di Giorgio Bongiovanni
"Quando si alleano i grandi poteri per auto-conservarsi, il giusto paga per tutti". Parole di Papa Francesco. Il Pontefice ha ricevuto oggi, in udienza privata, tutto il Consiglio Superiore della Magistratura, unendo così la sua voce a quella di tutti coloro che in questi ultimi anni stanno chiedendo un concreto cambiamento all'interno della magistratura, travolta dagli scandali legati all'ex magistrato Luca Palamara. Dopo aver ascoltato l'indirizzo di saluto del vice presidente del Csm David Ermini e rivolto il suo saluto anche al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il Papa ha infatti esortato i consiglieri a "lottare fortemente perché non crescano" quelle "situazioni brutte" che "voi conoscete bene" cioè "le lotte di potere, i clientelismi, le varie forme di corruzione, la negligenza e le ingiuste posizioni di rendita".
"Il processo a Gesù è emblematico - ha detto - il popolo chiede di condannare il giusto e di liberare il malfattore. Pilato si domanda: ‘Ma che cosa ha fatto di male costui?’, poi però si lava le mani” ha osservato Francesco dicendo anche che "nessuna riforma politica della giustizia può cambiare la vita di chi la amministra, se prima non si sceglie davanti alla propria coscienza 'per chi', 'come' e 'perché' fare giustizia. Così insegnava Santa Caterina da Siena, quando sosteneva che per riformare occorre prima riformare sé stessi".
Il Vescovo di Roma e successore di Pietro ha ricordato al Csm che "il popolo chiede giustizia e la giustizia ha bisogno di verità, di fiducia, di lealtà e di purezza di intenti", esortandoli anche ad "ascoltare il grido di chi non ha voce e subisce un'ingiustizia" perché, ha evidenziato Bergoglio, questo "vi aiuta a trasformare il potere ricevuto dall'Ordinamento in servizio a favore della dignità della persona umana e del bene comune".
"La domanda storica sul 'come' si amministra la giustizia passa sempre dalle riforme. Il Vangelo di Giovanni, al cap. 15, ci insegna a potare i rami secchi senza però amputare l'albero della giustizia" ha detto Jorge Mario Bergoglio ricordando che "sono la credibilità della testimonianza, l'amore per la giustizia, l'autorevolezza, l'indipendenza dagli altri poteri costituiti e un leale pluralismo di posizioni gli antidoti per non far prevalere le influenze politiche, le inefficienze e le varie disonestà. Governare la Magistratura secondo virtù significa ritornare a essere presidio e sintesi alta dell'esercizio a cui siete chiamati".
Il pontefice ha detto poi ai consiglieri del Csm: "Siete stati chiamati a una missione nobile e delicata: rappresentate l'organo di garanzia dell'autonomia e dell'indipendenza dei magistrati ordinari e avete il compito di amministrare la giurisdizione. La Costituzione italiana vi affida una vocazione particolare, che è un dono e un compito perché 'la giustizia è amministrata in nome del popolo' (Art. 101)". "Nella tradizione la giustizia si definisce come la volontà di rendere a ciascuno secondo ciò che gli è dovuto - ha proseguito - "Tuttavia, nel corso della storia sono diversi i modi in cui l'amministrazione della giustizia ha stabilito 'ciò che è dovuto: secondo il merito, secondo i bisogni, secondo le capacità, secondo la sua utilità. Per la tradizione biblica il dovuto è riconoscere la dignità umana come sacra e inviolabile". "L'arte classica - ha ricordato il Pontefice - ha rappresentato la giustizia come una donna bendata che regge una bilancia con i piatti in equilibrio, volendo così esprimere allegoricamente l'uguaglianza, la giusta proporzione, l'imparzialità richiesta nell'esercizio della giustizia. Secondo la Bibbia occorre anche amministrare con misericordia". Infatti Papa Francesco ha ricordato che "la cultura della giustizia riparativa è l'unico e vero antidoto alla vendetta e all'oblio, perché guarda alla ricomposizione dei legami spezzati e permette la bonifica della terra sporcata dal sangue del fratello". "La domanda sul per chi amministrare la giustizia - ha detto Bergoglio - illumina sempre una relazione con quel ‘tu’, quel ‘volto’, a cui si deve una risposta: la persona del reo da riabilitare, la vittima con il suo dolore da accompagnare, chi contende su diritti e obblighi, l'operatore della giustizia da responsabilizzare e, in genere, ogni cittadino da educare e sensibilizzare". Infine il Papa ha ricordato l'esempio di Rosario Livatino, "il primo magistrato Beato nella storia della Chiesa, vi sia di aiuto e di conforto". "Nella dialettica tra rigore e coerenza da un lato, e umanità dall'altro, Livatino aveva delineato la sua idea di servizio nella Magistratura pensando a donne e uomini capaci di camminare con la storia e nella società, all'interno della quale non soltanto i giudici, ma tutti gli agenti del patto sociale sono chiamati a svolgere la propria opera secondo giustizia. 'Quando moriremo - sono le parole di Livatino -, nessuno ci verrà a chiedere quanto siamo stati credenti, ma credibili'. Livatino è stato assassinato a soli trentotto anni, lasciandoci la forza della sua testimonianza credibile, ma anche la chiarezza di un'idea di Magistratura a cui tendere".
Foto originali © Imagoeconomica
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