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NEWS 237719di Giulietto Chiesa - 27 marzo 2015
Ci sono nuove condizioni. Son l'effetto di una crisi politica a Washington, dove la recente incursione di Netanyahu ha provocato un terremoto
L'iniziativa di Mosca di ospitare una consultazione sul "processo di pacificazione" in Siria sembra indicare l'apertura di uno spazio negoziale che, fino a poche settimane fa pareva impossibile.
Se il Cremlino si muove in questa direzione è perché si sono create condizioni che prima non esistevano. Esse sono l'effetto di una evidente crisi politica a Washington, dove la recente incursione di Netanyahu ha finito per provocare un vero e proprio terremoto.
Barack Obama, attaccato e provocato in casa propria, ha dovuto reagire. Se non riesce a fermare la linea di marcia del futuro, e riconfermato, premier israeliano, gli Stati Uniti si troveranno di fronte a una situazione che Obama non considera accettabile. Peggio: una situazione che sta diventando pericolosa per gli stessi interessi americani.

Netanyahu è stato chiaro: l'obiettivo deve essere quello di "fermare Teheran", ad ogni costo; nessuno stato palestinese, né ora, né mai; liquidare definitivamente Bashar al-Assad.
Tre colpi di cannone, tutti e tre sparati contro l'Iran.
Su questo ha ottenuto l'ovazione del Senato americano, ora dominato dai neocon, che hanno conquistato anche un pezzo sostanzioso del Partito Democratico.
Così John Kerry è stato costretto a prendere in mano il volante e a sterzare: adesso si dialoga sul serio con Bashar el-Assad (perché non si può trattare con Teheran e, nello stesso tempo, bombardare Damasco, ma a riconoscere questa ovvietà Barack Obama è giunto solo quando ha percepito la minaccia interna che lo sovrasta).
Altrettanto per quanto concerne lo Stato palestinese. E per quanto concerne la trattativa sul contenzioso nucleare. La Casa Bianca ha detto con chiarezza che gli insediamenti dei coloni in Cisgiordania sono inammissibili e, ancora più significativo, ha detto che il negoziato "nucleare" con Teheran verrà portato avanti con determinazione.

Queste affermazioni significano una cosa molto precisa: il presidente americano vuole rinsaldare i legami con l'Europa, cioè con la Germania e la Francia, proprio su questi punti. Germania (Merkel) e Francia (Hollande) che, non a caso, stanno ormai seguendo una linea chiaramente ostile a un riarmo di Kiev. L'esatto contrario di quanto vogliono i neocon, la Polonia, le repubbliche del Baltico e la Gran Bretagna.
Se procede la linea dell'aperta ostilità verso la Russia, gli Stati Uniti rischiano di perdere il contatto con i più importanti partner europei.
Il nervosismo a Berlino e Parigi, specie dopo la strana caduta dell'aereo della Germanwings, ha accentuato sospetti. Ed è subito stato visibile che il presidente ucraino Petro Poroshenko - che ora si regge, seppure precariamente, sui consigli di Berlino - ha silurato l'uomo di Washington, Ihor Kolomoyskyi. Tutti segnali che indicano come il partito della guerra in Ucraina sta perdendo popolarità nell'Europa che conta. Alla quale importa sempre meno quali saranno i confini statuali futuri dell'Ucraina.

Non solo, dunque, l'Europa è divisa. Lo è anche l'America. E non solo sul Medio Oriente, ma anche sull'Ucraina.
Bashar al- Assad ha dunque ragione quando collega la crisi siriana con quella ucraina: in entrambi i casi l'obiettivo della coalizione bellicosa è anche quello di indebolire la Russia.
E la Russia tende ovviamente la mano a chi, dall'Europa e dagli USA, vuole dialogare. La verifica si avrà a Mosca, nel processo di pacificazione. Bashar al-Assad ringrazia.

Fonte: it.sputniknews.com

Tratto da: megachip.globalist.it

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