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Tocca a Bergoglio difendere la Costituzione

"Con le armi non si otterrà mai la sicurezza e la stabilità; al contrario si continuerà a distruggere anche ogni speranza di pace". È stata questa la riposta di Papa Francesco al presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Una risposta certamente 'indiretta', pronunciata al termine del Regina Coeli in piazza San Pietro, ma che sancisce in modo inequivocabile la rottura tra il Capo della Chiesa Cattolica e Kiev.
La spaccatura si era già appalesata ieri quando, durante il colloquio, Zelensky aveva chiaramente detto che “non si può fare una mediazione con Putin, nessun Paese al mondo lo può fare” e “per me è stato un onore incontrare Sua Santità, però lui conosce la mia posizione, la guerra è in Ucraina e il piano deve essere ucraino. Siamo molto interessati a coinvolgere il Vaticano nella nostra formula per la pace”. Ricordiamo che con "formula per la pace" il presidente ucraino intende una resa incondizionata della Russia e la vittoria piena dell'Ucraina.
La soluzione del capo di Kiev è solo "la controffensiva: quando saremo al confine con la Crimea, il sostegno a Putin all'interno della Russia diminuirà e lui dovrà trovare una via d'uscita". Poche parole, ma sufficienti per 'sbattere la porta in faccia' a Bergoglio e bloccare la mediazione che faticosamente da oltre quattordici mesi cerca di portare avanti il Vaticano.
"Con tutto il rispetto per Sua Santità, noi non abbiamo bisogno di mediatori", ha detto Zelensky le cui uniche richieste, esplicite, al Papa si sono ridotte allo scambio di prigionieri e al rientro a casa dei bambini portati con la forza in Russia. Prima di incontrare Bergoglio, il leader di Kiev aveva incontrato il Capo dello Stato Sergio Mattarella e il presidente del Governo Giorgia Meloni, la quale ha 'scommesso' sulla "vittoria dell'Ucraina" e che "continueremo a fornire sostegno, anche militare, perché l'Ucraina possa arrivare ai negoziati con una posizione solida. Questo è importante perché alla pace non si può arrivare con nessuna posizione di resa".
Dichiarazioni illogiche e che non tengono conto di un dato fondamentale: la Russia è pronta a usare le armi atomiche in caso di possibile sconfitta dal momento che non ha nulla da perdere, al contrario dell'Occidente (a guida NATO) che, se dovesse perdere la guerra, vedrebbe la sua stessa esistenza messa in dubbio.
"La Russia vincerà con le armi convenzionali o eviterà la sconfitta con quelle nucleari”, aveva spiegato il professore Alessandro Orsini. “Per ogni proiettile della Nato lanciato contro i russi, i russi ne lanceranno dieci contro gli ucraini”. “Tra quelle contemplabili, vi è la possibilità che Putin esalti l’aviazione finora sottoutilizzata, con conseguenze potenzialmente spaventose per i civili”.
Ma grazie all'appoggio dell'occidente il conflitto in Ucraina è destinato a durare ancora molto tempo. Intanto, cresce il numero di vittime, mentre i mercanti di armi registrano un aumento delle vendite del 3,7 per cento.
Anche questa è una faccia dell'ipocrisia del governo italiano. Quell'ipocrisia che tradisce l'articolo 11 della nostra Costituzione ("L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”) con l'invio di armi in Ucraina.

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