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Da quando Matteo Messina Denaro è stato arrestato il dibattito pubblico sul tema mafia è tornato ad animarsi in maniera contrastante. A livello di grande informazione è stato dato molto spazio allo stile di vita del boss (il ritrovamento nelle varie abitazioni di abiti firmati, orologi, quadri, viagra, preservativi e così via) e poche domande sono state fatte sulla rete di protezione di cui ha goduto da trent'anni a questa parte.

Al contempo si è sviluppata una forte riflessione su ciò che sarà della lotta alla mafia. C'è chi ha parlato della fine di un'epoca, riferendosi alla mafia delle stragi; chi ha detto senza mezzi termini che lo Stato ha vinto; chi ha già iniziato a mettere in discussione misure come l'ergastolo od il 41 bis in quanto "l'emergenza eccezionale legata alla mafia stragista è finita". Opinioni diffuse soprattutto in ambito politico e da parte di certi ambienti che tentano di distogliere l'attenzione sulla pericolosità che le mafie ancora oggi hanno per la nostra democrazia.

Una pericolosità che passa anche dalla ricerca della verità sulle stragi.

La nostra rivista, nata il 25 marzo del 2000, con la presentazione ufficiale a Palermo, su decisione del nostro direttore e fondatore Giorgio Bongiovanni, ha sempre cercato di dare un proprio contributo alla ricerca della verità, in particolare sulle stragi del 1992 e 1993.

Da sempre abbiamo specificato che il motivo per cui nasce ANTIMAFIADuemila è perché crediamo che in quel biennio stragista, quindi sul sangue di Falcone e Borsellino, sia crollata la prima Repubblica e sia sorta la seconda.

Di quel periodo sappiamo molto, grazie a inchieste e processi, ma non ancora tutto.

Con sacrificio ed impegno (il nostro è un giornale autofinanziato grazie al contributo della casa editrice e di quelle persone che credono in questa attività, senza accedere a finanziamenti pubblici) da 23 anni cerchiamo di portare avanti, nel nostro piccolo, questa battaglia.

E' ormai nota la storia del ritrovamento della fotografia in cui viene ritratto l'allora capitano Giovanni Arcangioli, con in mano la borsa di Borsellino. Una vicenda che ci ha visti coinvolti in prima persona quando, anziché fare lo scoop, decidemmo di riferire all'autorità giudiziaria quanto avevamo appreso da una fonte.


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2014. La vicepreside dell'Istituto Comprensivo Pescara 6, Rita Fazio, consegna, insieme al giornalista Oscar Buonamano, il premio Paolo Borsellino al direttore
Bongiovanni © Francesco Melchiorre



Fu aperta un'inchiesta, Arcangioli fu indagato per il furto dell'agenda rossa e poi assolto per "non aver commesso il fatto", nonostante successivamente furono rinvenute anche le immagini video mentre si allontana da via d'Amelio con in mano la valigetta del giudice.

Ed è esattamente questa la strada che ancora oggi vogliamo seguire.

In questi anni ci sono stati anche importanti riconoscimenti sia sul piano personale che redazionale, come il “Premio Rocco Chinnici” nel 2005 (insignito della Medaglia d'argento del Presidente della Repubblica, per la categoria destinata ad esponenti della società civile “che si sono distinti nella lotta alla criminalità, mafiosa e non, e nell’impegno per l’affermazione della legalità”) o il "Premio Borsellino” (sezione giornalismo) nel 2014. Con piacere ricordiamo anche il premio Legalità e Giornalismo Giudici Saetta - Livatino, nel 2010, “Per lo strategico ruolo svolto nel panorama dell’informazione nazionale a beneficio della lotta alla mafia per l’affermazione dei valori di Libertà, Legalità e Giustizia”.

Riconoscimenti di cui siamo stati e siamo ancora oggi onorati e che ci convincono della bontà della strada fin qui seguita.

Una convinzione che si rafforza grazie ai nostri lettori (quasi duecentomila al mese) che quotidianamente accedono al sito in maniera gratuita.

Cittadini che chiedono di essere informati su processi ed inchieste scomode.

Continueremo, dunque, ad occuparci del processo Trattativa Stato-mafia e soprattutto di ciò che - al di là dell’esito - resta scritto nelle sentenze: “Trattativa ci fu” e fu un'azione “improvvida”.

Continueremo anche a informare il nostro pubblico sui fatti che riguardano le inchieste sui mandanti esterni delle stragi come quella che è in corso a Firenze per i fatti del 1993 e che vede coinvolti Marcello Dell'Utri e Silvio Berlusconi.

Continueremo ad indagare sulla scomparsa dell'agenda rossa di Paolo Borsellino il giorno della strage di via d’Amelio; analizzeremo le sentenze sulle stragi di Capaci e via d'Amelio e racconteremo anche le evoluzioni dei processi più attuali come 'Ndrangheta stragista o quello sul delitto del poliziotto Nino Agostino e della moglie Ida.


bongiovanni premio chinnici 2005

2005. Il direttore Bongiovanni riceve il premio Rocco Chinnici © ACFB


Quindi guarderemo al futuro, cercando di capire quella che sarà l'evoluzione delle mafie dopo l'arresto di Messina Denaro, segnalando i pericoli che vengono dalla politica (oggi più che mai c'è il rischio che si metta mano a strumenti legislativi come quelli sull'uso delle intercettazioni, sull'ergastolo ostativo o il 41 bis).

In questi anni abbiamo scelto di sostenere quei magistrati con la schiena dritta che quotidianamente rischiano la propria vita e che dimostrano di voler smascherare il Sistema criminale. Perché l'attenzione nei loro confronti non può e non deve mancare come invece è avvenuto ai tempi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.

Forse anche per questo si può essere ritenuti scomodi o fastidiosi, ma ciò non ci farà desistere.

Perché, lo ribadiamo, solo facendo luce sui “mandanti esterni” a Cosa Nostra nelle cosiddette “stragi di Stato” potremo risorgere dalle ceneri di una Repubblica fondata sul sangue di troppi martiri.

E solamente arrivando a queste verità scomode potremo auspicare ad una vera democrazia libera dall'oppressione mafiosa. Un'utopia, forse, come abbiamo scritto più volte, se non addirittura un'eresia in questo tempo di "silenzi" ed "omertà" di Stato.

E ancora una volta ci tornano in mente le parole di Don Ciotti quando qualche anno fa invitava tanti giovani ad "essere eretici", perché "l'eretico sa scegliere ed esprimere in modo civile un giudizio autonomo, ama la verità ma ancor di più la sua ricerca, non il possesso. Per l'eretico la ricerca della verità e la responsabilità sono inseparabili, egli si ribella al sonno delle coscienze e all'ingiustizia, al cinismo e all'indifferenza”.

Cercare la verità sulle stragi, sulle complicità e le coperture istituzionali di cui hanno goduto i latitanti, sui misteri d'Italia ed i mandanti esterni dei delitti che hanno insanguinato il Paese è un compito che riguarda tutti, a prescindere da quelle che possano essere le proprie idee politiche, umane o religiose.

Ecco perché trent'anni dopo le stragi noi non ci arrendiamo.
(Prima pubblicazione: 31 Gennaio 2023)

Realizzazione grafica by Paolo Bassani

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