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Le dichiarazioni "pro-mafia" al convegno di Catanzaro

Abbiamo avuto modo di ascoltare gli audio che i nostri inviati, Jamil El Sadi e Davide de Bari, ci hanno mandato del convegno che si è tenuto a Catanzaro sul tema "L'ergastolo ostativo. Il problema e le implicazioni costituzionali" (qui riportiamo l'articolo completo).
Non ci hanno assolutamente sorpreso gli ottimi interventi del Procuratore capo di Catanzaro Nicola Gratteri e del consigliere togato del Csm Nino Di Matteo, né il tecnicistico e mediocre intervento dell'ex direttore del Dap Dino Petralia.
Ci ha invece totalmente deluso l'intervento dell'ex magistrato Gherardo Colombo.
Un magistrato integerrimo contro la Corruzione e Sistemi di potere che ha condotto inchieste celebri quali quella sul falso rapimento Sindona in cui, assieme al suo collega Giuliano Turone, scoprì la famosa lista della Loggia massonica P2 di Gelli; e poi ancora il delitto Giorgio Ambrosoli. E' stato, con Antonio Di Pietro e Piercamillo Davigo, membro del noto pool “Mani pulite” coordinato dallo storico Procuratore capo di Milano Francesco Saverio Borrelli. L'inchiesta giudiziaria ebbe inizio con l'arresto di Mario Chiesa, il 17 febbraio 1992, e portò a decine e decine di arresti di politici del tempo fino all'emissione del mandato di cattura nei confronti dell'ex Premier socialista Bettino Craxi.
Sempre a Milano ha affiancato la magistrata Ilda Boccassini nella gestione delle inchieste e processi Imi-Sir/Lodo Mondadori/Sme che vedeva imputati eccellenti come Cesare Previti (che fu condannato per corruzione in atti giudiziari) e Silvio Berlusconi (imputato di corruzione semplice e salvato dalla prescrizione). Successivamente giudice presso la Corte di Cassazione, quindi giurista, saggista e scrittore italiano. Un giudice che tradisce la sua storia da quando sembra aver deciso, nella sua fase più avanzata di età, di prendere un razzo per andar a vivere in qualche angolo remoto della Luna.
Da cosa lo deduciamo?
Basta riascoltare il suo intervento in cui parla di ergastolo ostativo e mafia.
"Mi chiedo se l'ergastolo ostativo faccia parte di un sistema che contribuisce a fabbricare rancore. E in quanto tale contribuisce anche a rendere più agevole e più facile l'abbracciare la mafia piuttosto che discostarsi" ha affermato nel suo intervento. E poi ancora: "Io credo che valga la pena di riflettere sull’utilità del pensare di educare attraverso la minaccia di una sanzione. Che risultato dà? Il risultato di ottenere obbedienza attraverso la minaccia di una pena è quello di mantenere le persone incapaci di essere gestori della propria libertà. Abbiamo bisogno che le persone rifiutino la mafia per opinione e volontà non per minaccia".
Una visione offuscata e distorta, dalla prospettiva lunare in cui si trova, che è totalmente sconnessa con la storia e con la realtà.
Basti pensare alla considerazione irreale per cui "fino al 1992 le mafie erano localizzate soprattutto in alcune regioni" e che "solo a 30 anni di distanza la mafia, la 'Ndrangheta ha pervaso il Nord".
Dire certe cose significa chiaramente non conoscere o dimenticare la storia criminale e feroce delle mafie che hanno spesso messo in ginocchio il nostro Paese e soprattutto di disconoscere totalmente quanto sta emergendo dalle inchieste condotte negli ultimi vent'anni. Cioè che l'orizzonte verso Nord delle mafie avviene sin dagli anni Settanta, se non prima.
Colombo non sa, o fa finta di non sapere, che Cosa Nostra ha una storia ultracentenaria, fatta di regole rigide e di riti di fuoco, santine e sangue.


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Il rituale, per gli aspiranti criminali è chiaro. Il primo a spiegare la “punciuta” in maniera analitica fu il collaboratore di giustizia Tommaso Buscetta.
“Giuro di essere fedele a Cosa Nostra. Possa la mia carne bruciare come questo santino se non manterrò fede al giuramento” ripetono alla presenza di un padrino che ha il dovere di presentare l'aspirante "uomo d'onore" agli altri membri della famiglia.
Successivamente, vengono ricordati al nuovo affiliato gli obblighi che dovranno essere rigorosamente rispettati: non desiderare la donna di altri uomini d’onore; non rubare agli altri affiliati; non sfruttare la prostituzione; non uccidere altri uomini d’onore, salvo in caso di assoluta necessità; evitare la delazione alla polizia; mantenere con gli estranei il silenzio assoluto su Cosa Nostra; non presentarsi mai da soli ad un altro uomo d’onore estraneo, poiché è necessaria la presentazione rituale da parte di un terzo uomo d’onore che conosca entrambi e garantisca la rispettiva appartenenza a Cosa Nostra.
Da quel momento per un membro attivo, affiliato a Cosa Nostra o ad altre criminalità organizzate, l'unico vero modo per rompere con il proprio passato è quello della collaborazione con la giustizia o, in alternativa, la morte.
Alla luce di ciò è chiaro che quei soggetti che escono dimostrando di non avere più rapporti, una volta usciti dal carcere, restano comunque dei "mafiosi a disposizione" in grado di commettere qualsiasi delitto.
Colombo parla di “speranza” anche per i boss.
Deduciamo che non sappia, o fa finta di non sapere, ciò che è provato da decine e decine di indagini e sentenze definitive: i mafiosi non detenuti all'ergastolo che finiscono il proprio periodo di detenzione, una volta usciti, tornano esattamente ad occupare il posto che avevano in precedenza all'interno dell'organigramma mafioso. Anzi, addirittura lo fanno con un curriculum potenziato, proprio in virtù del silenzio mantenuto in carcere.
Dobbiamo pensare che Colombo non sappia, o fa finta di non sapere che ciò che afferma è esattamente ciò che volevano gli stragisti negli anni Novanta.
L'eliminazione dell'ergastolo ostativo, l’annientamento del 41-bis, favorire la dissociazione e togliere l'istituto dei collaboratori di giustizia sono i punti primi di quel papello di richieste che Riina pretendeva dallo Stato per fermare le stragi.
Colombo, che da tempo gira nelle scuole parlando a molti giovani di giustizia e legalità, prenda coscienza che le sue dichiarazioni, seppur dette in buonafede, in questi termini diventano "pro-mafia".
La sua strampalata ed incosciente proposta, se dovesse essere presa in reale considerazione dalla politica, porterebbe allo sfacelo della normativa antimafia in particolare in materia di collaborazioni con la giustizia. E' grazie ai cosiddetti pentiti che oggi sappiamo tutto o quasi delle mafie. E' grazie alle dichiarazioni di molti collaboratori di giustizia, e al lavoro di quei magistrati fermi nella lotta ai Sistemi criminali, se oggi sappiamo molte verità inerenti le stragi che hanno insanguinato il nostro Paese.
Con la sua proposta i collaboratori di giustizia cesserebbero di esistere.
Anche l'idea, condivisa dalla Cedu, di giustificare il silenzio dei boss per “paura” di mettere in pericolo la propria vita o quella dei propri cari è inaccettabile in uno Stato che vuole dirsi credibile. Perché significherebbe ammettere che lo Stato stesso sia incapace di fornire adeguata protezione.
Di fronte ad una mafia che è collaudata, intransigente, irriducibile, che è fatta di assassini e criminali non ci sono molte possibilità.
E certo non è possibile cambiare la storia di questi fatti, come invece il “misericordioso” Colombo vorrebbe in nome del tecnicismo per un supposto “bene comune”, ignorando che se si continua a cercare di dare colpi di spugna sull'ergastolo ostativo o sul 41 bis, si diventa complici di questi Sistemi criminali che hanno ucciso Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, che hanno ucciso tanti innocenti fino a sciogliere bambini nell'acido.
Come riuscire a fare in modo che la mafia non esista più?
La risposta certamente non è aprendo le porte delle carceri ai boss “irriducibili” che le stragi le hanno volute e realizzate.

Foto © Imagoeconomica

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