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di Giorgio Bongiovanni

"Stato-mafia, c'è ancora chi giura di averla vista". E' questo l'articolo pubblicato sulle colonne del quotidiano "Il Riformista", a pagina cinque, firmato da Paolo Pandolfini.
Un pezzo di "replica" ad un editoriale del sottoscritto ("Ecco le menzogne del generale Mori") in cui vengono messe in evidenza alcune palesi bugie dette dal generale in alcune sue recenti dichiarazioni.
Singolare, ma non troppo, che la replica non giunga da "Il Foglio" o dal programma "Quarta Repubblica" (dove Mori ha rilasciato le proprie interviste), ma dal quotidiano edito da Alfredo Romeo che nell'ultimo mese ha cambiato la propria guida editoriale con il passaggio di testimone da Piero Sansonetti (passato a L'Unità) a Matteo Renzi e la successiva nomina a "direttore responsabile" di Andrea Ruggeri (ex deputato di Forza Italia).
Certamente possiamo comprendere la zelanteria e la necessità de "Il Riformista" di difendere gli ex imputati del cosiddetto processo trattativa Stato-mafia come il generale Mori; gli altri ufficiali del Ros Antonio Subranni e Giuseppe De Donno o ancora l'ex senatore Marcello Dell'Utri (già condannato per concorso esterno in associazione mafiosa), tutti assolti in Cassazione per "non aver commesso il fatto".
Ciò che assolutamente non comprendiamo e ci sembra eccessivo è quell'ammonimento, tra le righe dell'articolo, nei confronti del vice presidente del Csm Fabio Pinelli, perché ancora oggi ci sono articoli del nostro sito che compaiono nella rassegna stampa del Consiglio superiore della magistratura. Una rassegna che viene inviata nelle mailing list dei magistrati italiani ed ai consiglieri dello stesso Csm.
Un campione di garantismo come si considera Matteo Renzi mostra tutta la propria intolleranza verso le voci contrarie, chiedendo al Csm la censura di un giornale che da oltre vent'anni parla di mafia, antimafia e non solo, seguendo inchieste e processi.
Uno scivolone nei confronti della libertà d'informazione.
Essere scomodi verso il potere è nello "Statuto" di questo giornale e capiamo che possiamo alle volte risultare scomodi.
Ma questa richiesta di censura ci riporta indietro nel tempo (non ce ne voglia il direttore del Riformista) agli anni in cui nell'ex Urss, la "Pravda" (organo del Partito comunista dell'Unione sovietica), il Politburo ed i Soviet non permettevano l'esistenza di alcun giornale di opposizione, né che venissero espressi articoli o pensieri diversi da quelli del Partito.
Non è d'accordo, caro “Comitato di censura del Riformista”?

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