La maschera vivente della mummia
Vi ricordate quando i sovietici in piena Guerra Fredda, proprio al ridosso della crisi dei missili di Cuba, ebbero come Capo del Partito comunista Leonid Brežnev? Chiamato per tenere in vita un partito ormai alla deriva e distrutto, un regime alla berlina, fallito, corrotto e mafioso i sovietici ebbero il coraggio di far parlare un morto vivente. Una vera e propria mummia che dalla metà degli anni '70, fino alla sua morte nel 1982, riusciva a malapena a firmare, a stento camminava tanto da doversi reggere su alcuni agenti della sua scorta ed era per giunta un tossicomane, completamente dipendente da sonniferi, sedativi, ansiolitici che prendeva in quantità enorme e di nascosto quando glieli proibirono.
Era l’immagine di un leader di partito chiamato a reggere il destino ormai scritto di una grande nazione come l’Urss. E non può che venir in mente Brežnev (fatta eccezione per l’uso di droghe) dopo aver visto il videomessaggio con cui Silvio Berlusconi, dall’ospedale San Raffaele in cui è ricoverato ormai da un mese, ha voluto celebrare nei giorni scorsi la convention di Forza Italia. Una chiusura in grande stile in cui il partito ha reso omaggio al Cavaliere. Dalla discesa in campo ai giuramenti dei governi Berlusconi, dai summit con Bush e Putin agli incontri con il presidente Obama. Fino al discorso del suo ritorno in Senato dopo le ultime elezioni politiche.
Immagini che hanno ricevuto la standing ovation dei presenti in sala. Tutti in piedi per tributare un applauso al leader, con le bandiere di Forza Italia che sventolavano. Senza rendersi conto che applaudivano una mummia morta politicamente da tempo.
Berlusconi, nella migliore delle ipotesi, non sapeva nemmeno quello che diceva. A stento riusciva a leggere il “gobbo” sotto la telecamera mentre gesticolava i suoi soliti fogli (vuoti) e - con non poca fatica - sorseggiava un po’ d’acqua. Venti minuti di video in cui con nostalgia ha ricordato la sua “discesa in campo”, affaticato ed evidentemente sofferente.
I suoi problemi di salute sono sintomo che il tempo passa anche per lui. Come emerge in un’intervista fatta a Evghenij Chazov, cardiologo che per 20 anni è stato medico del Politburo del Comitato centrale del PCUS, raccontava all’inviato Valentino Paolo, il vecchio Brežnev non era capace di concentrarsi su un argomento per più di dieci minuti. E alla domanda “perché non lo sostituivano?” Chazov rispose: “Semplice, perché questo avrebbe scatenato una lotta al vertice destabilizzante per l’Urss. E allora meglio tenersi lo zombi, anche a costo di costruire un mini-ospedale sotto le tribune del mausoleo di Lenin, in caso di malore durante le parate sulla Piazza Rossa”. Forse, sulla scorta di quanto venne fatto con Brežnev, l’entourage di FI ha deciso di far parlare la “mummia” Berlusconi perché quando non ci sarà più, con molta probabilità, sarà la fine del partito azzurro.
Dal video di Berlusconi si prova pena, sì, e da cristiano quale sono - nonostante le forti critiche che riservo nei suoi confronti da tanti anni - non provo rabbia. Ciò che mi fa rabbia, e mi dà ribrezzo, sono le escort (politiche), i paraculi, i venduti, i libellisti al soldo del “Presidente” e i voltagabbana che recentemente hanno cambiato casacca (Chinnici, ex Pd; e Cancelleri, ex M5S). Mi riferisco ai deputati, ai senatori ma anche a giornalisti, impresari e tanti altri uomini e donne che alla convention si sono spellati le mani applaudendo il presidente di un partito costruito a sua immagine e somiglianza, che morirà - con ogni probabilità - con il suo leader. Dimenticandosi che Forza Italia è un partito fondato dalla mafia tenuto conto che, nella sentenza di condanna definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa a carico del suo cofondatore Marcello Dell’Utri (pena scontata), i giudici hanno definito il braccio destro del Cavaliere come il garante “decisivo”, per diciotto anni (dal 1974 al 1992), dell'accordo tra Berlusconi e Cosa Nostra (con un ruolo di “rilievo per entrambe le parti: l’associazione mafiosa, che traeva un costante canale di significativo arricchimento; l’imprenditore Berlusconi, interessato a preservare la sua sfera di sicurezza personale ed economica”). E sempre la Corte scriveva nero su bianco della “continuità dei pagamenti di Silvio Berlusconi in favore degli esponenti dell’associazione mafiosa, in cambio della complessiva protezione da questa accordata all’imprenditore”. Il tutto in un rapporto di “do ut des”. E, sempre per la Corte di Cassazione, la storica azienda di casa Berlusconi - la Fininvest - “finanziò Cosa nostra”. Infine, non va dimenticato che i due fondatori di Forza Italia (Berlusconi e Dell’Utri) sono attualmente indagati dalla Procura di Firenze come mandanti esterni delle stragi mafiose del 1993. L’ennesima indagine, sì, ma necessaria, perché nel corso del tempo sono emersi numerosi elementi di prova nuovi che inducono a pensare che lui sia stato il mandante delle stragi.
Per non parlare di alcuni soggetti tra le fila di FI come l’ex senatore Antonio D'Alì, anche lui condannato per concorso esterno perché accusato di aver avuto rapporti consolidati con Francesco e Matteo Messina Denaro. Un soggetto politico che, secondo i giudici, incarnava perfettamente la “borghesia mafiosa”.
Eppure, il Cavaliere continua a riempire le pagine dei quotidiani e gli schermi televisivi - anche del servizio pubblico - abbindolando il “popolino” con il suo sorriso, nonostante le sue battute sessiste e di basso profilo, il suo essere puttaniere, pregiudicato e già condannato definitivo per frode fiscale, e nonostante i senatori a libro paga, le “cene eleganti” con le minorenni, i conflitti di interesse, le leggi ad personam e l’accusa nei suoi confronti di “discredito planetario” nel processo Ruby ter. Tutte vicende dietro alle quali, in realtà, si nasconde un politico affarista che ha governato il nostro Paese per vent’anni distruggendolo. Non c’è da stupirsi, però, perché questa è la nostra Italia. “La Repubblica delle banane” come la definì l’avvocato Giovanni Agnelli. Al tempo ero ragazzino, e mi vergognai di quella frase, ma oggi, ahimè, non posso dare torto al “vecchio volpone” della Fiat.
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