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Nei giorni scorsi settantamila persone si sono recate a Milano per la tradizionale Giornata della memoria e dell'impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, organizzata da Libera e Avviso Pubblico. Sicuramente una grande iniziativa antimafia, con la presenza di tanti giovani e scuole, che ha visto nell'intervento di don Ciotti il suo momento più importante.
Il Presidente di Libera ha pronunciato parole importanti sull'arresto di Matteo Messina Denaro (evidenziando anche le altissime connivenze avute nei trent'anni di latitanza); sulla presenza di "tante persone indegne" nelle istituzioni e sugli "intrecci tra massoneria deviata e mondo criminale". Con un grido ha ricordato al Paese "che l'80% dei famigliari delle vittime innocenti della violenza criminale mafiosa non conosce la verità" o ne conosce "solo una piccola parte".
Voglio bene a don Ciotti e condivido profondamente la sua considerazione per cui "senza verità non si può costruire giustizia".
Sono un credente, cattolico cristiano e credo che don Ciotti sia investito da una missione spirituale. Amo i ragazzi di Libera e l'impegno che mettono. Detto questo, però, non posso esimermi dal fare una critica costruttiva rispetto a quanto ho visto nella manifestazione.
Perché è mancato qualcosa di importante, davvero importante, in questo grande evento: la presenza sul palco di quei magistrati che negli anni hanno messo il loro massimo impegno, rischiando la propria vita e quella dei propri familiari, nella ricerca della verità sulle stragi di Stato.
Lo dico con amarezza e delusione. Perché siamo nel trentennale delle stragi del 1993 e lo scorso anno abbiamo vissuto quello delle stragi di Capaci e via d'Amelio.
Come scrissi qualche anno fa in un editoriale l'Italia è una Repubblica fondata sul segreto. Segrete sono le strategie politiche, segrete sono le organizzazioni criminali, segreta è la verità sulle stragi, segreti sono i servizi che servono a mantenere i segreti.
Portella della Ginestra, Piazza della Loggia, Piazza Fontana, Bologna, Capaci, via d'Amelio, le stragi del '93 e gli innumerevoli assassini di uomini delle forze dell'ordine, giornalisti, imprenditori, preti e cittadini innocenti. Sono solo alcuni dei delitti su cui, a distanza di anni, si può asserire che non vi sia una verità completa. Spesso si conosce il nome degli esecutori materiali (a volte neanche quello) ma resta una fitta cortina che non permette di individuare i volti dei mandanti, di quelle entità tutt'altro che astratte che hanno voluto, chiesto, ordinato, se non anche partecipato a quegli efferati delitti. Mi riferisco a quei personaggi che ancora oggi risiedono nelle istituzioni dello Stato (parlamentari, senatori, ministri, alti ufficiali), usurpando le stesse. Personaggi che hanno partecipato o ordinato le stragi di cui stiamo parlando.
Perché se prima si poteva pensare che insieme alla mafia c'erano altri concorrenti esterni, nelle esecuzioni degli attentati in Sicilia e in Continente, man mano che è passato il tempo siamo riusciti a capire che 'anche la mafia' c'entra con quelle che sono stragi di Stato.
Per svelare questa indicibile verità che si nasconde dietro a delitti e trattative che sono state condotte tra lo Stato e la mafia in oltre centocinquantanni di storia, serve più coraggio da parte di tutti. Bisogna denunciare e gridare questi fatti quando si è davanti ad una piazza piena, ricolma di gente.
Oggi, di tutto questo, parlano in pochi. Se si escludono programmi come Report, Atlantide o Non è L'Arena, o pochi giornali, i grandi organi di informazione non hanno interesse a parlare di certi argomenti. Noi cerchiamo di dare il nostro piccolo contributo, ma serve di più.
Per questo sarebbe stato importante vedere su quel palco, di fronte a quelle 70mila persone, di fronte a tantissimi giovani, i volti di quei magistrati che in tanti anni hanno condotto con impegno le indagini sulle stragi di Stato.
Magari anche dando loro voce per qualche attimo.
Magistrati come Roberto Scarpinato (oggi senatore della Repubblica), Nino Di Matteo, Giuseppe Lombardo, Sebastiano Ardita, Luca Tescaroli, Nicola Gratteri, Antonio Ingroia (oggi avvocato), per citarne alcuni, che avrebbero potuto spiegare da quali elementi si può ricavare questa tragica realtà.
Oggi le Procure di Caltanissetta, Palermo, Firenze, Reggio Calabria, con il coordinamento della Procura nazionale antimafia guidata da Giovanni Melillo, sono impegnate in delicatissime indagini per ricostruire pezzi importanti di quella storia, con inchieste aperte proprio sui mandanti esterni e processi. In questi anni ci sono state sentenze importanti come quelle sulla trattativa Stato-mafia. Nelle motivazioni che hanno portato alla condanna dei boss e alle assoluzioni degli imputati istituzionali, c'è scritto che alcuni di quegli imputati di Stato hanno cercato l’ala cosiddetta moderata della mafia (riconducibile a Provenzano) per capire come fermare l’ala cosiddetta oltranzista della mafia (quella riconducibile a Riina). E sono solo alcuni dei gravissimi passaggi contenuti nelle pagine scritte dalla Corte d'Assise d'Appello. Altre parole importanti sono scritte in sentenze come quella del Borsellino quater che non solo ha messo un primo punto sul depistaggio della strage di via d'Amelio, ma ha portato alla luce una serie di elementi utili per ricercare la verità sulla sparizione dell'agenda rossa di Paolo Borsellino. Altre pagine sono state scritte con la sentenza di primo grado del processo 'Ndrangheta stragista (in questi giorni è prevista la sentenza d'Appello) che ha dimostrato il coinvolgimento della criminalità organizzata calabrese in quel disegno stragista che ha sconvolto il nostro Paese portando al crollo della Prima Repubblica e alla nascita della Seconda.
In questi mesi abbiamo celebrato il grande successo della Procura di Palermo, guidata da Maurizio de Lucia, e dei carabinieri del Ros con l'operazione che ha portato alla cattura di Matteo Messina Denaro. Resta ancora da capire e scoprire chi ha coperto, all'interno dello Stato e dei poteri occulti (massonerie e servizi), la trentennale latitanza del boss di Castelvetrano.
Lo ribadiamo.
E' giusto chiedere verità e giustizia per tutti i familiari vittime della mafia, ma sarebbe stato importante che oggi, nel 2023, si denunciassero con forza anche questi fatti.
Memoria e Impegno, a mio avviso, passano anche e soprattutto da questo grido. Nella speranza che in futuro, da parte degli organizzatori di Libera, ci possa essere anche questa attenzione.

P.S.
Accogliamo in maniera positiva la presenza alla manifestazione della neo segretaria del Pd, Elly Schlein. Il commento che ha lasciato ai giornalisti a margine dell'evento è stato tuttavia mediocre. Perché non ci si può limitare a parlare di maggiore trasparenza e controllo, dicendo che "occorre uno sforzo in più nella lotta alla mafia" e che "questo non si fa alzando il tetto del contante" o "indebolendo le tutele della legalità nel codice degli appalti". Avrebbe dovuto ribadire che il problema numero uno nel nostro Paese è proprio quello delle mafie e che la ricerca della verità sulle stragi è centrale. Questo deve essere il primo impegno delle opposizioni. Solo così si potrà dire che il vento all'interno del Pd è veramente cambiato.

Foto tratta da: instagram.com/liberacontrolemafie

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