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Di Matteo: "Incarico lede il prestigio della magistratura"

La ministra Cartabia chiede e il Csm (per fortuna non tutto) acconsente. Ha fatto molto discutere la scelta della ministra della Giustizia Marta Cartabia di indicare come propria consigliera per le politiche di innovazione amministrativa il magistrato Antonella Ciriello, membro del  Comitato direttivo della Scuola della magistratura, competente sulla formazione e sull'aggiornamento di giudici e pm. Un fronte ampio di consiglieri infatti ha visto un pericolo per l'immagine di indipendenza della magistratura, derivante dalla commistione tra i due ruoli e aggravato dalla circostanza che l'incarico al ministero è retribuito con un compenso annuo lordo di oltre 51mila euro. Tuttavia la conferma dell’incarico è passata, anche se di poco, con 14 voti a favore e 10 contrari, tra cui anche quello del consigliere togato Nino Di Matteo, primo nel consiglio ad aver sollevato delle criticità: “Avevo votato contro anche in occasione della precedente delibera e voterò contro anche in questa occasione. Perché ritengo che possa nuocere al prestigio della magistratura autorizzare un incarico di questo tipo - di stretta collaborazione con il ministro della giustizia - ad un componente del comitato direttivo della scuola superiore della magistratura. Sappiamo quali sono i compiti della scuola superiore - ha detto Di Matteo - sappiamo quali sono all’interno della scuola superiore i ruoli e le funzioni che i componenti del comitato direttivo ricoprono e quanto tra queste funzioni sia importante anche per la scuola superiore della magistratura trasmettere a vari livelli tutto il patrimonio che riguarda anche il concetto di indipendenza della magistratura dagli altri poteri e dal potere esecutivo”. “Mi pare - ha aggiunto il magistrato - che possa nuocere all’immagine della magistratura, all’indipendenza della magistratura e alla indipendenza della scuola superiore della magistratura il dato che un componente del comitato direttivo accetti un incarico retribuito con 51 mila euro all’anno di diretta collaborazione come consigliere per le politiche di innovazione amministrativa con un organo dell’esecutivo”.
Le scelte del Consiglio Superiore possono non essere condivisibili e pur rispettando il ruolo che il Csm detiene non può non passare inosservato il fatto che ogni volta che si tratta di accontentare l’esecutivo si evochi il mantra della “leale collaborazione fra le istituzioni”.
Decantato anche questa volta dal consigliere di Unicost Michele Ciambellini. E’ vero, anzi verissimo che tale rapporto deve esistere, sempre che non diventi unilaterale.
Di situazioni analoghe ne abbiamo già viste in passato. Per esempio quella del 22 Luglio quando il Csm - riunito in seduta plenaria - aveva autorizzato (con solo tre voti di scarto, 8 i contrari e 11 a favore) sei magistrati a far parte della Commissione per la giustizia al Mezzogiorno (istituita dalla guardasigilli Marta Cartabia e dalla ministra per il Sud, Mara Carfagna) con lo scopo di individuare e risolvere le carenze nelle strutture giudiziarie del Meridione, comprese la risoluzione delle questioni che riguardano la logistica e l'informatizzazione. Durante la seduta  il consigliere togato Nino Di Matteo ed il collega Sebastiano Ardita (che avevano espresso il loro voto contrario) avevano individuato delle criticità all’interno della proposta. Ma anche in quel caso le argomentazioni erano state ignorate dalla maggioranza e sacrificate sull’altare della “leale collaborazione fra le istituzioni”.
Più volte, in passato, abbiamo definito il Csm come un Sinedrio che ostacolava il lavoro dei propri servitori. Come dimenticare il Csm ai tempi di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, tra i più nefasti della storia nonostante vi fossero anche allora delle sane opposizioni.
Troppo spesso quest’organo, sulla carta indipendente, si è lasciato contagiare da logiche politiche e di corrente. E ancora oggi non mancano le “simbiosi” con il potere politico. La speranza è rappresentata dalla presenza di magistrati come Nino Di Matteo, Sebastiano Ardita, e altri come loro, che stanno portando un vento di cambiamento. Un rinnovamento che mira verso una magistratura più giusta e indipendente.

Nuovo procuratore aggiunto a Roma. Per il Csm: irrilevante il coinvolgimento con Palamara
Il plenum del Csm ha scelto come nuovo procuratore aggiunto a Roma il pm Sergio Colaiocco, ma ancora una volta la divisione regna sovrana. Con tredici voti a suo favore Colaiocco si prende il posto di procuratore aggiunto nella capitale mentre il suo  collega, Nicola Maiorano, ha preso otto voti, tra cui quello del consigliere togato Nino Di Matteo. Il nuovo procuratore romano si è occupato in passato di numerose inchieste che hanno riguardato esponenti di primo piano della politica nazionale, da Romano Prodi a Silvio Berlusconi, ma anche di fatti di cronaca, come l'omicidio di Vanessa Russo, nel 2007 nella metropolitana di Roma. E di numerosi casi di sequestro di italiani all'estero, come quelli di Silvia Romano e del padre gesuita Paolo dall'Oglio. Massimo rispetto per i meriti, tuttavia durante la seduta plenaria sono emerse delle criticità, evidenziate ancora una volta da Di Matteo, che fanno emergere l’incapacità del Csm di staccarsi da determinate dinamiche interne.
“Il mio intervento vuole riguardare un altro aspetto che mi stupisce non essere stato finora affrontato e soprattutto non aver formato oggetto delle due proposte di delibera".
Emerge “una situazione purtroppo emblematica, tipica, a mio avviso, di una vera e propria degenerazione del sistema correntizio e di una vera a propria patologia di certe prassi consigliari”, ha detto Di Matteo spiegando che con questo sistema patologico “le domande per partecipare ad un incarico direttivo vengono troppo spesso presentate, coltivate e se del caso revocate - anche in extremis - dopo la proposta della commissione e pochi giorni prima della delibera assembleare su indicazione” del consigliere appartenente alla “corrente alla quale appartiene o aderisce il candidato”. “Il candidato - ha detto il magistrato - che aderisce a questo sistema, per me assolutamente patologico, sa che prima o poi verrà ricompensato” o almeno conta “prima o poi di essere ricompensato”.
Per Di Matteo lo schema suddetto si sarebbe verificato anche nel caso di Sergio Colaiocco, il quale - ha riferito il consigliere - durante “un precedente concorso per il conferimento per l’incarico di procuratore aggiunto presso la procura di Roma” revocò “la sua domanda di partecipazione al concorso” e che la cosa sarebbe avvenuta quando Colaiocco si scriveva via chat con l’allora membro del Csm Luca Palamara.
Nelle chat infatti i due magistrati si scambiano indicazioni esplicite su come procedere e quando. Colaiocco a Palamara: “Ho nuovamente rifiutato con decisione profferta M.I ma loro insistono che mi vogliono indicare. In sostanza mi rimetto a te. Anche se sono perplesso se revocare proprio. Datemi 48 ore di tempo per farlo con serenità. Adesso non me la sento mi spiace”. Risposta di Palamara: “Sergio questo è lo scenario che già conoscevi di cui abbiamo parlato ieri perché serve solo a creare opposizione. Però ovviamente decidi tu. Un abbraccio”.
Il 19 settembre il dott. Colaiocco aveva scritto ancora a Palamara: “Resto in attesa di tue istruzioni” e il 2 ottobre Colaiocco trasmette l’attachment (allegato) con la richiesta di revoca presentata al consiglio e Palamara (come solito fare anche in altre occasioni) aveva risposto: “Grande!!!” con tre punti esclamativi.
“Io non so se quello che si scrivono o si dicono corrisponde in pieno alla verità”, ha commentato Di Matteo, “ma pone un problema secondo me evidente: siamo in presenza di un candidato” concorso per lo stesso incarico “che rispetto ad una domanda per un posto così importante, così di responsabilità, rispetto alle decisioni che deve prendere o che può prendere circa la revoca della domanda, dopo la proposta della commissione si affida a Palamara. Attende le istruzioni, utilizzo le sue espressioni, di Palamara.
Allora io vi dico che rispetto a queste cose mi sarei aspettato una analisi da parte della quinta commissione. Ma visto che l’analisi non c’è stata allora io vi dico che esprimerò il mio voto a favore dell’altro candidato, il dott. Maiorano, perché ritengo che chi aspiri ad un posto di cotanta responsabilità e così importante non vi può aspirare legittimamente ove abbia dimostrato per un altro concorso per lo stesso incarico di aderire a certe logiche. Che sono le logiche per cui la sua domanda doveva seguire le sue istruzioni da parte del consigliere  di riferimento della sua corrente”.
Per il Csm tale discorso non sta in piedi. Infatti, come illustrato dal consigliere Ciambellini, gli esami sulle carte di Colaiocco in riferimento ai suoi rapporti con Palamara sono state oggetto di verifica da parte della commissione la quale ha deciso di considerale “non rilevanti a fini della presente procedura”.
Inoltre Ciambellani ha aggiunto che il candidato alla fine avrebbe agito in maniera “moderata” poiché aveva scritto: “Datemi 48 ore di tempo per farlo con serenità”.
Rimanendo nel massimo rispetto per le decisioni del Csm un dato oggettivo emerge da quest’ultimo plenum: le forme degenerate di certi comportamenti legati al sistema correntizio rappresentano ancora per la maggior parte dei membri del consiglio condotte facilmente sdoganabili e non necessariamente censurabili.

Foto © Imagoeconomica

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