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di Giorgio Bongiovanni

“Cara Marina, Pier Silvio, Barbara e Eleonora - scrive Silvio Berlusconi il 19 gennaio 2023, dimenticando stranamente il minore dei figli, Luigi - Sto andando al San Raffaele. Se non dovessi tornare vi prego di prendere atto di quanto segue: dalle vostre eredità di tutti i miei beni dovreste riservare queste donazioni". Poi tre nomi e cifre: "Paolo Berlusconi 100 milioni, a Marta Fascina 100 milioni, a Marcello Dell’Utri: euro 30 milioni". Ecco una parte delle ultime volontà dell'ex Premier, scritte in quindici righe di "testamento olografo". Un'aggiunta rispetto ai precedenti documenti firmati 2 ottobre 2006 e 5 ottobre 2020, consegnati al notaio storico Arrigo Roveda.
Quel lascito di trenta milioni di euro che Berlusconi offre a Marcello Dell'Utri (a tutti gli effetti un uomo della mafia, condannato definitivo a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa) raccontano un legame indissolubile che va oltre l'amicizia.
I loro nomi sono legati negli affari (dagli albori di Edilnord, società da cui nasce Milano 2, fino a Publitalia), nella politica (insieme hanno fondato il partito Forza Italia), e nel rapporto con Cosa Nostra che va ben oltre l'arrivo del boss-stalliere, Vittorio Mangano ad Arcore.
Un legame che si salda anche nelle indagini che li hanno visti congiuntamente coinvolti come quelle condotte in passato a Caltanissetta per le stragi del 1992 (poi archiviate) e quella aperta ancora a Firenze (anche se la posizione di Berlusconi dopo la morte sarà chiusa), come mandanti esterni delle stragi del 1993.
Come avevamo scritto il giorno della morte di Berlusconi non possiamo dimenticare le tante ombre che riguardano i due accompagnate dalle verità delle sentenze.
Che Dell'Utri, per diciotto anni, dal 1974 al 1992, è stato il garante “decisivo” dell'accordo tra Berlusconi e Cosa nostra, è sancito dalla sentenza di condanna definitiva dell'ex senatore a 7 anni per concorso esterno in associazione mafiosa.
Un ruolo, quello di Dell'Utri, come è scritto nelle motivazioni della sentenza, che fu di "rilievo per entrambe le parti: l’associazione mafiosa, che traeva un costante canale di significativo arricchimento; l’imprenditore Berlusconi, interessato a preservare la sua sfera di sicurezza personale ed economica”.


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Marcello Dell'Utri e Silvio Berlusconi © Imagoeconomica


Molti dettagli li abbiamo riportati in uno speciale di due parti (1° parte e 2° parte), che invitiamo nuovamente i nostri lettori a leggere, al cui interno si possono trovare le prove lampanti dei rapporti che questi due personaggi, Berlusconi e Dell'Utri, hanno avuto con Cosa Nostra.
I processi hanno ritenuto provato l'incontro che avvenne nel 1974 tra l’allora trentottenne Silvio Berlusconi e il “principe di Villagrazia” Stefano Bontate, al tempo indiscusso capomafia palermitano e membro della Cupola. I dettagli di quel giorno furono raccontati dal collaboratore di giustizia Francesco Di Carlo (oggi deceduto) che fu testimone oculare partecipando assieme a Mimmo Teresi e Gaetano Cinà.
E' inoltre emerso in maniera certa che dopo quell'appuntamento con i vertici di Cosa Nostra ad Arcore arrivò Mangano, mentre iniziarono una serie di pagamenti a Cosa Nostra.
Caso vuole, inoltre, che dopo quell'incontro l'impero di Berlusconi si sia improvvisamente ingrandito e la provenienza di certi flussi di denaro finiti nelle sue società non è mai stata chiarita del tutto.
Elementi che rendono verosimile, seppur allo stato non processualmente dimostrabile, l'ipotesi che una grossa fetta del patrimonio di Berlusconi sia stato proprio costruito sui denari della mafia siciliana.
Non sono bastate in questi anni le informative della Dia e della Guardia di Finanza in cui si riferiva delle decine di milioni di euro versati (in “dono”? In prestito?) da Berlusconi al suo caro amico Marcello Dell'Utri.
Versamenti proseguiti anche durante la detenzione di Dell'Utri con bonifici a uno dei figli di quest'ultimo o alla moglie.
Passaggi di denaro che il Tribunale di Palermo, un anno fa, aveva definito "sospetti" pur non condividendo (e quindi rigettando la richiesta dei pm di sequestrare all’ex senatore di Forza Italia i beni suoi e dei familiari), l'idea che potessero essere frutto di un potenziale ricatto a Berlusconi, alla luce del suo ruolo di mediatore nei rapporti con la mafia agli inizi della Fininvest, o ancora rispetto alla nascita di Forza Italia e gli accordi politici.
La possibilità che dietro ai versamenti "vi sia effettivamente una sorta di ricatto non espresso, ma ben conosciuto da tutti" è stata ipotizzata più recentemente in un'altra relazione della Dia di Firenze consegnata alla Procura, in cui si analizzano i versamenti arrivati a Dell'Utri.
Una nota in cui si legge che la continuità è "sicuramente connessa a un riconoscimento anche morale, l’assolvimento di un debito non scritto, la riconoscenza, per quanto riguarda l’ultimo periodo", dovuta a Dell’Utri "per aver pagato un prezzo connesso alla carcerazione, senza lasciarsi andare a coinvolgimenti di terzi".
Dalle carte acquisite a Firenze emergerebbe anche che le spese legali dei processi Dell’Utri siano state sostenute da Berlusconi.
“La difesa dell’ex senatore dev’essere attenta e puntuale in quanto è anche la difesa di Forza Italia e di Silvio Berlusconi e pertanto se ne deve fare carico lui. Neanche concorrere nelle spese, ma proprio accollarsele tutte”, scrivono gli investigatori.


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I fratelli Filippo e Giuseppe Graviano


Inoltre nella relazione veniva fatto riferimento una conversazione tra lo stesso ex senatore Dell’Utri e Alfredo Messina, tesoriere di Forza Italia.
Secondo gli analisti della Dia dalla discussione emerge come "le richieste di Dell’Utri abbiano anche velatamente la funzione di ricordare, ad esempio, che pagare i suoi difensori è pagare anche la difesa di Berlusconi e di Forza Italia, quasi a significare che, al contrario, potrebbero esserci pericoli per l’ex premier".
Al contempo venivano anche riportate alcune intercettazioni in cui Miranda Ratti, moglie dell’ex senatore che, come scrive la Dia, “ritiene di essere portatrice, e titolare, di veri e propri diritti economici verso Berlusconi", facendo in qualche maniera intendere “che il debito verso di loro è ancora aperto".
Chissà se adesso il "debito" tra Silvio Berlusconi e l'uomo della mafia, Marcello Dell'Utri, potrà dirsi saldato.
Anche se è tutto da provare, il dubbio che dietro ai ripetuti contributi economici a Dell'Utri, a cui si aggiunge il "lascito testamentario", vi sia altro resta forte.
Se questi soldi ceduti non fossero altro che "gli interessi" annui maturati da Cosa nostra, per finanziamenti originariamente dati all'imprenditore Berlusconi?
E' vero che secondo quanto emerso nei processi "non è stato mai affermato che Dell’Utri avesse in qualche modo agevolato il riciclaggio di capitali illeciti nelle attività del Berlusconi".
Tuttavia in questi anni svariati collaboratori di giustizia hanno raccontato dei rapporti tra i due e la mafia.
Più recentemente anche il boss stragista Giuseppe Graviano ha riferito degli affari che la sua famiglia avrebbe fatto proprio con Berlusconi, affermando di aver avuto degli incontri (almeno tre) durante la latitanza.
Vero? Non vero? Lo devono sicuramente dire gli accertamenti degli organi giudiziari.
Come quelli che la Procura di Firenze sta facendo sulla presunta esistenza di una foto che ritrarrebbe Berlusconi, il generale Delfino e lo stesso Graviano seduti allo stesso tavolo.
Uno scatto che sarebbe stato mostrato al giornalista Massimo Giletti da Salvatore Baiardo, favoreggiatore storico dei fratelli Graviano. Su questa vicenda vi è ancora massimo riserbo. Intanto, analizzando la storia, anche se l'ex Premier non è mai stato rinviato a giudizio, per noi resta verosimile che Berlusconi e la mafia siano stati "soci in affari".
La morte di Berlusconi, fermo restando il rispetto per la morte e la preghiera per chi è credente cristiano, non chiude la partita. Lo abbiamo già ricordato.
Prima del decesso assieme a Dell'Utri, a cui auguriamo lunga vita, è stato coindagato in più procedimenti legati a fatti di mafia e stragi che si sono chiusi, per quanto con l’archiviazione o con l’estinzione del reato.
Entrambi accusati, con indizi probatori di grande rilievo, per essere stati mandanti delle stragi più sanguinarie della storia della nostra Repubblica. Qualora si arrivasse ad un processo e ad una successiva condanna definitiva, significherebbe che una parte della storia d'Italia, imprenditoriale, politica e sociale è stata fortemente condizionata (se non addirittura gestita) dalla mafia, e che questo personaggio (Berlusconi) esaltato con tanto di funerali di Stato e lutto nazionale, sarebbe paragonabile (se non peggiore, visto l'inganno perpetrato al Popolo italiano) a carnefici come Hitler o Mussolini.

SPECIALE "Da Berlusconi a Dell'Utri, quei soldi versati alla mafia sanguinaria":1° PARTE-2 °PARTE

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