Le presunte foto dell'incontro con Berlusconi; gli arresti di Riina e Messina Denaro, le stragi e l'agenda rossa
In data 10 ottobre abbiamo incontrato Salvatore Baiardo, il gelataio piemontese già condannato negli anni Novanta per aver favorito la latitanza degli stragisti Giuseppe e Filippo Graviano, ed oggi indagato a Firenze per calunnia nei confronti del giornalista Massimo Giletti (cui nei mesi scorsi Urbano Cairo ha chiuso il programma televisivo Non è l’Arena), per averlo accusato di aver reso false dichiarazioni al pubblico ministero.
Una vicenda che inevitabilmente si intreccia con la notissima vicenda della fotografia che raffigurerebbe Silvio Berlusconi insieme a Giuseppe Graviano e al generale Francesco Delfino, di cui il fiancheggiatore dei Graviano aveva parlato a Giletti (lo testimonierebbero le intercettazioni), salvo smentire la circostanza davanti ai pm.
Per questo e per la calunnia nei confronti del sindaco di Cerasa Giancarlo Ricca, che Baiardo aveva indicato in tv – pur senza farne direttamente il nome – come uno dei riciclatori dei soldi dei boss di Brancaccio, lo scorso 29 settembre il tribunale del Riesame di Firenze, ha ordinato la misura degli arresti domiciliari.
La Procura di Firenze, rappresentata dall'allora procuratore facente funzioni Luca Turco, dell'aggiunto Luca Tescaroli e dal sostituto Lorenzo Gestri, lo scorso 5 settembre aveva chiesto l'arresto di Baiardo anche per l’accusa di aver favorito Silvio Berlusconi (deceduto nel giugno scorso) e Marcello Dell’Utri, indagati come mandanti esterni delle stragi del 1993. Tuttavia secondo il tribunale gli elementi raccolti non sono sufficienti.
Ad oggi, però, la misura disposta dal tribunale fiorentino non è stata ancora applicata in quanto si è in attesa della decisione della Cassazione, dopo il ricorso presentato dall'avvocato del gelataio di Omegna, Carlo Taormina.
Nel giorno del confronto, da cui nasce la seguente intervista, siamo stati molto franchi e senza riserve mentali con Baiardo. Ed altrettanto franchi siamo in questa introduzione.
Fermo restando il rispetto del libero pensiero i nostri lettori si accorgeranno che nutriamo fortissimi dubbi su certe dichiarazioni del signor Baiardo.
Sulla questione delle presunte fotografie che vedrebbero ritratto l'ex Premier Berlusconi con il boss di Brancaccio ed il generale Delfino, essendoci un'inchiesta in corso, non entriamo nel merito. Tuttavia prendiamo atto che i giudici del Tribunale del Riesame di Firenze, pur non essendo certi che la foto sia “vera”, credono al fatto che Baiardo la mostrò a Giletti. Molte cose, forse, si capiranno a fine indagini e nell'eventualità che si arrivi ad un rinvio a giudizio.
Ugualmente non siamo convinti che tutte le dichiarazioni rilasciate da Baiardo al collega Paolo Mondani siano "frottole", pur nella consapevolezza che alcune dichiarazioni sono quantomeno inverosimili. I pm di Firenze, infatti, all'udienza di settembre avevano formalizzato a Baiardo altre accuse, tra cui quella di false comunicazioni al pm riguardo le dichiarazioni fatte sulla strage di via D’Amelio.
Restiamo assolutamente convinti che il signor Baiardo con le sue dichiarazioni abbia fatto da cassa di risonanza ai messaggi di Giuseppe Graviano.
In un passaggio dell'intervista si è anche lasciato sfuggire un "per quello che posso dirle io", il che fa pensare che ci sono dei limiti entro cui, nelle risposte, deve muoversi.
Non solo. Spesso, le considerazioni sono coincidenti con dichiarazioni contenute nelle dichiarazioni spontanee (a cui si aggiunge un memoriale) di Giuseppe Graviano nel corso del primo grado del processo 'Ndrangheta stragista: dall'attacco a certi collaboratori di giustizia, alle rimostranze contro il 41 bis, fino alle accuse nei confronti di certi personaggi che furono protagonisti di vicende ancora oggi non del tutto chiarite.
Il segno che la vicinanza, seppur di pensiero, con i due fratelli di Brancaccio è tutt'altro che interrotta al momento dell'arresto.
La "gente di Palermo" da cui avrebbe appreso notizie su Matteo Messina Denaro, a nostro avviso, proviene proprio da quell'appartenenza familiare.
Un fatto, anomalo, misterioso ed inquietante, senza nulla togliere al blitz compiuto dai Ros con il coordinamento della Procura di Palermo, resta proprio l'informazione che Baiardo ha dato sulla grave malattia e sull'imminente arresto del boss di Castelvetrano.
Pensiamo che Baiardo sia a conoscenza di diversi fatti, nella speranza che un giorno possa davvero dire tutto ciò che sa.
Ha parlato di una riunione a cui avrebbero partecipato boss mafiosi ed esponenti apicali dello Stato italiano, tirando in ballo persino il Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, per parlare dell'agenda rossa. Addirittura avrebbe visto delle copie del preziosissimo documento scomparso. Non era la prima volta che faceva certe dichiarazioni. Vere o false che siano, crediamo che comunque Baiardo possa essere a conoscenza di diversi fatti che Graviano può aver condiviso con lui e che speriamo possa un giorno dire totalmente.
Al momento, nel suo dire e non dire, è chiaro che sta giocando una partita che non è per se stesso.
Una partita che sembra essere la stessa del capomafia di Brancaccio.
Baiardo conferma un fatto di cui Graviano ha parlato sia nelle intercettazioni con il compagno d'ora d'aria Umberto Adinolfi, che nelle dichiarazioni spontanee al processo di Reggio Calabria.
La storia dell'arresto di Balduccio Di Maggio che, a suo dire, non sarebbe avvenuta l'8 gennaio 1993 (come invece dice la versione ufficiale), ma tra il 27 ed il 28 dicembre 1992. Proprio Baiardo avrebbe avvisato il capomafia che in un primo momento gli avrebbe detto di prepararsi a partire per Palermo ed andare ad avvisare Totò Riina (che poi sarà arrestato il 15 gennaio 1993). Poi lo avrebbe stoppato. Della vicenda dell'arresto di Balduccio Di Maggio, senza prendere in considerazione le parole di Baiardo e Graviano, parla anche la sentenza d'Appello del processo trattativa Stato-mafia. Tanti elementi che fanno sorgere molteplici domande che si legano con quanto è avvenuto dopo.
Il contrordine di Graviano sta a significare che il boss, in qualche modo, abbia favorito la cattura del Capo dei capi corleonese? Se così fosse è possibile che lo stesso abbia stretto un patto indicibile con altri membri di Cosa nostra (Provenzano e Matteo Messina Denaro che per anni resteranno latitanti) ed altre componenti dello Stato?
Una vicenda che si spera possa essere approfondita dagli organi inquirenti impegnati nella ricerca della verità su quegli anni terribili.
Baiardo lascia intendere che vi siano ancora verità da scoprire su stragi e trattative.
Come Graviano si concentra anche sulla cattura dei boss di Brancaccio del 27 gennaio 1994. Chi fece la soffiata sulla sua presenza al ristorante milanese "Gigi il Cacciatore"? Sia il capomafia che l'ex gelataio piemontese indicano nell'ex Premier, Silvio Berlusconi, il responsabile.
Entrambi adombrando motivazioni "economiche", tutte da dimostrare (quando è stato interrogato dai magistrati Graviano ha riferito che il 14 febbraio si sarebbe dovuto tenere un incontro per definire un “accordo miliardario”).
Il boss di Brancaccio nel processo 'Ndrangheta stragista ha persino asserito che esisterebbe una “carta privata" che attesterebbe i rapporti economici che la sua famiglia, a cominciare dal nonno per poi proseguire con il cugino, avrebbe avuto con l'ex Premier.
Certo è che dopo l'arresto dei Graviano le stragi si sono improvvisamente fermate. Berlusconi è stato protagonista della politica per oltre un ventennio, mentre il boss di Brancaccio è rimasto in carcere, detenuto al 41 bis.
Poi, nel 2016, dopo un lunghissimo silenzio, intercettato in carcere, ha iniziato a fare una serie di riferimenti alle stragi del 1993, al carcere duro, ai dialoghi con le istituzioni.
E' in quel contesto che fece per la prima volta riferimento all'ex premier Silvio Berlusconi: “Berlusca mi ha chiesto questa cortesia. Per questo è stata l’urgenza”. E poi: “Lui voleva scendere, però in quel periodo c’erano i vecchi e lui mi ha detto ci vorrebbe una bella cosa". E ancora: “Nel ’93 ci sono state altre stragi ma no che era la mafia, loro dicono che era la mafia”.
Interrogato nel 2021 dai pm di Firenze anche su quelle dichiarazioni aveva risposto con due "Sì" secchi e semplici confermando che con quel “lui” faceva riferimento proprio a Berlusconi.
Quel che è certo è che Graviano conosce i segreti delle stragi e al processo d'appello 'Ndrangheta stragista è tornato a parlare con una richiesta chiara: “Non distruggete i dischetti con le intercettazioni” in quanto “potrebbero servire in qualche prossimo grado”. In quei dialoghi in carcere non si parlava di accordi economici, ma di stragi. Del resto è da queste intercettazioni che la Procura di Firenze ha riaperto le indagini sui mandanti occulti.
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