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Non è stato raggiunto il quorum. Alle 19 di ieri aveva votato meno del 14 per cento degli aventi diritto

Non ci sarà nessuna abrogazione della legge Severino; nessuna modifica sulle misure cautelari; nessuna separazione delle carriere tra giudici e Pm; nessuna valutazione dei magistrati con la partecipazione dei laici; nessuna abolizione della raccolta firme per le elezioni del Csm. E' questo il risultato, ormai certo, del referendum sulla giustizia, proposto da Lega e Radicali, ed appoggiato anche da Forza Italia, Azione ed Italia Viva. 
Il dato registrato sull'affluenza delle 19 di ieri, pari al 14 per cento degli aventi diritto al voto (sulla base dei dati del Viminale che riguardano 7.604 comuni su 7.903) non lascia molti spiragli sul raggiungimento del quorum richiesto (50% + 1). 
Un quadro netto che rende quasi superflua la necessità di attendere i primi exit poll condotti in uscita dai seggi per rendersi conto, ben prima della chiusura delle urne, che l'obiettivo di chi intendeva introdurre una serie di cambiamenti in materia di magistratura e di amministrazione della Giustizia non è stato centrato.
Al di là dei numeri è un dato di fatto che gli italiani una riforma di tal portata non la vogliono. 
Abbiamo già spiegato il motivo per cui avevamo manifestato la necessità di un fermo "No!" ai quesiti referendari.
Il risultato rappresenta uno schiaffo a chi voleva la magistratura in ginocchio, approfittando della profonda crisi che la attraversa dopo gli scandali degli ultimi anni (Palamara ed affini), con un nuovo tassello per renderla servente rispetto al potere politico. 
E siamo certi che la politica (la riforma Cartabia insegna) continuerà a proporre leggi e riforme indegne, con l'obiettivo di raggiungere proprio questo scopo. Leggi sul diritto all'oblio o la presunzione di innocenza, la riforma del Csm, accompagnato all'improcedibilità o la proposta di dare al Parlamento la possibilità di indicare le priorità "giudiziarie" alle Procure sono solo alcuni punti già sul piatto. 
Intanto, però, la politica ed il Governo dovrebbero prendere atto del parere degli italiani che hanno scelto di non votare questo Referendum anche per manifestare la propria contrarietà alla proposta. 
Nel frattempo proseguirà l'attesa per il futuro amministrativo di diverse città, Palermo su tutte. Nel capoluogo siciliano ieri è stato il caos. 
Non bastava lo scandalo per il sostengo di uomini condannati per mafia come Marcello Dell'Utri e Totò Cuffaro per il candidato sindaco del centro destra Roberto Lagalla, a cui si è aggiunto l'arresto di due candidati consiglieri comunali di Forza Italia e Fratelli d'Italia con l'accusa di scambio elettorale politico-mafioso e la presenza di quattro "impresentabili" inseriti nelle liste della Commissione parlamentare antimafia. 
Ieri lo scandalo senza precedenti è stato nella clamorosa assenza di quasi un terzo dei presidenti designati nei 600 seggi per le amministrative. 
Sabato in apertura delle sezioni per le operazioni preliminari si è scoperto che 174 presidenti avevano rinunciato, mentre in molte sezioni le schede elettorali sono state consegnate con 3-4 ore di ritardo mandando in tilt le operazioni preliminari. 
L'Ordine degli avvocati di Palermo invoca addirittura l'annullamento delle elezioni, ma c'è anche chi, come Lega e FdI, mette sulla graticola la ministra Luciana Lamorgese per "la pessima gestione". La corsa alla poltrona di Sindaco prosegue e presto sapremo anche il risultato. Intanto la Procura di Palermo sta valutando alcune segnalazioni acquisite: i reati che potrebbero prospettarsi vanno dall'interruzione di pubblico servizio al rifiuto di atti d'ufficio. 

Rielaborazione grafica by Paolo Bassani

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