La replica di Di Matteo: “Le sue condotte hanno cercato di influenzare le scelte del Consiglio”
Al Csm emergono, purtroppo, ancora delle logiche di minimizzazione e di superficialità nei riguardi di chi, sfruttando agganci sia nella politica che nella magistratura (come Luca Palamara), abbia cercato di ottenere vantaggi di natura personale. Nello specifico è stata portata all’attenzione del consiglio una delibera nella quale si evinceva che il magistrato Filippo Santangelo, in servizio presso la Procura della Repubblica del Tribunale di Forlì con funzioni di sostituto procuratore, aveva presentato domanda per essere trasferito presso la Procura della Repubblica del Tribunale per i minorenni di Bologna, con le funzioni di sostituto procuratore (posto vacante e non pubblicato). Le criticità emerse da questa richiesta non sono state poche. Nino Di Matteo infatti ha riferito che la prima commissione del Csm aveva acquisito intercettazioni e documenti estrapolati dalla memoria di un telefono cellulare intestato ad un imprenditore, Gianluca Pini, ex parlamentare della Lega. Queste acquisizioni erano state effettuate nell’ambito di un procedimento penale (in cui Filippo Santangelo ricopriva il ruolo di sostituto procuratore) per varie ipotesi di reato legate alla corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio e frode nelle pubbliche forniture. “Da questi messaggi si evince - ha detto Di Matteo - in maniera piuttosto evidente come il dott. Santangelo fino al 31 dicembre del 2019, oltre ad avere interloquito fino ad un certo periodo con il dott Luca Palamara” per chiedergli di continuo consigli e informazioni per i conferimenti di incarichi direttivi e semi direttivi che gli interessavano, aveva inoltre “interloquito con l’imprenditore Gianluca Pini al quale chiedeva e intanto otteneva” incontri “con altri esponenti politici tra i quali l’onorevole Ferri” sempre per la sponsorizzazione di incarichi direttivi e semi-direttivi. In particolare dalle acquisizioni si evince come “il dott. Santangelo abbia intrattenuto con il dott. Pini (in quel momento non più membro del parlamento, ndr) numerose conversazioni sulle procedure di nomina per gli incarichi direttivi ad Alessandria, Forlì, Fermo, Pistoia, Latina e Lucca e incarichi semi direttivi a Bologna e Perugia”. Inoltre “il Pini, e questo è tutto da dimostrare, avrebbe dato seguito a queste richieste attingendo notizie sull’andamento dei lavori della quinta commissione del Csm, di questo Csm, e quindi nell’attuale consiliatura, e da queste informazioni sarebbero derivate alcune iniziative da parte del dott. Santangelo come quella di revocare una domanda per un posto direttivo, di confermarne un’altra, di procedere verso una direzione piuttosto che nell’altra”. “Stiamo parlando di una condotta indubbiamente connotata da gravità molto evidenti - ha detto Di Matteo - di tentare di condizionare il Csm e le scelte del Csm” e “che sarebbe stata supportata da notizie impropriamente diffuse perché coperte dal segreto”. “Cioè noi siamo in presenza di una situazione in cui abbiamo l’aspetto evidente di un magistrato” che “si rivolge al canale politico perché il politico, o ex tale, sfrutti la sua influenza politica all’interno del consiglio superiore della magistratura” ha concluso Di Matteo, sottolineando che Santangelo ha anche strumentalizzato “nella maniera più odiosa quel potere enorme che hanno i pm”, ossia quello di indagare i cittadini “e che poi questo pm una volta che ha indagato più volte quel cittadino gli ha chiesto i favori per ottenere il buon esito delle sue domande”. Il plenum non ha ritenuto abbastanza incisive le argomentazioni mosse dal consigliere togato come dimostrato dai numeri: 15 voti favorevoli al trasferimento, 5 contrari e 3 astenuti. Durante la seduta sono stati pochi i consiglieri che hanno preso la parola per cercare di spiegare il perché della decisione presa. La consigliera Paola Maria Braggion ha detto che le parole di Nino Di Matteo sono “assolutamente condivisibili nel merito” tuttavia “la commissione ha pensato che se si occupa (il pm Santangelo, ndr) di reati dei minori questi non hanno nulla a che fare con l’imprenditoria”. Mentre la consigliera Elisabetta Chinaglia ha precisato che per questa delibera “siamo chiamati a valutare” solo “il profilo attinente alle competenze della prima commissione, cioè alla compatibilità di sede e funzione”.
Naturalmente nessun consigliere ha voluto con le sue dichiarazioni avallare o giustificare l’operato di Palamara o dei suoi sodali ma non si può fare a meno di notare come certe decisioni vengano motivate in maniera troppo semplicistica senza, oltretutto, tenere conto della doverosa presa di posizione morale ed etica che tutto il Consiglio è chiamato a prendere.
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