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Ignazio Benito Maria La Russa siederà sullo scranno della seconda carica dello Stato

Povera Patria, questa Italia senza memoria. La nostra è una Repubblica antifascista (per legge e non per opinione), ma evidentemente quei 116 senatori presenti in aula che hanno votato Ignazio Benito Maria La Russa come Presidente del Senato hanno scientemente voluto fingere di non saperlo.
Ed è ancor più grave che una tale elezione sia avvenuta non per i voti di maggioranza (non tutta Forza Italia è stata compatta alla conta e con solo i voti di Berlusconi e Casellati a sostegno), ma con quelli dell'opposizione ("Italia Viva" di Renzi e forse anche "Azione" di Calenda).
Appena qualche settimana fa, durante la campagna elettorale, durante un diverbio con il governatore Michele Emiliano, pungolato sulle sue origini politiche, sosteneva: "Siamo tutti eredi del Duce, se intendi eredi di quell’Italia dei nostri padri, dei nostri nonni e dei nostri bisnonni".
Del resto cosa aspettarsi da chi in casa sua non ha mai temuto di esibire davanti alle telecamere una collezione di busti di Mussolini, medaglie degli arditi e altri cimeli.
La sua carriera era iniziata all'interno del Fronte della Gioventù. Da Segretario regionale andava insieme ai suoi camerati fuori dalle scuole e nelle piazze milanesi armati di catene e coltelli.
Ci sono delle immagini, risalenti all'aprile 1973, in cui viene ritratto durante la manifestazione indetta dal Movimento sociale “contro la violenza rossa”, nonostante il divieto della Prefettura. In quell'occasione furono lanciate due bombe a mano Srcm che uccisero il poliziotto Antonio Marino di 22 anni. La Russa fu indicato come uno dei responsabili morali dei lanci di bombe.
Fu uno dei riferimenti in Lombardia per l'Msi (venne candidato alle elezioni regionali in Lombardia del 1985, quindi eletto nel collegio di Milano con 24.096 preferenze in consiglio regionale e riconfermato poi nel 1990).
Quindi nel 1992 venne eletto alla Camera dei Deputati nelle liste del MSI per poi essere riconfermato tra le liste di Alleanza Nazionale alla Camera nelle politiche del 1994 di cui diventa Vicepresidente.
La Russa è stato uno che si è sempre rifiutato di definire il fascismo "il male assoluto" (come invece disse Fini in una storica visita in Israele). Anzi ha sempre sostenuto che “nel fascismo ci sono state molte luci, solo qualche comunista nostalgico di Stalin e del muro di Berlino continua a considerarla un’eresia. Fino al 1938 lo dicevano i capi democratici di tutta l’Europa”.
Per il Duce è evidente una certa venerazione. Nel 2019, La Russa intervenne contro il vescovo di Ventimiglia, Antonio Suetta, che non voleva acconsentire a celebrare la commemorazione della morte di Mussolini il 28 aprile. "Non so come possa essere strumento di polemica, è solo un ricordo religioso di una persona che non c’è più e credo che la religione cristiana non preveda divieti di questo tipo" affermava senza batter ciglio. Tutto normale in questo Paese di Gattopardi, misteri e tradimenti.
La Russa è anche un guerrafondaio al servizio dell'America. Quando fu ministro della Difesa, si dice che fu lui a convincere Berlusconi a partecipare all’intervento militare in Libia del 2011, che pose fine al regime di Gheddafi.
E in quel periodo La Russa si fece notare per rapporti non proprio cordiali coi giornalisti, alcuni dei quali presi persino a calci.
Tempi bui sono quelli che attraversiamo. E tempi bui potrebbero essere quelli che verranno sul piano sociale, politico e culturale.
E il discorso all'insediamento non rende tranquilli nel momento che si annuncia anche la possibilità di riforme 'pesanti': "Al Senato può spettare il via alla necessità di aggiornare - non la prima parte che è intangibile - ma quella parte della Costituzione che dia più capacità di dare risposte ai cittadini e di appartenere alla volontà del popolo".
Parole che cozzano con quelle pronunciate poco prima dalla senatrice Liliana Segre durante il suo discorso di apertura e che vale la pena ricordare: la Costituzione è “il principale ancoraggio attorno al quale deve manifestarsi l’unità del nostro popolo”. “Come disse Piero Calamandrei non è un pezzo di carta, ma è il testamento di 100.000 morti caduti nella lunga lotta per la libertà; una lotta che non inizia nel settembre del 1943 ma che vede idealmente come capofila Giacomo Matteotti. Il popolo italiano ha sempre dimostrato un grande attaccamento alla sua Costituzione, l'ha sempre sentita amica. In ogni occasione in cui sono stati interpellati, i cittadini hanno sempre scelto di difenderla, perché da essa si sono sentiti difesi". "Naturalmente - ha aggiunto - anche la Costituzione è perfettibile e può essere emendata (come essa stessa prevede all'art. 138), ma consentitemi di osservare che se le energie che da decenni vengono spese per cambiare la Costituzione - peraltro con risultati modesti e talora peggiorativi - fossero state invece impiegate per attuarla, il nostro sarebbe un Paese più giusto e anche più felice.
Il pensiero corre inevitabilmente all'art. 3, nel quale i padri e le madri costituenti non si accontentarono di bandire quelle discriminazioni basate su 'sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali', che erano state l'essenza dell'ancien regime".
Proprio la Segre aveva ricordato a tutti come in questo mese di ottobre cade il centenario della Marcia su Roma, che dette inizio alla dittatura fascista. Ed oggi è un giorno triste per il nostro Paese. Con un "picchiatore fascista" eletto come seconda carica dello Stato. Più a fondo di così la nostra amata Italia non può più andare.

Foto © Imagoeconomica

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