La Procura di Caltanissetta pronta ad aprire un'inchiesta
L'ex killer di Cosa nostra catanese, Maurizio Avola, collaboratore di giustizia dal 1994, rischia seriamente di essere indagato dalla Procura di Caltanissetta. L'accusa? Calunnia ed autocalunnia per quelle sue dichiarazioni agli stessi magistrati e raccontate anche a Michele Santoro nel libro “Nient'altro che la verità” (edito da Marsilio), scritto assieme al contributo di Guido Ruotolo.
Già il giorno dopo la presentazione nello speciale “Mafia - La ricerca della verità” realizzato dal TgLa7 e da La7 condotto da Enrico Mentana, la Procura nissena aveva diramato un comunicato ufficiale in cui si affermavano le falsità dette da Avola rispetto al suo coinvolgimento nella strage di via d'Amelio.
Dichiarazioni che si aggiungevano a quelle espresse nei processi sul suo presunto ruolo nella strage di Capaci, e di quanto apprese sull'arrivo di un artificiere di Cosa nostra americana, appartenente alla famiglia di John Gotti, per l’attentato a Falcone.
Come evidenziato da Saverio Lodato nel suo ultimo editoriale, è evidente che in quelle dichiarazioni vi sia l'indicazione di "escludere l'odore di zolfo di servizi, deviati o tutti di un pezzo che siano, dietro le grandi stragi che hanno insanguinato l’Italia dal 1992 al 1994". Almeno è questa la lettura che Santoro fa delle parole di Avola.
Perché l'immagine che se ne ricava è quella di una Cosa nostra che non ha mai ricevuto ordini e che da sola è stata capace di mettere a soqquadro un intero Stato.
"Altro che le menti raffinatissime che dirigono la mafia dall’esterno, denunciate dallo stesso Giovanni Falcone in un’intervista, all’indomani dell’agguato fallito all’Addaura, tre anni prima della strage di Capaci. Non ne teniamo conto?" si chiedeva sempre Lodato.
E' quel gioco al ribasso che da qualche tempo una certa politica, certi intellettuali e giornaloni, cercano di far credere.
Ma la verità è ben altra.
Come riportato oggi dal quotidiano La Repubblica, non sarebbero poche le contraddizioni palesi e le assurdità che fanno pensare al rischio di un nuovo depistaggio su quella stagione terribile. Ed i magistrati nisseni (il procuratore reggente Gabriele Paci ed il sostituto Pasquale Pacifico) che in questi anni sono tornati ad indagare sulle stragi e sui concorrenti esterni che possono aver partecipato al delitto, hanno cercato eventuali riscontri.
E a quanto pare gli stessi sarebbero del tutto assenti. Ergo, Avola (che fu già espulso dal programma di protezione perché faceva rapine in banca), sarebbe foriero di menzogne e falsità.
Secondo quanto riportato dal collega Salvo Palazzolo su La Repubblica l'ex killer catanese si è recato con i magistrati e gli investigatori in via Villasevaglios, è la strada dove, come raccontato dal pentito Gaspare Spatuzza, si trova il garage utilizzato dai boss di Brancaccio per imbottire di esplosivo l’autobomba per Borsellino.
E' anche quello il luogo in cui l'ex boss di Brancaccio ha detto di aver visto, mentre consegnava la Fiat 126, un uomo che non apparteneva a Cosa nostra.
“La persona che era nel garage in cui portammo la 126 usata per la strage non era di Cosa nostra. Ne sono convinto - disse Spatuzza ai giudici nel 2013 durante la deposizione al processo Borsellino quater - Ho una diapositiva in testa e in questi anni ho cercato di mettere a fuoco questa persona. Ho fatto pure una descrizione, effettuando un riconoscimento fotografico ma non è che posso dire cose. Tra le possibilità c'è che possa appartenere alle forze dell'ordine e la mia vita la gestiscono loro, sono io la prima persona ad avere interesse a vederla in carcere. Ma proprio non ricordo. Questo è un mistero fondamentale da risolvere e io sono qui per la verità”. Quindi forniva un ulteriore aspetto su quel “mister X” non appartenente a Cosa nostra. “Ribadisco di non averlo mai visto prima, né dopo nessuno mi ha mai detto chi fosse”.
Oggi Avola sostiene che quell'uomo era lui o Aldo Ercolano, ma una volta sul posto non avrebbe neanche saputo indicare lo scivolo del garage. E quando i pm e gli investigatori della Dia lo hanno portato nello scantinato dei boss, non avrebbe riconosciuto la saracinesca.
Nel corso della trasmissione di La7 Michele Santoro si è domandato se a Spatuzza fosse stata mostrata l'immagine di Avola. Ebbene, i pm nisseni lo hanno fatto e l'ex boss di Brancaccio ha riferito di non averlo mai visto.
C'è poi il dato, già espresso nel comunicato diffuso dopo la trasmissione, che Avola fu fermato il giorno prima della strage di via d'Amelio (il che esclude quanto da lui dichiarato sulla sua presenza a Palermo nei giorni precedenti l'attentato). Gli agenti annotarono nella relazione di servizi, recuperata dalla Dia, che lo stesso aveva un braccio ingessato.
Avola si sarebbe giustificato a sostenere che era un falso gesso, per crearsi un alibi. Ma tra i documenti ritrovati dagli investigatori c'è anche la radiografia del braccio rotto.
Anche il dato della sua presenza a Palermo assieme ad Aldo Ercolano viene messo in discussione. Il motivo? Il boss catanese, legatissimo a Santapaola, era sorvegliato speciale. Come poteva trovarsi nel capoluogo siciliano sfuggendo agli stretti controlli a cui era sottoposto?
A questo punto i magistrati nisseni vogliono capire perché Avola, solo ora, ha iniziato a parlare di certi temi e, soprattutto, perché stia mentendo. E' farina del proprio sacco o c'è qualcuno che lo ha spinto a raccontare queste falsità?
L'obiettivo di questa sporca operazione è chiaro: allontanare definitivamente ogni sospetto rispetto alle presenze esterni di Cosa nostra nella strage. E ciò avviene non solo nel periodo delle commemorazioni, ma soprattutto mentre sono in corso processi delicati come quello sulla trattativa Stato-mafia (domani ha inizio la requisitoria nel processo d'Appello) e sono aperte nuove indagini sulla stagione delle stragi con Firenze che ha aperto un fascicolo sui mandanti esterni che vede indagati Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri.
Per non parlare, come ricordato da Lodato, delle "centinaia di pagine popolate da fosche e inquietanti figure istituzionali, e para istituzionali, che smentiscono documentalmente la favoletta buona per tutte le stagioni, persino per gli anniversari, che Cosa Nostra per decenni e decenni fece tutto da sola".
Di tutto questo, oggi come in passato, non si è parlato nel giorno delle commemorazioni e delle passerelle farsa. Restano le ipocrisie, la retorica, e le pubblicazioni che contribuiscono a confondere ancor di più il quadro della verità.
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