di Giulietto Chiesa - 24 settembre 2012
Arrivano, da più parti, forti segnali d’inquietudine. Il cui centro non è la Siria, ma direttamente l’Iran. L’ultimo in ordine di tempo viene da un ex importante personaggio, che sembra avere fonti d’informazione personali e fuori dal mainstream. Si tratta di Steve Pieczenik, che è stato vice segretario di Stato in tre diverse Amministrazioni americane e fa parte del Council on Foreign Relations.
Ebbene – e lo scrivo con un brivido misto a incredulità – Pieczenik ci informa che Israele attaccherà l’Iran il 26 settembre 2012, cioè dopodomani (visto che sto scrivendo queste righe il giorno 24), in coincidenza della festa ebraica dello Yom Kippur . Il giorno dell’espiazione, uno dei “giorni terribili” della religione ebraica.
Dirò subito che non ho mai creduto a queste cose, sebbene di fanatici che fanno cose orribili in speciali ricorrenze sia pieno il mondo in tutte le epoche. Dubito e spero che questa previsione non si riveli vera. Ma, al tempo stesso, è impossibile non vedere segnali dell'acutizzarsi della tensione. Pieczenik stesso sembra escludere che Israele possa muoversi da solo. Dunque prevede che Netanyahu (o chi per lui) organizzi qualche gravissima provocazione che costringa Barack Obama e venire in soccorso subito dopo l’eventuale offensiva israeliana. Per non perdere le elezioni.
Una provocazione del genere, per altro, c’è già stata e ha coinciso con lo stranissimo attacco al Consolato USA di Bengasi, dove ha trovato la morte l’ambasciatore americano in Libia, Chris Stevens. Per la verità molto di più che un ambasciatore: quasi un vicerè del Nord Africa.
Al-Qa'ida? A parte la solita storia che il “logo” è sempre lo stesso e non si sa mai chi c’è dietro, c’è il sospetto che, anche là dietro, ci sia qualche propaggine del Mossad. Tanto più che il tutto è stato organizzato attraverso l’altrettanto strana, per tema e tempistica, provocazione del film blasfemo contro l’Islam lanciato nello stagno arabo da parte di individui variamente connessi ad ambienti delle lobby ebraiche negli Stati Uniti.
Ce n’è quanto basta per sollevare una bufera di sospetti. A diversi giorni dalla morte di Stevens il New York Times sta ancora pubblicando ricostruzioni su ricostruzioni della vicenda (che riferiscono di un convulso lavorio dell’intelligence americana) giungendo alla conclusione “che molte domande sono ancora senza risposta”. Che conferma quanto l’attribuzione dell’attentato terroristico ad Al-Qa'ida sia considerata troppo banale, e quindi poco credibile.
Il tutto lascia pensare che Obama (ancora in vantaggio di due punti su Romney) non si lascerà trascinare tanto facilmente là dove vorrebbe Netanyhau. A meno che i timori di Pieczenik non si rivelino fondati.
Dunque occhi e orecchie aperti perché potremmo trovarci tutti in prossimità di un fuoco d’artificio mortifero. Tanto più che sullo stesso versante dei fomentatori di guerra si stanno già posizionando tutti i media principali del mainstream occidentale. In questo grati ad alcune dichiarazioni incendiarie provenienti dai comandi supremi iraniani.
A cominciare da quella del comandante del Corpo delle Guardie Islamiche Rivoluzionarie (Pasdaran), generale Mohammad Ali Jafari, che nei giorni scorsi ha snocciolato l’elenco delle rappresaglie che l’Iran metterebbe in atto in caso di attacco contro il suo territorio. Primo punto della ritorsione, secondo le sue dichiarazioni, sarebbe il coinvolgimento degli Stati Uniti con l’attacco alle basi militari americane in tutta l’area, in Bahrein, Qatar, Afghanistan, la chiusura dello Stretto di Hormuz, e la mobilitazione di Hezbollah in Libano e di Hamas in Palestina.
«Penso che – ha concluso il generale iraniano – non vi sarà un posto in Israele che rimarrà intatto».
Perché Teheran offra tali occasioni propagandistiche ai suoi nemici occidentali non è chiaro. È come se i capi iraniani pensassero che i servizi segreti e gli eserciti di Israele, Stati Uniti e NATO non siano al corrente degli effetti di un attacco contro l’Iran. Poiché lo sanno, dovrebbe essere inutile gridarlo.
Ancor meno intelligente, sotto questo profilo, appare la dichiarazione del brigadiere generale della difesa missilistica dei pasdaran, Amir Ali Hajizadeh, che si è spinto – secondo il sito dell’emittente francese France24.com– ad annunciare la possibilità di un “attacco preventivo” da parte iraniana. Un chiaro atto di autolesionismo propagandistico.
Anche Hajizadeh ha precisato che non ci saranno paesi neutri nell’area, che potranno restare fuori dal conflitto, perché tutti ospitano basi americane e, dunque, diventeranno bersagli della controffensiva iraniana (italian.irib.ir/notizie/mondo/item/113768).
Insomma, alza la voce chi sa di essere nel mirino. Vedremo le prossime mosse dell’una e dell’altra parte. Ma questa ha tutta l’aria di non essere già più una schermaglia propagandistica. Sembra piuttosto una “vigilia”.
Tratto da: megachip.info