Il sistema criminale mondiale uccide senza pietà
Dieci colpi di pistola a bruciapelo, di cui otto andati a segno, per lo più in faccia. Così è stato ammazzato due giorni fa il giornalista paraguayano Humberto Andrés Coronel Godoy. Le telecamere a circuito chiuso della zona hanno catturato il momento in cui il cronista, che era da poco uscito dalla sede della radio “La voz de Amambay”, dove lavorava a Pedro Juan Caballero, cadeva sotto la raffica di proiettili. Il killer è arrivato a bordo di una motocicletta “Yamaha Fz” nera, come afferma alla stampa la procuratrice giunta sul posto, volto coperto dal casco integrale, ha riconosciuto Coronel e ha fatto fuoco più volte per poi dileguarsi. Le immagini, però, non mostrano dove sia andato l'uomo armato dopo aver sparato, né da dove sia arrivato. In Paraguay, intanto, circolano nelle reti social i filmati successivi all’agguato. Si vedono i soccorsi, i poliziotti che circondano la scena del crimine e una donna, probabilmente una parente o una collega, che piange sul cadavere ancora sanguinante di Hector, prende a pugni il fuoristrada accanto al quale è stato colpito il giornalista, urla, strilla, si dimena. Sono immagini terribili alle quali, purtroppo, si assiste in moltissimi delitti di mafia, dal Paraguay alla Sicilia. Stesso dramma, stesso cinismo istituzionale, stesse modalità di omicidio.
Anche Marcelo Pecci, il pm anticorruzione paraguaiano, era stato ucciso con colpi di pistola esplosi in faccia, anche nel suo caso i killer si sono dileguati e una donna, in quel caso la compagna che aveva appena sposato, lo ha pianto in mezzo alla folla di curiosi e poliziotti. La furia mafiosa colpisce allo stesso modo in ogni angolo del mondo chiunque provi a mettersi di traverso, che sia un magistrato come Pecci, un sacerdote come Padre Puglisi o un giornalista radiofonico come Humberto Coronel. Quest’ultimo, in particolare, stava denunciando dal suo studio di registrazione la mafia che da decenni infesta Juan Pedro Caballero e l’area della “Triple frontera” tramite il traffico di droga e armi, la violenza, la corruzione di uomini di Stato. Lo stesso Stato che ha abbandonato lui e il collega Gustavo Manuel Báez Sánchez (appena diciottenne), che a giugno avevano denunciato, come confermato dal commissario intervistato dalla stampa, le minacce di morte ricevute dai narcos alle autorità competenti che però, per tutta risposta, li hanno lasciati soli, senza un’adeguata tutela.
Nel video, la disperazione dei familiari sul corpo di Humberto Andrés Coronel, gli interventi della procuratrice, Katia Uemura, e del commissario commissario, Rubén Paredes
A dimostrarlo è, tra le varie cose, l’assenza dell’agente di polizia impiegato appositamente all’entrata della stazione radiofonica (sparito, caso vuole, proprio nel momento in cui avveniva l’agguato). Humberto Coronel, come Pablo Medina, il nostro redattore che lavorava per Abc Color, trucidato nel 2014 assieme la collaboratrice Antonia Almada, denunciava il “narco-Stato” del Paraguay, per anni guidato da Horacio Cartes, accusato di collusione con la mafia locale e corruzione. Quelle di Pablo e di Humberto erano voci che gridavano nel deserto, spezzate dall’omertà istituzionale ancor prima che dai “balazos” (i proiettili in spagnolo). Dalla fine della dittatura di Alfred Stroessner (1989), cioè dall’inizio della democrazia (o presunta tale) sono venti i giornalisti assassinati nel solo dipartimento di Amambay, l’ultimo dei quali avvenuto a febbraio 2020 con la morte di Leo Vera e ora quello di Humberto Coronel.
In questo senso appare chiaro come il sistema criminale mondiale colpisca senza pietà. E’ noto che il narcotraffico sudamericano è coordinato - se non addirittura controllato - dalle mafie italiane, su tutte la ‘Ndrangheta. Il sistema dei narcos non tollera quando magistrati, cronisti e operatori sociali toccano i fili dell’alta tensione, in particolar modo quelli riguardanti le grandi collusioni tra mafia e politica. Accordi che, nel caso specifico del Paraguay, garantiscono i maxi traffici di droga e armamenti per via fluviale nelle sponde argentine, uruguayane e brasiliane. Quanti uomini e donne oneste dello Stato, come della società civile dovranno morire ammazzati prima che tutto ciò finisca?
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