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Presentato al Senato della Repubblica l’ultimo libro di Carlo Palermo
di Giorgio Bongiovanni, Davide de Bari e Karim El Sadi - Foto e audio integrale

“Tutta la storia che avete raccontato parte da Yalta. Non solo quella di tutte le stragi in Italia, ma anche di tutte quelle internazionali; non c’è un caso Moro o Ustica o Portella della Ginestra. C’è un disegno di un governo del mondo che vuole ridurci in schiavitù, anche dal punto di vista cerebrale. Per questo motivo è quasi impossibile controllare e arrivare a documenti”. E’ con queste parole che la figlia dello statista Aldo Moro, Maria Fida Moro, è intervenuta durante la presentazione del libro “La Bestia”, scritto dell’ex magistrato e sopravvissuto alla strage di Pizzolungo Carlo Palermo, che si è tenuta a Roma in Senato. Per l’occasione erano presenti a Palazzo Madama numerose vittime di mafia tra cui il fratello del magistrato Paolo Borsellino, Salvatore, Margherita Asta, figlia di Barbara Rizzo e sorella di Giuseppe e Salvatore Asta, morti nella strage di Pizzolungo, e Rosaria Costa, vedova dell’agente Vito Schifani che perse la vita nella strage di Capaci.
Secondo la figlia di Aldo Moro, i fatti che hanno portato all’uccisione di suo padre “non sono un passato ma un presente” e tutto questo “è iniziato quando avevo 7 anni e non finirà mai fino a quando sarò sulla terra”. “Ciò che riguarda le stragi, le convivenze e il male può assumere ogni genere di forma, è camaleontico. Non ha lavorato solo a quel tempo ma anche oggi - ha continuato Fida Moro - E’ vero che noi ne siamo corresponsabili, ma non possiamo aspettarci che arrivi l’arcangelo Gabriele con una spada fiammeggiante a risolvere le cose, sarebbe molto bello e comodo ma non è così”. Quando si è in democrazia si è “corresponsabili di quello che succede e se non ce ne facciamo carico la democrazia ‘va a carte e quarantotto'. - ha evidenziato - La democrazia è una forma di governo molto difficile da gestire perché dipende tutto dal popolo. Per questo è sovrano; proprio perché è responsabile della democrazia che c’è nel Paese”. Sempre sul caso Moro, l’ex senatrice ha detto: “Io non sono venuta qui a tirare l’acqua al mio mulino, ma colgo l’occasione per dire una cosa: la Germania dopo il nazismo si è assunta tutta la responsabilità etica di quello che è successo anche quando le persone dicevano che erano colpevoli. Invece l’Italia non l’ha fatto, ha scelto una strada di minor resistenza scegliendo quella della massoneria, della mafia e delle brigate rosse. Non è solo così. - ha proseguito - Cossiga diceva che nel caso Moro erano coinvolti 10.000 persone a livelli più disparati. Questa storia non è chiusa e non lo sarà fino a quando l’Italia non si assumerà tutta la responsabilità a livello politico, civile e culturale, non andrà da nessuna parte e quindi non solo non applica la propria democrazia, ma le mancano quei sentimenti che erano gli stessi del dopoguerra e della resistenza. Questi avevano dei risvolti anche brutti, ma noi italiani eravamo ricordati per essere fraterni e solidali”. Durante il suo intervento, la figlia di Aldo Moro ha detto: “Io mi vergogno di essere italiana e non solo perché sono Maria Fida Moro perché lo Stato italiano non può utilizzare il nome di Aldo Moro come emblema delle vittime del terrorismo e non applicare la legge 206 del 2004 per lui”. Fida Moro ha poi detto che “tutti voi siete nel caso Moro, non solo io che ne ho pagato il prezzo” e “non è iniziato il 16 marzo e finito il 9 maggio. - ha spiegato - E’ un qualcosa di oggi che non ci permette di rinascere e riconoscerci cittadini di un Paese serio amorevole con i suoi limiti ma sempre pronto ad aiutare. Questo non dipende dal governo ma da ognuno di noi”. “Mio padre ha pagato con la vita per questo segno di comunione con gli altri” ha continuato la figlia di Aldo Moro che poi ha parlato del processo di beatificazione di suo padre, chiedendo al pontefice di fermarlo: “Ho chiesto a Papa Francesco di fermare il processo di beatificazione, proposto da parte di un gruppo, sempre espressione di questi straordinari poteri, che hanno scocciato - ha concluso - Non voglio fare la vittima, mi rifiuto di esserlo perché siamo tutti vittime nella misura in cui non ci riappropriamo della nostra dignità”.


L’Italia un Paese senza sovranità
Di misteri, stragi e poteri forti, durante la presentazione del libro “La Bestia”, ha parlato poco prima anche il suo autore Carlo Palermo. L’ex magistrato, oggi avvocato, ha confermato la teoria della figlia dell’On. Aldo Moro precisando, per quanto concerne l’Italia, che “ci sono delle componenti occulte che sono emerse in tutti i processi della nostra storia dal 1947 a seguito della fine della guerra mondiale, prima ancora che entrasse in vigore la nostra Costituzione che già era inficiata dalla strage di Portella della Ginestra sulla quale c’è segreto di Stato”. Componenti nefaste, “ancora oggi esistenti”, che “hanno fatto venire a mancare l’elemento fondamentale che può reggere ogni democrazia, il principio di sovranità”, ha detto con rabbia l’avvocato. "Non abbiamo avuto - ha aggiunto Palermo - la possibilità dall’inizio della nostra storia di creare un popolo libero nel nostro Paese”. Questi apparati occulti sarebbero quindi gli stessi che avrebbero coadiuvato i gravi fatti di sangue di matrice mafiosa-eversiva del secolo scorso. Per questo motivo per Carlo Palermo “quello che chiamiamo terrorismo non è solo terrorismo così come quella che chiamiamo mafia non è solo mafia”. Quest’ultima, in particolare, non sarebbe altro che “il braccio armato o il livello esecutivo di una mente direttrice che ha nome e cognome”.
L’ex magistrato si è infine soffermato su quanto di ancor più grande rilievo è riuscito a scoprire durante gli ultimi anni in cui si è dedicato alla “ricostruzione dei frammenti della nostra storia fino ad oggi” e quindi della scrittura del suo libro “La Bestia”. Nello specifico Palermo ha spiegato che l’Italia è stata in balia di due distinti “filoni” o strategie geopolitiche. Il primo definito “atlantico” che aveva “l’obbiettivo di contrastare l’avanzata del comunismo fino all’abbattimento del Muro di Berlino” tramite operazioni segrete come “Gladio” e “Stay Behind”. Il secondo, invece, detto “filo-arabo condotto da Aldo Moro, Bettino Craxi e Giulio Andreotti, in cui l’Italia ha cercato di portare avanti un ruolo autonomo nel Mediterraneo, in cui c’era una questione, quella mediorientale, già scritta come focolaio permanente da allora ad oggi. E’ una guerra che deve durare per sempre - ha sottolineato Palermo - che non deve essere vinta da nessuno perché serve per mantenere il fuoco del potere di legittimazione del governo della guerra degli imperialisti”. “Se non si capiscono queste cose - ha concluso l’autore del libro - non ci si rende conto di quali sono i problemi fondamentali del nostro Stato e del suo ruolo che non viene riconosciuto, viene vilipeso perché non abbiamo avuto la possibilità di avere una vera e propria democrazia”.



“Le indagini su mandanti? Sono quasi a zero”

Insieme a Carlo Palermo è intervenuto un altro magistrato, oggi in pensione, Giovanni Tamburino il quale, facendo cenno al suo passato di giudice istruttore di Padova, ha affermato che “il problema delle deviazioni - tema più volte toccato nel corso della presentazione del libro - deve essere visto in una prospettiva storica”. “Nel 1974 quando cominciai a interessarmi di vicende di carattere eversivo la qualificazione di deviazione era una qualificazione abbastanza naturale che per il giudice era quasi automatica”, ha rammentato l’ex magistrato. “Ci si trovava di fronte a fenomeni di gruppi dell’estremismo neo fascista e gruppi che programmaticamente organizzavano attività criminali e rispetto a questo gli apparati dello Stato sembravano assolutamente estranei in una posizione completamente contrapposta”. Solo dopo un ulteriore analisi degli elementi “questa certezza veniva posta in dubbio, poiché determinava che la conseguenza di questa classificazione automatica appariva invece dubbia. Perché il grado delle deviazioni era tale da rendere inevitabile pensare che ci fosse, invece, una linea direttiva consapevole che aveva un significato politico di carattere storico”. “Di questo non se ne parlava nel 1974 - ha continuato Tamburino - non si era mai parlato dell’esistenza dei servizi segreti o di una parte di un settore dell’ordinamento della struttura generale dello stato che fosse occulta”. Per l’ex giudice che si è occupato della nota inchiesta sulla “Rosa dei venti”, un’organizzazione neofascista segreta nata sul modello “Gladio”operante soprattutto nel nord est, oggi, rispetto al 1974, “la nostra conoscenza è aumentata immensamente, il che ci consente di ricostruire dei nessi con sufficiente certezza, alcune cose oggi non sono più ipotesi ma realtà assolutamente certe”. Questo però, ha tenuto a precisare l’ex magistrato, “non è un livello di conoscenza completo. Noi non sappiamo ancora tutto perchè rispetto a una serie di fatti come il delitto Moro e le stragi in particolar modo noi conosciamo ormai quasi tutto a livello degli esecutori ma ci manca ancora tutta la parte relativa ai mandanti, ai finanziatori. Su questo le indagini giudiziarie sono a quasi zero”. Riguardo ciò tuttavia “il libro di Carlo Palermo offre degli stimoli per andare oltre”, ha concluso il giudice.
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“Le logge utilizzano le mafie”
Riprendendo quanto raccontato dalla figlia di Aldo Moro, il presidente della commissione parlamentare antimafia, Nicola Morra, ha parlato, citando la conferenza di Yalta, di come la nostra nazione in realtà è a “sovranità limitata”. Morra ha poi ricordato quanto raccontato dall’ex gran maestro del Goi Giuliano Di Bernardo al processo ‘Ndrangheta stragista: “L’ex gran maestro, rispondendo alle domande del pm Giuseppe Lombardo, ha detto che nel ’92 su 32 logge massoniche 28 erano controllate dalla ‘Ndrangheta, ma in realtà era il contrario; soprattutto per quei livelli che abbiamo difficoltà a individuare”. Secondo il presidente della commissione antimafia “le logge all’orecchio di cui non c’è documento scritto per gli appartenenti sono quelle che conservano il vero potere”. Un altro tema toccato da Morra è stato riguardo gli argomenti di storia del ‘900 che spesso tra i banchi non vengono toccati dai ragazzi. “Allora perché bisogna arrabbiarsi con chi vuole che non si studi la storia recente? Bisogna sapere tutto - ha detto - soprattutto di quella storia che nei manuali viene messa da parte”. Nel concludere il suo intervento, Morra ha detto che i libri come quelli di Carlo Palermo “servono soprattutto se uscendo da quest’aula può darci una carica per affrontare i ragazzi perché l’unica rivoluzione possibile è quella culturale. I ragazzi devono sapere e poi capire ma in tanto devono conoscere che questo è un Paese a sovranità limitata”.
Grazie alle prove raccolte dall’ultimo libro di Carlo Palermo, insieme alle testimonianze dei familiari, come quella di Maria Fida Moro, ci potrebbe essere una riapertura delle indagini di casi, come quello della morte di Aldo Moro, e finalmente si potrebbe arrivare all’accertamento della verità.

In foto di copertina: Maria Fida Moro (© Emanuele Di Stefano)

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