La mafia ritorna ad uccidere i magistrati
Non ha mai smesso di fare stragi la mafia. Né in Italia, né in Sudamerica. E' notizia di ieri l'uccisione del procuratore paraguaiano, Marcelo Pecci, che da tempo si stava occupando di criminalità organizzata e traffico di droga.
E' stato ucciso martedì in Colombia da un commando di uomini armati su una moto d’acqua. In quella terra stava trascorrendo la "luna di miele" con sua moglie su un’isola al largo di Cartagena.
Dalle notizie che si sono apprese i killer hanno sparato alla coppia mentre erano sulla spiaggia e contro un addetto alla sicurezza che è rimasto illeso.
Questo omicidio è un gravissimo segno non solo per i magistrati sudamericani, impegnati nel contrasto ai narcos, ma anche per quelli del nostro Paese.
Perché non possiamo dimenticare che la droga che viene prodotta in Sudamerica, nella Colombia, in Bolivia o in Brasile per poi transitare tra l'Argentina, l'Uruguay ed il Paraguay, viene finanziata dalla mafia italiana ('Ndrangheta, Cosa Nostra, Camorra).
Dunque se i Narcos del Paraguay hanno ottenuto il consenso per recarsi in Colombia ed uccidere il magistrato è altrettanto logico che un medesimo consenso deve essere stato ottenuto dai finanziatori del traffico di droga internazionale.
Ed è un fatto noto che gran parte della cocaina sequestrata ogni anno nei porti di Gioia Tauro e negli altri porti è importata dalla mafia calabrese che, da anni, controlla anche alcuni punti di arrivo della merce proveniente dai paesi sudamericani, in Germania, Belgio e Olanda.
Le indagini più recenti, inoltre, dimostrano un ritorno importante da parte di Cosa nostra nel traffico di stupefacenti con le famiglie che tornano a pagare in contanti.
E' il peso di un Sistema criminale capace di produrre 80 miliardi di euro l'anno (stime per difetto).
Senza l'assenso degli italo-americani, delle 'ndrine canadesi è difficile credere che si potesse porre in essere un attentato simile.
E non dobbiamo neanche sottovalutare che proprio da oltreoceano sono giunte le più recenti minacce nei confronti del Procuratore capo di Catanzaro, Nicola Gratteri.
La speranza è che anche di questo ennesimo fatto di sangue anche la Dna italiana, in nome della cooperazione internazionale che Giovanni Falcone aveva sempre auspicato, possa leggere i fascicoli di queste inchieste e possa allertare prefetture e Procure italiane, che si occupano del traffico di stupefacenti.
Da parte nostra, con i nostri collaboratori in Sudamerica, continueremo a seguire il caso. Nel frattempo oggi il Csm, nell'intervento del vicepresidente Ermini, ha voluto esprimere la propria soliderità al giudice. Ed anche noi esprimiamo la nostra vicinanza alla famiglia dopo il brutale assassinio.
Rielaborazione grafica by Paolo Bassani
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