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Alla fine i venti di guerra che soffiano sull'Ucraina e che vedono contrapposte la Russia di Vladimir Putin e l'Occidente filo-Nato, con in testa gli Stati Uniti, si sono concretizzati in un attacco. E' avvenuto all'alba di oggi, giovedì 24 febbraio. Tutto ciò non può lasciarci indifferenti.
L'escalation delle ultime settimane, accompagnata dalle recenti parole del Presidente russo, in cui ricordava a tutti che qualora vi fosse stato un conflitto non ci sarebbero stati vincitori, lascia il mondo con il fiato sospeso. E l'azione di oggi, ovviamente, acuisce le preoccupazioni.
Ma come si è arrivati a questo punto?
Per dieci anni, mettendo insieme vari viaggi, ho avuto modo di visitare la Russia ed ho avuto modo di conoscere l'orgoglio di un popolo che non accetta provocazioni.
Prima di tutto, però, voglio subito chiarire ai nostri lettori che non siamo "putiniani" e che siamo fermamente contrari al suo autoritarismo. Dirò di più. Siamo consapevoli che il Presidente russo ha stretto da tempo un accordo con la mafia russa (in lingua russa Mafja) per la sicurezza dello stesso Paese.
Come? E' presto detto. Nel 1994 ebbi modo di intervistare l'ex presidente della Corte Costituzionale Valery Zorkin, il quale mi descrisse l'immagine di una Russia sofferente, vittima di una pesante corruzione politica. “Da molto tempo - mi disse allora parlando anche della Mafja - Mosca ha raggiunto un livello di corruzione sicuramente maggiore a quello di qualsiasi altro paese del mondo. L’attuale governo non ha nessuna intenzione di eliminare questo problema, probabilmente perché gli fa comodo che tutto rimanga così com’è". E poi aggiunse: "Penso che l’unico modo di risanare la situazione sia quello di sostituire le persone che gestiscono il potere nel nostro Paese e quindi ristabilire l’ordine". Manifestazione di quel livello di corruzione era il gruppo paracriminale di oligarchi che, così come ha più volte detto l'indimenticabile collega Giulietto Chiesa, si erano in qualche maniera impadroniti dello Stato, espropriando di tutto il potere economico e di ogni proprietà l'intero popolo russo.
Cosa c'entra la Mafja? C'entra nel momento in cui proprio quegli oligarchi non sono solo vicini alla Mafja (come vicino in Italia è stato l'ex Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che ha pagato per lungo tempo Cosa nostra e che con un uomo della mafia ha persino fondato un partito), ma membri.
Nei rapporti con il potere la mafia russa ha guardato con ammirazione a quella italiana, seguendone a lungo le medesime logiche e violenze.
Parliamo di strutture che non hanno nulla da invidiare, per violenza e spietatezza, ai narcotrafficanti del Sud America. Seppur secondo gli studiosi non vi sia una struttura verticistica, vi sono però forti alleanze con il potere, al punto che i capi stessi sono oggi i leader dell'economia del Paese.
E' con queste persone che Vladimir Putin ha trattato raggiungendo un nuovo equilibrio. Lo diciamo chiaramente, consapevoli che questo può anche portare ad una ripercussione, magari con la negazione del visto per un futuro viaggio in Russia.
Vladimir Putin, per riportare la Russia ai suoi fasti, a modo suo ha adottato una specie di guerra alle mafie, anche allontanando certi oligarchi (componenti stretti di quella aristocrazia mafiosa che aveva un peso nelle dinamiche interne).
Al contempo, però, si è trovato costretto a "trattare" con altri oligarchi, consapevole che le organizzazioni criminali russe formano una parte considerevole della classe dirigente ed economica del Paese.
Sono questi gruppi di potere a riciclare miliardi di euro. Sono le organizzazioni criminali a garantire un certo equilibrio interno alla Nazione. E la loro esistenza viene in un certo senso tollerata a patto che non si uccidano giudici o poliziotti.
Una trattativa Stato-mafia di colore russo.
Tra gli oligarchi spiccavano e spiccano figure di primissimo piano.
Basti pensare all'ex oligarca Mikhail Khodorkovsky, che subì una condanna per truffa e frode fiscale, per poi essere esiliato in Siberia, ai lavori forzati, e successivamente graziato proprio dal Presidente Putin.
Si pensi all'oligarca russo Boris Berezovskij, nel 2013 rinvenuto morto nel bagno della sua proprietà nel Berkshire (sud-ovest di Londra). Era lui una delle eminenze grigie della Russia durante l’era Eltsin e che era a capo di una potente organizzazione mafiosa, la Confraternita di Solntsevo. Dopo aver appoggiato in un primo momento Putin si trovò ben presto costretto a fuggire nel Regno Unito. In Inghilterra iniziò una "guerra" contro un altro oligarca, Roman Abramovich (proprietario del Chelsea Football Club).
Ed anche quest'ultimo ha i suoi scheletri nell'armadio, con accuse di riciclaggio di denaro sporco e di rapporti con la criminalità organizzata. Ed è con soggetti di questo tipo che Putin ha stretto patti, consapevole che la Russia non può permettersi di entrare in bancarotta.
Un po' lo stesso motivo per cui in Italia la lotta alla mafia viene lasciata a pochi magistrati e forze dell'ordine, e non viene affrontata mai in ambito politico. Perché i 150 miliardi di euro l'anno, approssimati per difetto, che vengono guadagnati dall'ipotetica Mafia Spa, offrono respiro alle casse Nazionali ed alle più importanti aziende del Paese. Perché le mafie, come ricordato in più occasioni da magistrati come Roberto Scarpinato, offrono servizi e contribuiscono al nostro Pil. Basti pensare che la stessa Ue, dal 2014, ha stabilito che nel calcolo del Prodotto interno lordo va inserito il traffico di droga e la prostituzione.
Dunque, è chiaro, Putin non è certo un "Santo" o un "Salvatore della Patria".
Ce lo aveva ricordato Anna Politkovskaja, la giornalista uccisa con quattro colpi di pistola nell’ascensore del condominio dove abitava, a Mosca, il 7 ottobre 2006.
Un delitto, però, che certi servizi di sicurezza hanno strumentalmente usato anche per colpire il Capo dello Stato russo.
Ma torniamo alla guerra e ciò che sta avvenendo in Ucraina.
Guardando al punto di vista internazionale, non si può dire che l'azione russa non sia logica dopo le continue provocazioni subite.
Qualsiasi Nazione, sia essa una Repubblica o meno, laddove è dotata di un esercito, è costretta a difendersi nel momento in cui si ritrova accerchiata da forze avverse.
Perché è ciò che sta accadendo nel Donbass. Putin si è trovato costretto ad agire riconoscendo la Repubblica separatista per difendersi dall'aggressione che la Nato vuole portare a termine facendo entrare all'interno del Patto Atlantico l'Ucraina.
E' ovvio che Putin non può accettare sulla parola che la Nato non invaderà mai la Russia. E' ovvio che il Presidente russo, così come fece Kennedy, quando l'Unione Sovietica iniziò l'installazione di missili a Cuba, si trovi forzato a "mostrare i muscoli".
E l'attacco di questa notte è un atto di forza che va letto in questo senso.
E per questa situazione l'Occidente ha la sua fetta di responsabilità. Perché avrebbe potuto, o meglio dovuto, intervenire scegliendo quella politica di distensione che in passato altri grandi Presidenti hanno applicato.
Mentre portava avanti il blocco navale, Kennedy si adoperava per la Pace cercando un dialogo con Nikita Krusciov. E quel dialogo con l'Unione Sovietica, prima, e la Russia, poi, è proseguito con i Carter, i Clinton, gli Obama, nonostante tutti i loro innumerevoli difetti.
Invece l'attuale Presidente Biden, assieme al resto della Nato con i suoi stati "democratici", ha proseguito la sua manovra di accerchiamento alla Russia anziché agire immediatamente con sanzioni, o azioni diplomatiche.
Putin è un autoritario che, a torto o ragione, vuole ripristinare vecchi regimi. Ma dall'altro lato della barricata non ci sono sani di mente.
Ora tutte le forze sono in campo. E parliamo di forze che sono dotate di armi nucleari.
Oggi Putin ha ribadito: "Per chi interferisce conseguenze mai viste”.
Con il rischio di una guerra atomica, lo sappiamo, non vincerà nessuno.
In questo momento è necessario che l'Occidente Europeo si svegli ed abbandoni la propria posizione, fin qui indifferente e mediocre, e scarichi il Presidente fantoccio americano.
Questa guerra rischia davvero di distruggere la storia millenaria dell'Europa, se non addirittura dell'umanità stessa.
E contro questa Russia la logica non può e non deve essere quella delle armi e degli accerchiamenti. Anche perché, lo insegna la storia, la Russia non può essere invasa. E' nella pelle e nella carne di un popolo che ha saputo resistere alle invasioni sin dai tempi di Napoleone. Se si dovesse arrivare a tanto, piuttosto che vedersi conquistato Putin potrebbe addirittura spingersi a premere quel bottone che, al netto di diecimila testate nucleari, può far morire Sansone con tutti i Filistei.
Un rischio che il Mondo non può permettersi.

Rielaborazione grafica by Paolo Bassani

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