La sentenza della Corte di Cassazione

Diventa definitiva la condanna a sei anni di carcere per l'ex senatore di Forza Italia Antonio D'Alì, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa in rapporti consolidati con i Messina Denaro, padre e figlio.
La Cassazione ha rigettato il ricorso presentato dalla difesa di D'Alì contro la sentenza d'appello bis del 21 luglio 2021 arrivata dopo il rinvio disposto dalla Suprema Corte che aveva annullato con rinvio la prima sentenza d'appello del settembre del 2016, in cui l'ex sottosegretario di Forza Italia venne assolto per le contestazioni successive al 1994. D'Alì è accusato di avere "contribuito al sostegno e al rafforzamento di Cosa nostra, mettendo a disposizione dei boss le proprie risorse economiche, e, successivamente, il proprio ruolo istituzionale di senatore della Repubblica e di sottosegretario di Stato". Secondo quanto si apprende da fonti della difesa, così come riportato dall'agenzia Ansa, l'ex senatore D'Alì si andrà a costituire.
Il processo d'Appello bis era iniziato dopo l'annullamento con rinvio della Corte di Cassazione della precedente sentenza di assoluzione, in cui era stato prescritto per i fatti precedenti al 1994, con un metodo giudicato come "una cesura illogica" tra i due periodi.
Nelle motivazioni della sentenza d'appello, oggi divenuta definitiva, era scritto: "D’Alì ha manifestato la propria disponibilità verso (o vicinanza a) Cosa Nostra dai primi anni ’80 del secolo scorso fino agli inizi dell’anno 2006 e comunque non vi è prova di una condotta di desistenza dell’imputato incompatibile con la persistente disponibilità ad esercitare le proprie funzioni ed a spendere le proprie energie in favore del sodalizio mafioso”.
Secondo quei giudici il politico ha intrattenuto relazioni con Cosa nostra anche durante i cinque anni in cui è stato Sottosegretario agli Interni del governo di Silvio Berlusconi, dal 2001 al 2006. “D’Alì - è scritto nella sentenza - ha certamente assunto degli impegni seri e concreti a favore dell’associazione mafiosa e ciò lo si può desumere sia dalla sua già stabile, affidabile, comprovata e ventennale disponibilità a spendersi in favore di Cosa Nostra".
Secondo i giudici “D’Alì ha concluso nel 2001 (dopo una invero già ventennale disponibilità verso il sodalizio mafioso) un patto (l’ennesimo) politico/mafioso con Cosa Nostra in forza del quale il sodalizio gli ha garantito l’appoggio elettorale che ha consentito all’imputato di essere nuovamente eletto al Senato (elezione che poi ha costituito da viatico per l’acquisizione dell’incarico di Sottosegretario al Ministero dell’Interno)”.
C'è ancora un giudice a Berlino nella Corte Suprema di Cassazione, che ha il coraggio di condannare i politici mafiosi. Applausi a scena aperta.

Foto © Imagoeconomica

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