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Di Matteo: “E' grazie a queste che fu possibile individuare responsabili e moventi delle stragi”

Strumenti micidiali di delegittimazione personale e spesso politica” e “violazioni blasfeme dell’articolo 15 della Costituzione”. E’ con queste parole che oggi il ministro della Giustizia Carlo Nordio, in commissione al Senato, ha descritto il sistema delle intercettazioni ribadendo, di fatto, la sua corale bramosia di affossarlo una volta per tutte. Il guardasigilli, intervenendo a gamba tesa contro la toga, che anch’egli ha vestito a Venezia fino al 2017, ha detto chiaramente che le intercettazioni ambientali e telefoniche vanno “riformate profondamente”. Cioè a dire: vanno demolite. In pompa magna, Nordio ha assicurato che “ogni qualvolta un domani usciranno violazioni del segreto istruttorio in tema di intercettazioni l’ispezione sarà immediata e rigorosa”. E ancora, per il ministro guardasigilli “gran parte di queste si fanno sulla base di semplici sospetti, e non concludono nulla”. “Non si è mai vista una condanna inflitta sulla sola base delle intercettazioni” che per giunta, ha lamentato, hanno un “costo elevatissimo, con centinaia di milioni di euro all’anno”.

Di sproloqui, il Guardasigilli di questo governo avente chiare simpatie fasciste, ne ha lanciati a volontà.

Molti di questi hanno scatenato alcune reazioni e se ne attendono altre. Il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Giuseppe Santalucia ha detto che “le intercettazioni sono uno strumento importantissimo soprattutto nel contrasto alla criminalità mafiosa e terroristica". Da qui la ragione per cui in Italia se ne fa un uso maggiore rispetto ad altri paesi europei.

E sul fatto che queste non debbano causare lesioni al diritto di riservatezza, Santalucia ha ricordato che esiste la legge sulla presunzione di innocenza (che di fatto imbavaglia magistrati e giornalisti) promulgata dal governo Draghi l’anno scorso. “Vorremmo sapere dal ministro, prima dell’annuncio della riforma, se quella legge ha funzionato o meno”, ha chiesto Santalucia. Insieme all’ANM, anche l’ex sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, ha contestato la volontà del Ministro della Giustizia e dell’intero Governo di voler “eliminare o fortemente ridimensionare le intercettazioni”. “Uno dei principali mezzi di ricerca della prova determinante per individuare associazioni mafiose, trafficanti di droga, corrotti e corruttori, pedofili e responsabili dei più gravi crimini”, l’ha descritta l’ex Sostituto Procuratore di Catanzaro. “Si evita così che la criminalità dei colletti bianchi possa essere individuata”.

Prima di de Magistris, già nelle prime ore del pomeriggio, il Senatore del M5S Roberto Scarpinato, anche lui magistrato in pensione, aveva raffigurato questo scenario in Commissione Giustizia.

Scarpinato, nel suo intervento, ha poi denunciato tutta la deriva garantista dell’esecutivo di cui fa parte Nordio. Un intervento durissimo, che ha anticipato l’audizione in cui il ministro ha elencato tutti i desiderata del governo Meloni: soppressione dei delitti contro la Pubblica amministrazione dal meccanismo ostativo, compresa l'associazione a delinquere finalizzata alla commissione di tali delitti, l'ulteriore riduzione dell'area di applicazione del reato di abuso di ufficio, l'innalzamento a 5000 euro del limite dei pagamenti in contanti, e, appunto la riforma delle intercettazioni con tagli economici. Tutti obiettivi che, “insieme all'assenza di leggi adeguate sul conflitto di interessi e sul lobbismo, determinano un depotenziamento della capacità di risposta dello Stato al fenomeno della corruzione nelle sue molteplici declinazioni”, ha detto Scarpinato in aula. Di “depotenziamento” ha parlato anche Nino Di Matteo ad alcune agenzie stampa. “Sono perplesso”, ha commentato il consigliere togato del Csm concentrandosi, in particolare, sulla volontà del ministro Nordio, già largamente annunciata, di tagliare i fondi per fare intercettazioni.

"Non capisco come si possa ignorare che, anche grazie alle intercettazioni, sia stato possibile individuare responsabili e moventi di stragi e altri gravissimi delitti che hanno messo in pericolo la nostra democrazia; siano stati evitati numerosi altri omicidi; siano stati individuati, sequestrati e confiscati ingenti patrimoni illeciti; sia stato possibile scoprire i responsabili di gravi reati contro donne, anziani e minori; ricostruire gravi vicende corruttive, così come collusioni e contiguità mafiose di politici, amministratori, imprenditori ed esponenti infedeli delle istituzioni”, ha ricordato Di Matteo. Sono dati di fatto incontestabili, quelli elencati dal consigliere del Csm, che se ignorati potrebbero “portare ad un pericoloso depotenziamento di uno strumento di indagine che si è rivelato fondamentale per la ricerca della verità e la tutela della legalità nel nostro Paese''. Difatti, per fare un esempio, è grazie a un’intercettazione se la magistratura è riuscita a incastrare i responsabili della strage di Capaci. Citiamo questa strage solo perché avvenuta esattamente 30 anni fa, ma potremmo citarne a decine. Qualora se lo fosse dimenticato, ricordiamo al signor ministro che nella famosa palazzina in via Ughetti, dove si trovava il covo in cui si erano nascosti nei mesi successivi all'arresto di Totò Riina i boss Antonino Gioè e Gioacchino La Barbera, la DIA, coordinata dall’ex vicedirettore Gianni de Gennaro, ascoltò in diretta i boss commentare “l’attentatuni”, come chiamarono l’attentato che il 23 maggio strappò la vita di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo e il corpo di scorta. Senza quelle intercettazioni e senza il suggerimento agli inquirenti del pentito Giuseppe Marchese (detto “Pino”) di cercare i boss proprio in via Ughetti, oggi, ancora, la verità sulla strage di Capaci sarebbe un buco nero. Farebbe bene a ricordarselo Carlo Nordio. E farebbe bene anche a lasciare la carica di Guardasigilli perché è chiaro che non è cosa sua.

Foto © Imagoeconomica

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