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Proposta una Commissione d'inchiesta. In Parlamento è scontro. Di Matteo: "C'è già il Csm che sanziona..."

Da sempre la politica in Italia, infastidita da inchieste e processi, ha sempre cercato di mettere bavagli e guinzagli alla magistratura, condizionandola o controllandola, bypassando quel criterio per cui quest'ultima dovrebbe essere libera ed indipendente. L'ultima proposta sollevata dal centrodestra e da Italia Viva, per costituire una commissione parlamentare che indaghi sul lavoro del Consiglio Superiore della Magistratura, nello specifico sulle vicende che hanno interessato la Procura di Perugia in merito allo scandalo del “Sistema” venuto alla luce dalle chat dell’ex presidente dell’Amn Luca Palamara, va in questa direzione.
Per il momento contro questa malsana idea di ingerenza si sono schierati il Partito Democratico ed il Movimento Cinque Stelle, ma è chiaro che il braccio di ferro è iniziato e in vista delle future riforme, nell'ottica del mantenimento degli equilibri di governo Draghi, la partita è assolutamente aperta.
Nello specifico la proposta è stata depositata da Forza Italia nelle commissioni Affari costituzionali e giustizia di Montecitorio e porta le firme di molti esponenti del centrodestra: l’ex capogruppo dei berlusconiani Mariastella Gelmini (diventata ministra degli Affari regionali) Riccardo Molinari della Lega e Francesco Lollobrigida di Fratelli d’Italia.
In merito alla questione si è espresso con forza il consigliere togato del CSM Nino Di Matteo. "Per mia formazione non sono mai pregiudizialmente contrario alle inchieste e agli approfondimenti in sede parlamentare, purché non diventino terreno di scontro tra fazioni o, ancor peggio, strumento per limitare le prerogative costituzionali di autonomia e indipendenza della magistratura dal potere politico - ha spiegato all'Adnkronos il magistrato - io continuo a credere che la sede istituzionale propria per individuare, sanzionare e prevenire in futuro le gravi patologie del Sistema, sia il Consiglio superiore della magistratura. In questa direzione continuerò ad impegnarmi con tutte le mie forze".
Ed è proprio questo uno dei punti cardine nel momento in cui la proposta che viene da un pezzo di Parlamento è palesemente fuori dalle regole costituzionali nel momento in cui si pretende di esercitare un potere che non è proprio e che dovrebbe essere esclusivo di organi di governo della magistratura. E nulla c'entrano i giudizi "politici", come invece vorrebbe far credere Pierantonio Zanettin, capogruppo di Forza Italia in commissione Giustizia a Montecitorio ed ex consigliere Csm.
Dello stesso avviso anche il deputato Andrea Ruggeri (sempre di Forza Italia), "il dottor Di Matteo faccia il suo lavoro e non si preoccupi di quello del Parlamento. La commissione d'inchiesta non vuole sanzionare, ma appurare e far conoscere agli italiani se c'è mai stato o ci sia un uso distorto della giustizia che si dovrebbe amministrare in nome degli italiani, non di un ordine fattosi potere. Scelga lui tra una difesa cieca e corporativa, e l'interesse degli italiani per la verità".
Certo fa specie osservare che certe critiche provengono da soggetti appartenenti a quel partito che è stato fondato da un uomo della mafia (Marcello Dell'Utri, condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa) e da uno che la pagava (Silvio Berlusconi), entrambi oggi indagati come mandanti per le stragi del 1993 dalla Procura di Firenze. Forse, prima di parlare, dovrebbero indagare all’interno del proprio partito e fare pulizie generali sui coinvolgimenti di propri esponenti con le mafie.
Nel frattempo c'è da aggiungere che Di Matteo non è stato l'unico critico rispetto alla proposta parlamentare.
Anche l'ex pm Antonio Ingroia è intervenuto e se da una parte si è detto favorevole ad un "approfondimento sul 'sistema' di cui parla Luca Palamara", il quale è stato fonte di "condizionamento da parte della politica nei confronti delle carriere dei magistrati e quindi della giustizia" dall'altro non crede che questa sia la giusta via.
"Vorrei poter dire che qualcuno dei promotori della commissione d'inchiesta non è esente da colpe - ha detto l'ex pm, oggi avvocato - e che tutto il sistema della politica ha cercato in ogni modo e in modi diversi di condizionare la magistratura per le proprie finalità e i propri obiettivi, condizionando la carriera dei magistrati" e ancora "è stato il Pd, e Forza Italia, i partiti che sono stati di volta in volta al governo, nessuno, in misura diversa, è stato esente, ma hanno cercato di condizionare la carriera dei magistrati per procurarsi impunità. Questo era l'obiettivo, scatenando eventualmente il magistrato contro il proprio avversario politico, diverso, a seconda di chi stava al potere in quel momento, e contemporaneamente assicurando impunità verso se stessi".
Proporre questo tipo di Commissioni, è evidente, rappresenta l'ennesimo tentativo di attacco alla magistratura ed alla sua indipendenza. E ciò avviene in un momento in cui è sempre più netta la differenza tra una magistratura, capace di processare sé stessa (nonostante i suoi difetti) ed una politica incapace, nei suoi uomini, di fare i conti con le proprie malefatte. E la prova è nella decisione del Senato di ripristinare la pensione all'ex presidente della Regione Lombardia, Roberto Formigoni, condannato in via definitiva per corruzione e ora ai domiciliari. Qui sì che si dovrebbe aprire una Commissione di inchiesta.

Foto © Imagoeconomica

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