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di Giorgio Bongiovanni

Pazzesco. Scatenato. Ribelle. In una parola: Rock.
Sono solo alcuni degli aggettivi che vengono alla mente dopo aver ascoltato "Sangue e Falsità", l’ultimo brano prodotto da Our Voice (realizzato “ad hoc” per la campagna “Indegnità QRinale”) pubblicato qualche giorno fa sul loro canale YouTube.
Un inno alla vita, un inno al futuro del Paese e alle sue sorti, bloccate tra “catene che ti stringono”, acciaio che incatena la nostra “cara Italia”, canta Simone Piovani, frontman della band del Movimento.
Un brano rock che abbatte il silenzio ipocrita del grande mainstream sui crimini della nostra classe dirigente: la più rapace d’Europa. Un rock che “grida giustizia e verità”, come scrive il Movimento Our Voice nelle pubblicazioni di lancio sui social.. Il loro rock strizza anche l’occhio ai generi più in voga oggi come la trap e il rap, nonostante affondi le sue radici nelle grandi “Millennium Hit” degli anni '70 e '80.
Già dai primi secondi, infatti, gli accordi di chitarra elettrica di Nico Di Sante, accompagnati dal violino "Cristiano Scipioni" di Andrés González Rosales, echeggiano l’“alternative rock” dei mitici Foo Fighters quando nel lontano 6 agosto 2007 pubblicarono il loro singolo “The Pretender” come primo estratto dal sesto album in studio “Echoes, Silence, Patience & Grace”.
Ma bisogna avere pazienza, lasciarsi trasportare dalle voci soavi e melodiche con cui Chiara Lautieri e Stella Di Toma intonano il primo ritornello, sedersi comodi, godersi il sound di Our Voice in cassa o in cuffia e arrivare a metà brano per assaporare l’anima indomabile di questa hit.
Due minuti e mezzo, ed è la volta di Angelo Lupo (in arte L.E.S.M.A.S) e Mattia Lautieri (in arte ALIENo) che “reppando” sui virtuosismi della Duesenberg Paloma del chitarrista si scatenano come solo due ventenni sanno fare.
Cantano. Gridano. Reppano contro un mondo ingiusto; contro Draghi; contro la mafia; contro l’ipotesi di Berlusconi al Quirinale (ormai tramontata); contro una politica lobbista fatta di ladri e maldicenti. E nel frattempo Giovanni Battista Capanna Piscè fa sentire la sua splendida batteria. Libera la grancassa della sua “Mapex”, tiene il ritmo sfondando ogni subwoofer, bacchetta i meravigliosi piatti che vibrano senza fine. In tutto ciò Francesco Iannetti pizzica le cinque corde del suo basso che accompagnano il ritmo sempre più incalzante, sempre più rock, sempre più ribelle. E perché no, sempre più incazzato. L’ascolto procede in un crescendo di straordinaria intensità, i musicisti regalano brividi autentici, Andrés con il suo violino si esprime con classe e calore tra le tessiture barocche esaltandosi nel perfetto “chorus” del gruppo. È inutile nasconderlo, la carica e la foga pervadono come quando noi nostalgici riassaporiamo l’impeto e le emozioni del Festival di Woodstock del 1969: quando i capelli erano lunghi, i pantaloni a campana e l’unica cosa che poteva fermare il mondo (o almeno era quello che si pensava) era l’amore.

“No, non ci sto
A farmi rappresentare
Uno o l’altro ma son tutti messi male
No, non ci sto
È La nostra costituzione
Io la difenderò in nome della ribellione


Non ci stanno i giovani. Non accettano questa classe dirigente e la denunciano con l’Arte. Quella sacra, con la maiuscola, che cavalca le epoche e può cambiare le coscienze. L’arte al servizio di una missione, di una lotta sociale, per il bene di una causa. Ed è con leggiadra maestria che questi giovani cantanti e musicisti di Our Voice - assieme a tutti e tutte coloro che hanno lavorato in questo brano -, sono riusciti in 5 minuti a denunciare un sistema di potere corrotto e colluso, scomodando anche alcuni mostri sacri della musica: dai Foo Fighters ai Deep Purple, dai Dream Theatre ai Led Zeppelin. Certo, la strada da percorrere è ancora lunga prima di raggiungere questi Dei della musica, ma per arrivare alle porte dell’Olimpo lo spartito è quello giusto.

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