Il pm Nino Di Matteo risponde alle domande di Saverio Lodato
di Giorgio Bongiovanni
Nei giorni scorsi, a Palermo, davanti alla Corte d'Assise d'Appello si è riaperta l'istruttoria dibattimentale del processo d'Appello sulla cosiddetta trattativa Stato-Mafia. Un anno fa, proprio in questi stessi giorni, usciva il libro "Il Patto Sporco" (edito da Chiarelettere), scritto a quattro mani dal magistrato Nino Di Matteo (pm di punta del processo Stato-Mafia che ha rappresentato l'accusa assieme ai colleghi Francesco Del Bene, Vittorio Teresi e Roberto Tartaglia) assieme al nostro editorialista, il giornalista scrittore, Saverio Lodato.
Un libro che non parla solo del processo che si è concluso il 20 aprile 2018 con le pesanti condanne in primo grado nei confronti dei boss Leoluca Bagarella ed Antonino Cinà, ma anche degli ufficiali del Ros Antonio Subranni, Mario Mori e Giuseppe De Donno insieme all'ex politico di Forza Italia Marcello Dell'Utri. Perché nel dialogo tra i due autori viene ripercorsa la carriera professionale del pm Di Matteo, che negli ultimi vent'anni è stato uno dei magistrati più impegnati nel contrasto alla lotta alla mafia. Da sostituto procuratore della Repubblica a Caltanissetta, Palermo ed oggi come sostituto procuratore nazionale antimafia ha indagato sulle stragi dei magistrati Chinnici, Falcone, Borsellino e delle loro scorte, e sull’omicidio del giudice Antonino Saetta. Ha ottenuto pesanti condanne per mafiosi, politici e colletti bianchi occupandosi anche di processi importanti come quello a politici come il Presidente della Regione Sicilia, Totò Cuffaro, e al deputato regionale Giovanni Mercadante, o al funzionario dei servizi segreti Ignazio D’Antone. Ha messo sotto processo anche le “talpe” alla procura di Palermo. Un percorso, il suo, difficile ma sempre rivolto alla ricerca dei mandanti esterni delle stragi del 1992-1993. E' proprio a Caltanissetta, nel processo Borsellino ter condotto assieme al magistrato Anna Maria Palma, che per la prima volta durante il processo, che ha portato alla condanna dei principali capimafia della Cupola, si fa riferimento proprio alla presenza dei mandanti esterni in quei delitti. Parallelamente al processo condotto a Firenze dal pm Gabriele Chelazzi, sulle stragi in Continente, emerse chiaramente l'esistenza della trattativa Stato-Mafia.
Lodato, nelle pagine del libro, chiarisce subito il suo intento: “Volevo che parlasse il magistrato, parlasse l’uomo, protagonista e testimone di un processo destinato a lasciare il segno”.
Ciò avviene in un confronto dove vengono ripercorsi i momenti salienti dei cinque anni di dibattimento, attraversando anche i momenti più drammatici e di tensione, come il conflitto di attribuzione sollevato dal Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, oppure la condanna a morte ricevuta direttamente dal Capo dei capi, ormai deceduto, Totò Riina.
Parole a cui si sono aggiunte le rivelazioni del collaboratore di giustizia Vito Galatolo, figlio di uno dei capimafia più importanti di Palermo. L’ex boss dell’Acquasanta, pentitosi nel novembre 2014, aveva parlato di un progetto di attentato, mai revocato, deliberato sin dalla fine del 2012. Interrogato dai pm aveva riferito di una richiesta inviata con una lettera da Matteo Messina Denaro letta in un summit ristretto a cui partecipò assieme al suo vice, Vincenzo Graziano, ed i capi mandamento di San Lorenzo e Porta Nuova, Girolamo Biondino e Alessandro D’Ambrogio. Inoltre aveva spiegato anche il motivo per cui il pm doveva essere ucciso: “Si era spinto troppo oltre”. Quindi aveva raccontato dell'arrivo, nel capoluogo siciliano, di centocinquanta chili di tritolo, provenienti dalla Calabria, proprio per uccidere il magistrato. Un progetto di attentato che secondo le indagini della Procura di Caltanissetta è "ancora operativo".
Da vent'anni sotto scorta, oggi Di Matteo è il magistrato più scortato d'Italia con tutte le limitazioni nella vita quotidiana che una condizione simile comporta.
Anche questo aspetto viene affrontato nel libro.
In un capitolo, inoltre, si parla in maniera approfondita anche della mafia di oggi ed in particolar del ruolo del superlatitante più famoso del mondo, Matteo Messina Denaro. Rispondendo a Saverio Lodato il magistrato chiarisce non solo l'importanza del boss di Castelvetrano, ma anche la probabilità che sia, se non il capo, l'esponente più importante di Cosa nostra in quanto “depositario di tutti i segreti delle stragi”.
Un'opera che assume ancora più valore quando, nella parte finale, rispondendo alle domande poste da Saverio Lodato, in maniera sintetica e scorrevole il magistrato riassume le oltre cinquemila pagine di sentenza del processo Stato-Mafia passando in rassegna, senza troppi termini tecnici, i fatti inquietanti e drammatici che si sono succeduti nel terribile biennio '92-'94 nel quale si consumarono le stragi. Per questo motivo consideriamo il libro come un prezioso vademecum che può aiutare tanti giovani studenti e tanti cittadini a farsi un'idea sul passato ma anche sul futuro per affrontare il problema mafia recidendo definitivamente il rapporto delle organizzazioni criminali con parte delle istituzioni dello Stato italiano.
Per un anno intero "Il Patto Sporco" è girato nelle librerie ed è stato presentato in varie città d'Italia. Prezioso - in tal senso - il contributo dei ragazzi di ANTIMAFIADuemila che hanno garantito dirette streaming ed iniziative territoriali.
Questo libro ha il merito di accendere un faro su una sentenza che è stata taciuta a lungo e che ha trovato spazio sulla grande stampa solo nel giorno della sua emissione o in quello del deposito delle motivazioni. Troppo poco. Per questo abbiamo scritto nel titolo "Un anno (nero) di Patto Sporco". Perché nonostante del libro abbiano parlato personaggi importanti del mondo dell'arte, della cultura, del cinema, della televisione, del giornalismo e della magistratura (di seguito si può leggere l'elenco dei nomi, ndr); nonostante gli articoli scritti in questo anno, ed altre pubblicazioni sull'argomento, non possiamo non constatare il grande silenzio che è ruotato attorno alla sentenza Stato-Mafia. E' vero si è solo ad un primo grado di giudizio ma i fatti restano fatti e non possono essere cancellati.
Un tema scomodo che vuole essere dimenticato e taciuto.
Ma cosa aspettarsi in un Paese dove il tema mafia viene considerato come un tabù in ambito politico?
Magistrati come Nino Di Matteo, Giuseppe Lombardo, Nicola Gratteri, ed altri, hanno più volte ricordato come i governi, ieri come oggi, non parlino mai di questo argomento. Un punto che non viene mai inserito ai primi posti dell'agenda politica sottovalutando, nella migliore delle ipotesi, il problema.
Eppure i 150 miliardi della "Mafia Spa" vengono relazionati dagli addetti ai lavori così come gli 80 miliardi derivanti dal traffico internazionale di stupefacenti il cui monopolio mondiale è in mano alla 'Ndrangheta, seguita da Cosa nostra e Camorra.
Se a questo aggiungiamo gli innumerevoli misteri che si nascondono dietro ai grandi delitti che hanno attraversato la storia del nostro Paese e su cui ancora oggi vige il sigillo del Segreto di Stato si comprende perché di trattativa Stato-Mafia non si vuole parlare.
Speriamo che tra un altro anno si possa giungere ad una verità diversa. Che lo Stato italiano, finalmente, si decida a contrastare concretamente il Sistema criminale integrato.
O è solo un'utopia?
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