di Giorgio Bongiovanni
Ma il Governo italiano resta in un silenzio colpevole
Nei giorni scorsi i colleghi di La Repubblica, Emanuele Lauria e Giorgio Ruta, hanno fatto uno scoop individuando l'abitazione in cui vive l'ex militare della dittatura argentina, Carlos Luis Malatto (in foto): il complesso turistico di Portorosa, in provincia di Messina, a pochi passi dal mare, circondato da casette a schiera e yacht di lusso con la possibilità di muoversi liberamente a bordo della propria macchina (una Mercedes Slk azzurra). Malatto è a tutti gli effetti un latitante su cui pende una taglia di 100mila pesos da parte del tribunale di San Juan. In Argentina, infatti, il Paese da dove è fuggito dieci anni orsono, è accusato di sequestri, torture e sparizioni di avversari politici. Anche in Italia è indagato per 4 omicidi, sempre risalenti al periodo della dittatura argentina, grazie alla denuncia presentata dalla Onlus "24marzo", guidata da Jorge Ithurburu. L'associazione, nel 2015, è riuscita a ottenere, dall’allora Guardasigilli Andrea Orlando la possibilità di intraprendere un'azione giudiziaria in Italia (l'indagine è aperta a Roma) per i reati commessi in Argentina tra il 1975 e il 1977 quando era tenente nel Reggimento di Fanteria di Montagna dell'esercito argentino.
E' accusato degli omicidi di Juan Carlos Cámpora, fratello dell'ex presidente della República Argentina Héctor José Cámpora, e rettore dell'Universidad Nacional de San Juan; per l'assassinio, la tortura e le violenze sulla modella franco-argentina Marie Anne Erize Tisseau, coraggiosa donna che aiutava gli argentini a fuggire in Francia durante la dittatura; per l'omicidio di Jorge Alberto Bonil, un ragazzo che faceva il militare nel reggimento comandato da Malatto; per la morte di José Alberto Carbajal, vicino ai montoneros ed ai peronisti.
Come è possibile che un personaggio simile sia ancora libero nel nostro Paese?
L'ex militare fuggì prima in Cile e poi, in virtù del possesso del passaporto italiano, si recò in Liguria, per poi spostarsi a Calascibetta, in provincia di Enna, dove ha abitato fino al maggio 2018. Ed oggi, sempre rimanendo in Sicilia, ha scelto di vivere a Furnari.
Addirittura avrebbe anche chiesto al municipio informazioni per avviare le pratiche di matrimonio con una donna.
Le sentenze delle Corti argentine dimostrano chiaramente come Malatto abbia "partecipato attivamente a diverse procedure di detenzione ed è uno dei più indicati dalle vittime per la partecipazione a interrogatori sotto tortura". Lo si legge nella sentenza del 3 settembre 2013, in cui non mancano i racconti delle orribili violenze e dei crimini commessi dallo stesso. In un'altra sentenza, quella della Corte d'Appello di Mendoza, datata 16 febbraio 2011, viene anche chiamato in causa da 16 testimoni. Una sentenza che, per assurdo, non è stata mai trasmessa in Italia dall'Argentina che ne ha chiesto l'estradizione. Estradizione che è stata bloccata in maniera incomprensibile dalla giustizia italiana.
Nell'aprile 2013, infatti la Corte d'Appello de L'Aquila aveva qualificato come crimini contro l'umanità, pertanto imprescrittibili, i reati a lui ascritti, confermando la sussistenza delle condizioni per l'estradizione. Poi, il colpo di scena: la Cassazione il 17 luglio 2014, pur ammettendo che Malatto "ha fatto parte di un gruppo di lavoro dedito a torture e violenze", non ha ravvisato indizi sufficienti a carico dell’ex tenente e ribaltò la decisione della Corte d'Appello dichiarando non sussistenti le condizioni per l'accoglimento della domanda di estradizione avanzata dalla Repubblica argentina. Di conseguenza, l'Argentina non ha potuto condannare Malatto.
L'allora ministro della giustizia Orlando bypassò il problema, in base all'articolo 8 del nostro codice penale, firmando l'autorizzazione a processarlo in Italia. Tuttavia, ad oggi, come hanno documentato i due giornalisti, Malatto, difeso dell’avvocato Augusto Sinagra, già legale di Licio Gelli ed egli stesso iscritto alla P2, vive libero e tranquillo nel nostro Paese ed è qui che si nasconde l'ipocrisia più grande.
Non capiamo il perché una persona che è indagata per omicidio non venga quantomeno arrestata per evitare il pericolo di fuga.
Cosa vuole fare il Governo gialloverde, del (non) cambiamento, per rendere giustizia ai familiari delle vittime argentine e non essere complice di questi criminali? Davvero l'Italia vuole essere considerata come il Paese dove i torturatori latinoamericani possono rifugiarsi allegramente?
I legali dell'associazione delle vittime della dittatura hanno presentato una nuova richiesta di arresto e alcune fonti del tribunale di San Juan hanno anche annunciato che da Buenos Aires sarebbe partita già da diversi mesi una nuova richiesta di estradizione.
Quale sarà la risposta del Governo ed in particolare del ministro della Giustizia Alfonso Bonafede? Saprà dare, come necessario, una risposta politica forte e di rottura? Continuare a lodarsi di essere il Governo in cui si lotta contro la mafia, la corruzione ed il terrorismo, per poi tenersi in casa un feroce e sanguinario rappresentante della dittatura sarebbe un nuovo scandalo. L'ennesimo, purtroppo, che colpisce l'Italia.
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