
In caso di vittoria al referendum, la battaglia non è finita. Invece comincia. Sono in gioco interessi enormi e i maggiordomi saranno feroci

(risposta a una lettera del signor Barone che qui riproduco in parte)
 [...] Se il governo greco avesse accettato le condizioni poste dai burattinai della finanza mondiale si sarebbe rischiata la rivoluzione ma un simile artifizio non solo stoppa la reazione sul nascere ma anche se qualche fazione si arrischiasse a sollevarsi ne giustificherebbe anche la repressione. L'uscita della Grecia dall'euro innescherebbe dei meccanismi che metterebbero a rischio l'attuale status quo politico europeo e forse l'esistenza stessa della Nato, una cosa del genere non puo' essere affidata, da chi gestisce davvero il potere, all'esito incerto di un referendum senza trucchi. Signor Chiesa, che ne pensa?

Caro Barone, rispondo a lei per cercare un po' di chiarezza nel mare di congetture che sta dilagando.
Innanzitutto starei cauto nel valutare la situazione.
Syriza è andata al governo con il 37% dei voti. Non con il 95%. Tant'è che ha dovuto fare coalizione con un partito di destra per formare un governo.
Dunque non è così scontato (come molti pensano) che esista un consenso unanime alle mosse di Tsipras. Non è scontato nemmeno il fatto che la stessa Syriza (che è una coalizione di forze diverse, non un partito compatto di tipo bolscevico) sia unita. Al contrario, ci sono stati forti contrasti interni nel corso del lungo braccio di ferro con la Trojka. I sondaggi, per quello che poteva valere fino a qualche giorno fa, dicevano che la maggioranza dei greci è favorevole (tiepidamente) a rimanere in Europa e nell'euro.
Adesso molte cose stanno velocemente cambiando, anche perché molti greci si stanno rendendo conto che una vittoria di Bruxelles non solo non risolverebbe nessun problema, ma comporterebbe un inasprimento drammatico del disastro umanitario in corso. Dunque l'alternativa che si presenta agli elettori è cruda: o un lento, inesorabile ulteriore impoverimento della Grecia, sotto il tallone tedesco, oppure una fase di grande incertezza, ma senza costrizioni e con la possibilità di rimboccarsi le maniche e procedere per conto proprio, fuori dall'euro (e non necessariamente fuori dall'Europa).
Dunque una possibilità di vittoria di Tsipras - teorica - c'è. In ogni caso Tsipras ha dimostrato coraggio e realismo al tempo stesso. Avesse ceduto alle richieste della Trojka sarebbe stato comunque sconfitto, senza onore. E Syriza sarebbe andata in pezzi. Nuove elezioni avrebbero comunque portato alla vittoria della coalizione destra-centro sinistra.
Così ha rimesso, correttamente, la decisione nelle mani del popolo. Qui bisogna stare attenti alla retorica attorno al popolo. Il "popolo", nelle presenti condizioni, non è un soggetto libero di sovranità. Né in Grecia, né in Italia, né in America. il livello di manipolazione e disinformazione cui è sottoposto da decenni è tale che il "popolo" può essere facilmente convinto anche a votare contro i suoi interessi, o contro la democrazia. Senza fare la lezione a nessuno, vorrei ricordare che gl'italiani votarono contro se stessi e contro la democrazia scegliendo, via referendum, il passaggio da un sistema elettorale proporzionale al sistema maggioritario (che ha contribuito a portare il paese nelle mani di un gruppo di grassatori). Dunque dobbiamo sapere che il percorso sarà "naturalmente" molto accidentato. E, anche in caso di vittoria di Tsipras al referendum del 5 luglio, la battaglia sarà durissima. Anche perché Tsipras, a sua volta, dovrà chiedere sacrifici a una parte della popolazione che, nell'attuale situazione, stava relativamente bene, o molto bene. L'uscita dall'Euro non sarà un'autostrada rettilinea in mezzo a aiuole fiorite.
Quanto ai brogli elettorali. Penso che ci saranno. Anche nei seggi la battaglia sarà dura. Non è affatto escluso che ci siano provocazioni. Dall'esterno, a premere contro Tsipras, è tutta l'Europa delle banche, dei media pagati dalle banche, dei servizi segreti dominati dagli Stati Uniti. Già serpeggia nelle dichiarazioni dei leader di Bruxelles l'idea di un "regime change".
Sappiamo che i maggiordomi sanno essere feroci, quando occorre. Non faranno sconti. E' questione di potere. Un No al referendum intacca il potere dell'attuale Europa, tutto intero. Sarebbe un esempio intollerabile. Dunque va stroncato.

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Quindi è qui che si misura non la sete di libertà del "popolo greco", ma la capacità di Tsipras e dei suoi sodali di tenerlo unito attorno all'idea della sovranità nazionale contro una chiara aggressione multilaterale dall'esterno.
Dunque, in conclusione: prima di descrivere il "popolo greco" come un'entità rivoluzionaria compatta, pensiamoci sette volte, perché non era e non è così. Secondo: in caso di vittoria al referendum, non pensiamo che la battaglia sia finita. Invece comincia. Terzo: in caso di sconfitta di Tsipras, non gettiamo la croce sulle spalle dell'inesistente "popolo greco". Che è comunque una vittima, anche se voterà contro se stesso.
E pensiamo a cosa succederebbe se, a fare le scelte che dovranno fare i greci, fossimo noi italiani. Pensiamo davvero che gl'italiani reagirebbero come un sol uomo di fronte alla espropriazione definitiva della loro sovranità e indipendenza? Siamo nella Nato, colonizzati e silenti. Pensate che sia facile svegliarci?

Tratto da: megachip.globalist.it

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