La tv pubblica appoggia Israele che si vendica come i nazisti: 22 civili palestinesi per ogni israeliano ammazzato il 7 ottobre
Più passa il tempo, più il volto della Rai assume i connotati del volto fascista del governo Meloni. La maschera è stata buttata giù durante la quattro giorni del Festival di Sanremo, trasmesso in diretta su Rai 1. Due dei cantanti in gara, Dargen D’Amico e Ghali, hanno coraggiosamente deciso di sfruttare la seguitissima kermesse (quest’anno vista da 14,3 milioni di italiani) per lanciare messaggi di denuncia sulla tragedia in corso nella Striscia di Gaza. Messaggi di pace, nessun discorso a furor di popolo, nessuna chiamata alle armi. Il primo ha ricordato “i bambini che muoiono ogni giorno, buttati in terra negli ospedali perché non ci sono più barelle” chiedendo il “cessate il fuoco”. Il secondo si è spinto più in là, prima inserendo un riferimento al massacro dei palestinesi per mano israeliana nella canzone presentata al festival (“per tracciare un confine con linee immaginarie bombardate un ospedale”, recita il brano “Casa Mia”), poi chiedendo un netto “stop al genocidio” al termine della sua ultima esibizione al festival. Sia Dargen D’Amico che Ghali hanno dimostrato di avere un grande senso di umanità. Ne è prova l’applauso ricevuto sui social dal pubblico da casa.
Lo stesso, però, non si può certamente dire della Rai che, una volta chiuse le quinte dell’Ariston, è corsa a scusarsi con Israele e con la comunità ebraica per la sconsideratezza avuta dai due concorrenti nel dire che dall’altra parte del Mediterraneo c’è chi sta “morendo sotto le bombe, senza acqua e cibo”. Il colmo dei colmi. Un appello peraltro generico, il loro, senza riferimenti a Israele o a Gaza (probabilmente per non infrangere qualche clausola di contratto) ma sufficiente a mettere in moto la macchina del vittimismo israeliano che, così facendo, ha praticamente fatto un'ammissione di colpa su ciò che 2,3 milioni di palestinesi stanno subendo da quattro mesi a questa parte. “Ritengo vergognoso che il palco del Festival sia stato sfruttato per diffondere odio e provocazioni in modo superficiale e irresponsabile”, ha tuonato su X l’ambasciatore israeliano ribattendo al messaggio di Ghali. Alon Bar, questo il nome del diplomatico, vive evidentemente sulla luna se pensa che chiedere la fine di uno spargimento di sangue significhi diffondere odio e provocazioni.
Ma ciò che indigna veramente è il modo in cui la Rai abbia ritenuto di venire comunque in soccorso ai “mal di pancia” degli israeliani, arrivando a scusarsi per l’appello lanciato dal concorrente di Sanremo. Un appello per la pace, ribadiamo.
A Mara Venier, conduttrice di “Domenica In”, è toccato l’onere di porgere, in diretta, le scuse dell’intera tv di Stato allo Stato Israeliano con la lettura di un comunicato piovuto da viale Mazzini e scritto dall’Ad Roberto Sergio. “Ogni giorno i nostri telegiornali e i nostri programmi raccontano e continueranno a farlo, la tragedia degli ostaggi nelle mani di Hamas oltre a ricordare la strage dei bambini, donne e uomini del 7 ottobre”, recita la letterina. “La mia solidarietà al popolo di Israele e alla Comunità Ebraica è sentita e convinta”. Parole che “ovviamente condividiamo tutti”, ha tenuto ad aggiungere la signora conduttrice accettando, assieme ai vertici Rai, il clima di censura imposto dal governo israeliano, di cui l’ambasciata è rappresentante in Italia, su tutto ciò che concerne l’assedio a Gaza.
A Sanremo, dunque, è vietato esprimere il proprio pensiero. A Sanremo è vietato parlare di politica. A Sanremo è vietato parlare di guerra.
Eppure di guerra e di politica, esattamente un anno fa, sullo stesso palco, se n’era parlato eccome. Il Sanremo 2023 è stato il Sanremo della guerra in Ucraina. Il tema dell’invasione criminale russa aveva monopolizzato la kermesse ben prima che iniziasse.
Per la 73° edizione del festival si era pensato addirittura di invitare il presidente ucraino - prima di persona, poi in video - ma le polemiche avevano fatto ripiegare gli organizzatori a una lettera, decisamente non pacifica, in cui Zelensky, per bocca del conduttore Amadeus, invocava alla sconfitta di Putin.
“L’Ucraina vincerà la guerra insieme al mondo libero”, affermava. E ringraziando “il popolo italiano e i suoi leader”, Zelensky invitava “tutti i finalisti a Kiev nel giorno della vittoria” contro i russi. Non contenta, la Rai aveva anche fatto esibire all’Ariston una band ucraina, gli Antytila. E anch’essa, per l’occasione, si era fatta portavoce della propaganda della guerra. “L’Ucraina combatte, resiste, l'Ucraina vincerà”, dichiarava la band. Un messaggio decisamente più ingombrante del democratico “cessate il fuoco” del povero Dargen D’Amico. Il doppio standard della nostra tv di Stato è evidente: condannare i crimini russi si può e si deve, condannare quelli israeliani non si può e non si deve. Come se esistessero carnefici buoni e vittime cattive. Come se la violenza sia tollerabile a seconda del colore politico (e non solo quello) di chi la esercita.
La Rai ignora e censura il genocidio in corso nella Striscia di Gaza sul quale sta indagando la Corte Internazionale di Giustizia. Finge di non sapere che il governo fascista di Benjamin Netanyahu sta commettendo crimini contro l’umanità. Nega che Israele, considerata unica democrazia in Medio Oriente, si sta vendicando dell’attacco terroristico di Hamas (che abbiamo più volte condannato anche noi) scatenandosi sulla popolazione civile come fecero i nazisti alle Fosse Ardeatine, quando vendicarono il loro plotone neutralizzato in via Rasella giustiziando dieci italiani (partigiani o civili) per ogni soldato tedesco ammazzato il 23 marzo 1944. Oggi Israele sta ammazzando 22 palestinesi per ogni israeliano ammazzato il 7 ottobre. E’ qualcosa di inaccettabile e tutto il mondo se ne sta rendendo conto.
La Rai, però, si accoda al governo fascista guidato da Giorgia Meloni, amico del governo Netanyahu, violando il principio di imparzialità che dovrebbe caratterizzare una tv di Stato pagata ogni anno da milioni di contribuenti. Il suo atteggiamento timido e servile non si differenzia da quello assunto dai principali leader occidentali che si rifiutano di condannare le azioni di Israele anche quando queste sono chiaramente indifendibili. L’ipocrisia di queste televisioni e di questi politici è vergognosa.
In questi mesi di massacri l’unico ad aver avuto il merito della coerenza e la virtù del coraggio è stato Papa Francesco. L’unico a non avere secondi fini. L’unico a lottare per la pace in quel “deserto di morte”.
Rielaborazione grafica by Paolo Bassani
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