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salvini matteo villadeste c imagoeconomicadi Giorgio Bongiovanni e Aaron Pettinari
“Qui c’è la certificazione che un organo dello Stato indaga un altro organo dello Stato. Con la differenza che questo ministro è stato eletto da voi e gli avete chiesto di limitare gli sbarchi e di espellere i clandestini, quindi vi ritengo miei amici, miei sostenitori e miei complici. Altri non sono stati eletti da nessuno e non rispondono a nessuno”. Ecco l'attacco alla magistratura per bocca del Ministro degli Interni Matteo Salvini, che ieri ha ricevuto la notifica dell’avviso di garanzia dalla Procura di Palermo per il caso Diciotti. In un colpo solo sembra di essere tornati indietro di vent'anni quando a scatenare la polemica tra politica e magistratura non erano i “leghisti” ma l'ex premier Silvio Berlusconi. Anche B. lanciava proclami ed invettive ricordando di essere eletto dal popolo. Se l'ex Premier usava le proprie reti televisive, il leader della Lega punta con decisione sui social, leggendo in diretta ai 25mila utenti collegati la comunicazione del Procuratore Lo Voi, giunta al Viminale. Nella sua invettiva, come B., anche Salvini se la prendeva con le “toghe rosse”. Un termine che non usa ma che si legge tra le righe delle sue parole (“alcuni magistrati che hanno una cultura politica di sinistra”) offrendo l'assist per un nuovo scontro istituzionale. Poco importa se il ruolo istituzionale di Salvini come Ministro degli Interni, per legge (art.92 della Costituzione), viene assegnato non dal Popolo ma dal Presidente della Repubblica su proposta del Presidente del Consiglio. Come Berlusconi, Salvini va per la sua strada in barba alle inchieste aperte nei suoi confronti.
I reati a lui contestati dalla Procura di Palermo riguardano gli articoli 81 e 605 del codice di procedura penale, ovvero il sequestro di persona aggravato e continuato per avere trattenuto illegalmente per dieci giorni a bordo del pattugliatore Diciotti 177 migranti raccolti nel Canale di Sicilia al largo di Lampedusa il giorno di Ferragosto. Un reato per cui il Ministro rischia fino a 15 anni.
Non è la prima volta che Salvini attacca la magistratura. Lo scorso mese aveva puntato il dito contro il Procuratore Capo di Agrigento Luigi Patronaggio, “colpevole” di aver dato il via all'indagine per sequestro di persona; ugualmente aveva polemizzato sulla decisione del tribunale del Riesame che ha dato ragione alla procura di Genova sul sequestro immediato dei fondi della Lega. Attacchi del tutto ingiustificati. E non è un mistero che la sua “visione” per una riforma della giustizia sia tutt'altro che in sintonia con quella grillina, che propone norme più stringenti contro corruzione ed affini. Non a caso non era presente durante il Consiglio dei Ministri che ha approvato il disegno di legge anticorruzione.
Dopo l'affondo, oggi, il Ministro ha cercato di abbassare i toni negando che vi sia “un golpe giudiziario” nei suoi riguardi e dicendo di aspettare “con totale rispetto, celerità e serenità” le sentenze che lo riguardano e di essere “disponibile ad andare a Palermo domani anche a piedi, non sono al di sopra della legge”.
Una mossa necessaria per non andare incontro ad una crisi di Governo dopo che ieri sia il ministro della Giustizia Bonafede che l'altro vice-premier Luigi Di Maio avevano preso le distanze sulla sua posizione. “Non può pensare di far tornare l’Italia alla Seconda Repubblica” aveva detto il Guardasigilli. Ed anche Di Maio aveva aggiunto: “Sulla vicenda della nave Diciotti sapevamo che le decisioni erano decisioni forti ma noi le rivendichiamo come governo e abbiamo dato il nostro sostegno, detto questo non si può dare sostegno alle accuse ai magistrati”. E' evidente che il clima tra le due componenti di Governo è tutt'altro che sereno ma se non si porrà un freno alle azioni del Ministro la convivenza, forzata dal delicato momento politico-economico del Paese, rischia di diventare una pericolosa connivenza.

Foto © Imagoeconomica

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