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A "Non è l'Arena" le parole del "pupo" ventriloquo dei Graviano: "Ho visto fogli dell'agenda rossa passare di mano"

"Le profezie vorrei farle in un altro ambito, al SuperEnalotto magari. Queste non sono profezie. Sono cose delicate, serie". Così Salvatore Baiardo, gelataio piemontese di origini siciliane nonché ex uomo di fiducia dei boss stragisti di Cosa nostra Filippo e Giuseppe Graviano che negli anni Novanta ne ha curato la latitanza, intervistato domenica sera da Massimo Giletti a “Non è l'Arena”, su La7. Con l’arresto dell’ormai ex superlatitante Matteo Messina Denaro, sono tornate al centro della cronaca le particolari dichiarazioni che Salvatore Baiardo aveva rilasciato a Giletti lo scorso novembre in un’intervista, quando aveva alluso a un imminente arresto della primula rossa di Cosa nostra a causa delle sue gravi condizioni di salute. Ed ecco la tanto attesa intervista: Giletti e Baiardo vis-a-vis, per cercare di capire se le parole di quest'ultimo furono casuali o causali.


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Salvatore Baiardo ha fin da subito messo le cose in chiaro: è messaggero di qualcuno ed è stato informato sulle condizioni di salute di Matteo Messina Denaro da fonti attendibili che però non possono essere rivelate, benché meno in televisione. Dall’altra parte, però, ha negato di essere l’ambasciatore dei “ragazzi”, come ha chiamato i fratelli Graviano, affermando che a Palermo non ci sono solo loro, “ma anche altre persone”. Sulla reale identità della sua fonte, nonostante le incalzanti domande di Massimo Giletti, Baiardo ha sempre eluso la domanda limitandosi a dire che arriverebbe “dall'ambito palermitano”, ma - ancora una volta - “non dai Graviano”. E dopo essersi detto “dispiaciuto” per Matteo Messina Denaro - “anche se è giusto che sta dov’è ora” -, Baiardo ha detto che alla primula rossa di Cosa nostra è rimasto poco tempo di vita, “altrimenti presumo non sarebbe successo quello che è successo (la cattura, ndr)...”.


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Stando alle dichiarazioni di Baiardo, dunque, non sarebbero stati i fratelli di Brancaccio ad aver detto al gelataio piemontese di parlare urgentemente con Giletti lo scorso novembre. Inoltre, Baiardo ha detto di non difendere i Graviano, che di certo “non sono santi” e come tutti “hanno commesso errori di gioventù”. Ma è chiaro che non è così. I Graviano non hanno commesso "errori di gioventù", ma efferati omicidi e stragi. Non va dimenticato che il boss di Brancaccio Giuseppe Graviano è stato condannato assieme al fratello Filippo per le stragi del '92-'93, per l'omicidio di don Pino Puglisi e (Giuseppe) anche per il duplice omicidio dei carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, uccisi il 18 gennaio 1994 in un agguato avvenuto sull'autostrada Salerno-Reggio Calabria all'altezza dello svincolo di Scilla. E nonostante la volontà di dissociarsi da Cosa nostra paventata da Filippo Graviano (tentativo di sola facciata non sussistendo "nessuna effettiva presa di distanza dai gravissimi reati commessi"), checché ne dica Salvatore Baiardo quei due "ragazzi" restano comunque boss stragisti e criminali. A ben poco servono i tentativi del loro ex fiancheggiatore di decontestualizzare i boss di Brancaccio dalla scacchiera della cattura di Matteo Messina Denaro, se non a confermare ulteriormente di essere la mano del ventriloquo Giuseppe Graviano, il quale rimane un autorevole rappresentante della commissione di Cosa nostra nonostante si trovi detenuto al 41bis.


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Come già rivelato da Report su Rai3, inoltre, secondo Baiardo vi sarebbero copie dell'agenda rossa di Paolo Borsellino in mano a “più persone, tra cui Giuseppe Graviano e Matteo Messina Denaro, e non solo”. L’ex fiancheggiatore aveva anche riferito di un "grosso incontro a Orta" in cui lui stesso l'avrebbe vista. La scorsa domenica, a “Non è l’Arena”, Baiardo è tornato sulla questione confermando quanto a suo tempo svelato da Report, aggiungendo di aver visto “il passaggio di mani… quando i Graviano erano ancora in libertà, ’92-’93. Ho visto dei fogli che riproducevano… (il contenuto dell’agenda, ndr)”. Purtroppo” anche nelle mani di Messina Denaro, ha aggiunto rispondendo a Giletti.


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Insomma, ancora una volta Baiardo ha detto tanto senza dire nulla. Tanto fumo. "Non si può permettere di fare queste dichiarazioni in televisione senza l'autorizzazione e il mandato di Giuseppe Graviano, e quindi in realtà chi parla è Giuseppe Graviano per bocca di Baiardo" ha detto l'ex procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato. Parole - quelle del gelataio piemontese -  su cui "bisogna indagare", come ha sottolineato il procuratore Nino Di Matteo: “La precisione e la nettezza delle affermazioni di Baiardo riguardo la gravità delle condizioni di salute di Matteo Messina Denaro, che poi si sono rivelate essere vere, e il riferimento temporale che si è verificato come prospettato, devono essere considerati importanti. Bisogna indagare a fondo per capire come Baiardo fosse a conoscenza di tali informazioni, se anche i Graviano ne erano al corrente e perché abbia scelto di dichiararle pubblicamente. Non bisogna sottovalutare questa vicenda come una mera millanteria o una previsione casuale di un individuo che voleva solo fare rumore". Il gelataio di Omegna, dunque, ha lasciato molte perplessità. È una strategia? C’è una trama dietro tutto questo? Oppure, è il Baiardo di sempre? È ancora presto per rispondere a questi interrogativi. Ciò che è certo - e le sue sterili dichiarazioni lo confermano - è che Baiardo nel “percorrere una logica” ricostruzione dei fatti, ha trasmesso messaggi chiari ed inequivocabili su temi che, guarda caso, erano contenuti (anche se non tutti) nel famoso papello con cui Totò Riina ricattò lo Stato mettendolo in ginocchio a suon di bombe: ad esempio, il regime detentivo del 41bis, l’ergastolo ostativo e il depotenziamento delle leggi sui collaboratori di giustizia come strumento di contrasto alle mafie.


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In particolare il carcerario è un chiodo fisso di Cosa nostra e i fratelli Graviano sono in primissima linea per metterci mano. Era il 14 febbraio 2020 quando Giuseppe, rispondendo alle domande del procuratore aggiunto di Reggio Calabria Giuseppe Lombardo nel processo 'Ndrangheta stragista, aveva dichiarato: "Io non ho fatto né trattative né patti. Ho avanzato le mie lamentele per il carcere nei confronti di tutti i politici. Alcuni politici più garantisti, a loro dire. Invece di mantenere gli impegni presi con mio nonno hanno fatto leggi ingiuste, vergognose e incostituzionali. Tanto è vero che l'Italia non fa altro che prendere sempre multe dalla Corte europea per i diritti dell'uomo. Il 41 bis? E' normale che stiamo male al 41 bis ma io non piango e non faccio la vittima. Io lotto per quello che mi permette la legge. Sul 41 bis, sul 4 bis, o l'ergastolo io cerco di infilarmi sulla mia condizione con chiunque, di sinistra o di destra, che possa portare a compimento questa situazione".
Ed oggi, il desiderio che l'ergastolo ostativo venga abolito è più che mai vicina ad essere realizzato. Da mesi Giuseppe Graviano non parla più, ma come abbiamo già detto, le sue speranze vengono trasmesse in diretta tv dal "pupo" Baiardo. Per loro, ma anche per altri interessati. Assieme ai boss di Brancaccio, infatti, dal carcere attendono le evoluzioni sull'ergastolo ostativo capimafia terribili come Leoluca Bagarella, Salvatore Biondino, i Madonia di Palermo, i Lo Piccolo, gli anziani Michelangelo La Barbera e Pippo Calò, i fratelli Buscemi, Domenico Ganci, Pietro Aglieri, Nitto Santapaola, Aldo Ercolano e Santo Mazzei. Ed altri ancora come il boss latitante Giovanni Motisi e i capi mafia storici di ‘Ndrangheta e Camorra. Sono loro i riferimenti di una mafia che pur cambiando pelle, mantiene la sua anima stragista e sanguinaria.

Guarda la puntata integrale:
la7.it/nonelarena

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