di Giorgio Bongiovanni
Domenica scorsa, presso l’Atrio “Paolo Borsellino” della Biblioteca Casa Professa è stato presentato in anteprima nazionale il libro “Avanti Mafia! Perché le Mafie hanno vinto” (edizioni ACFB-Corsiero Ed.) a firma di Saverio Lodato, giornalista, scrittore ed editorialista per ANTIMAFIADuemila. Una pubblicazione che dalla prossima settimana sarà disponibile in tutte le librerie ed anche nelle edicole siciliane.
Dell'evento, a cui hanno partecipato oltre all'autore, l'attore e regista Pif, il sostituto procuratore nazionale antimafia Nino Di Matteo, che firma la prefazione del libro e gli attori Lunetta Savino e Carmelo Galati, hanno parlato diverse testate giornalistiche, locali, nazionali ed internazionali. Tra questi anche lavocedinewyork.it, presente con l'inviata Laura Bercioux che ha dedicato uno speciale e l'approfondimento di Pianeta Oggi Tv, diretto da Massimo Bonella. Di seguito vogliamo riportare alcuni articoli dove è possibile vedere i servizi ed apprezzare nuovamente gli interventi.
Avanti Mafia! Perché le Mafie hanno vinto, e cosa possiamo fare per sconfiggerle
Su TGR Sicilia il libro di Saverio Lodato
Mafia, antimafia e processo trattativa nel libro di Lodato
Presentazione su radiovocedellasperanza.it
Radio In 102 - trasmissione l'Altrastoria
Prenota il libro: ibs.it - amazon.it
Libro: Avanti Mafia! Perché le Mafie hanno vinto
Editore: ACFB - Corsiero Editore
Pagine: 352
EAN: 9788898420865
Prezzo: € 15,00
Prenota il libro: ibs.it - amazon.it
Social: facebook.com/avantimafia
Da giugno in libreria
SINOSSI
2012-2018. Anni di fatti, inchieste, stravolgimenti politici, promesse, rivelazioni ed evoluzioni. Anni di mafia e di antimafia.
Un fenomeno quello della criminalità organizzata che, nonostante gli arresti continui, resiste da oltre centocinquant’anni di storia d’Italia. Un fenomeno che mostra sempre più quei sintomi, fino quasi a confondersi con quell’altra metastasi chiamata corruzione. Lo dicono gli addetti ai lavori e lo dimostrano i numeri. In questo spazio-tempo si inserisce l’occhio dell’osservatore esterno che si trova ad analizzare gli accadimenti.
La penna è quella di Saverio Lodato che di questi temi, con analisi spesso spietate, si è occupato a lungo nella propria carriera di giornalista e scrittore.
È così che nasce questa raccolta di articoli. È l’occasione per offrire un punto di vista ulteriore, magari “controcorrente” su argomenti sempre più spesso accantonati dal grande mainstream. Un modo per ribadire che ad oltre vent’anni dalle stragi che hanno insanguinato il Paese nei primi anni Novanta, c’è ancora molto da fare e che “antimafia” non è una parola morta. Perché, come spiega lo stesso Lodato “il bello non è scrivere per scrivere. Il bello è scrivere per scrivere ciò che si pensa”.
L'AUTORE
Saverio Lodato è tra le più autorevoli firme del giornalismo italiano in materia di mafia e di antimafia, ha iniziato a scrivere nel 1979 sul quotidiano “L’Ora”. Per trent’anni inviato de “l’Unità” a Palermo, oggi scrive sul sito www.antimafiaduemila.com.
È autore di articoli e saggi in cui affronta e sviluppa i temi e le connessioni della politica italiana, con particolare attenzione alla mafia. È autore di una cronaca del fenomeno mafioso, continuamente aggiornata; l’ultima edizione (Quarant’anni di mafia, Rizzoli) è stata pubblicata nel 2018. Tra le sue opere più note: I miei giorni a Palermo. Storie di mafia e di giustizia raccontate a Saverio Lodato (con Antonino Caponnetto, 1992, Garzanti), Potenti. Sicilia, anni Novanta (1992, Garzanti), Vademecum per l’aspirante detenuto (1993, Garzanti), Dall’altare contro la mafia (1994, Rizzoli), C’era una volta la lotta alla mafia (con Attilio Bolzoni, 1998, Garzanti), Ho ucciso Giovanni Falcone (con Giovanni Brusca, 1999, Mondadori), La mafia ha vinto (con Tommaso Buscetta, 1999, Mondadori), La Linea della Palma. Saverio Lodato fa raccontare Andrea Camilleri (con Andrea Camilleri, 2002, Rizzoli), Intoccabili (con Marco Travaglio, 2005, Rizzoli), Il ritorno del principe (con Roberto Scarpinato, 2008, Chiarelettere; 2012, Tea) Un inverno italiano (con Andrea Camilleri, 2009, Chiarelettere; 2011, Tea), Di testa nostra (con Andrea Camilleri, 2010, Chiarelettere).
GLI INTERVENTI DELL'ANTEPRIMA DEL LIBRO
Lodato: sentenza trattativa ''boiata pazzesca''? Se la sono dovuta rimangiare
di AMDuemila
“La sentenza della corte d’assise” sulla trattativa Stato-mafia, ha detto Saverio Lodato alla presentazione del libro “Avanti Mafia!” scritto dal giornalista, scrittore ed editorialista di Antimafia Duemila, “ha messo nero su bianco quello che ormai sapevano e sappiamo tutti” e cioè “le complicità enormi dello Stato nella storia della mafia e viceversa. Forse che oggi con semplice sentenza crediamo di aver capito tutto? Ci mancherebbe, ma in un Paese in cui per cinquant’anni tutte le grandi stragi si sono concluse con decine e centinaia di processi che si concludevano con un nulla di fatto, finalmente abbiamo una sentenza che dice che sì, dietro la mafia c’era lo Stato” mentre nel frattempo “c’era una parte pulita dello Stato che cadeva, e quella che rimaneva in piedi era la parte sporca che noi ci siamo tirati avanti fino ad oggi”.
“Sappiamo bene - ha proseguito Lodato - che questa è una sentenza di primo grado. Ma noi oggi questa sentenza di primo grado ce la godiamo” perché alla fine “non eravamo poi così visionari. E non erano visionari Francesco Del Bene, Roberto Tartaglia, Vittorio Teresi e Nino Di Matteo” che “si sono dovuti sentire dal fior fiore di studiosi e opinionisti che questo processo era una boiata pazzesca”. Certo, ha aggiunto Lodato, della sentenza “se ne è parlato solo due giorni” ma “in questi due giorni nessuno ha più adoperato le parole ‘boiata pazzesca’: se le sono dovute rimangiare”.
L’ultima lettura, a due voci, di Lunetta Savino e Carmelo Galati sulla sentenza trattativa Stato-mafia, ha concluso l’evento a Casa Professa: “Colpevoli. Colpevoli per essere scesi a patti con Cosa Nostra. Colpevoli per aver trattato in nome di uno Stato che mai avrebbe dovuto trattare. Colpevoli per aver creduto che la divisa che indossavano, gli alamari, le mostrine, gli alti gradi di comando che rappresentavano, li esentassero dal dovere istituzionale di non scendere a compromesso con chi stava riducendo l’Italia a un mattatoio. Colpevoli di avere fatto pervenire a Silvio Berlusconi e al suo governo le richieste avanzate dalla mafia per porre fine allo stragismo. Colpevoli, in altre parole, di intelligenza con il nemico. Le prove, dunque, c’erano. Le prove erano state raccolte e portate in dibattimento da un ristretto gruppo di PM che non si sono rivelati né visionari, né persecutori incattiviti: Nino Di Matteo, Vittorio Teresi, Francesco Del Bene, Roberto Tartaglia. E non dimentichiamolo Antonio Ingroia, il quale, per aver creduto per primo da pubblico ministero in quello che sembrava un teorema impossibile, vide le pene dell’inferno. Le prove hanno retto al vaglio di un dibattimento durato oltre cinque anni”. Le considerazioni di Lodato sono datate 20 aprile, giorno in cui fu pronunciata la sentenza al processo trattativa.
“Si diceva, infine, che Lo Stato non avrebbe mai processato se stesso. - hanno continuato i due attori - Questo Stato - rappresentato dalla seconda corte d’assise di Palermo, presieduta da Alfredo Montalto - non solo il processo lo ha celebrato. Ha avuto anche il coraggio, non da poco nell’Italia di oggi, di dire le parole più scomode che si potessero sentire sull’argomento: la verità su come andarono davvero le cose negli anni delle stragi; stragi in cui, ricordiamolo en passant, persero la vita, fra gli altri, Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo, Vito Schifani, Paolo Borsellino, Emanuela Loi, Eddie Walter Cosina, Vincenzo Li Muli, Claudio Traina, Agostino Catalano, per non parlare delle vittime civili di Roma, Firenze e Milano. Le pene sono ‘pesanti’. Ma questa non è una sentenza "pesante". È una sentenza ‘storica’, e non ci vuole molto a capire perché”.
Di Matteo: oggi c'è chi fa finta di onorare Falcone
di AMDuemila
“Ho avuto l’onere e l’onore di occuparmi di molti delitti eccellenti: Pio La Torre, Chinnici, Saetta, Falcone e Borsellino. E, indirettamente, Cassarà, Montana, Mattarella, Reina”. Elencando i nomi delle vittime di mafia il sostituto procuratore nazionale antimafia Nino Di Matteo, alla presentazione del libro “Avanti Mafia!” a Casa Professa, ha spiegato come ci sia “una costante” nelle vite di chi è stato ucciso da Cosa nostra: “Quegli uomini dello Stato costituivano rispettivamente un’anomalia rispetto ad una situazione in cui l’altra parte dello Stato tollerava il fenomeno mafioso”.
“E’ utile ed esaltante ricordare Falcone come vero eroe civile - ha quindi proseguito il magistrato -
però dobbiamo ricordare che la sua è stata una storia di sconfitte, di isolamenti, di delegittimazioni. Ogni volta che Falcone faceva domanda al Csm come dirigente dell’ufficio istruzione o procuratore aggiunto - ha ricordato Di Matteo - veniva bocciato. Quando si candidò al Csm non venne eletto. Sono gli stessi che oggi, per contrapporre falsamente l’esempio dei morti all’azione dei vivi, dicono che Falcone quella cosa non l’avrebbe mai fatta: per questo sono stati organizzati convegni al Palazzo di Giustizia”, come ad esempio per dire “che non avrebbe mai indagato un politico per un reato inesistente. Eppure tutti fanno finta di onorarlo”. Di Matteo, nel corso del suo intervento, ha ringraziato i colleghi con i quali ha rappresentato la pubblica accusa del processo trattativa Stato-mafia, Vittorio Teresi, Francesco Del Bene e Roberto Tartaglia, e l’ex pm Antonio Ingroia, per i loro “grandi sacrifici”.
Carmelo Galati legge: “Nino Di Matteo, che da solo scalò la montagna”
di AMDuemila
“Ha scalato la montagna, da solo, nonostante l'infinità di nemici in agguato. Ha stretto i denti per anni, indifferente alle canee vocianti che lo dipingevano protagonista e forcaiolo, visionario e processualmente inconcludente, persecutore incontentabile di politici d'alto lignaggio, colletti bianchi immacolati, alti funzionari dello Stato e blasonati rappresentanti delle forze dell'Ordine e della Patria, addirittura Presidenti della Repubblica, che per definizione nessuno dovrebbe scomodare; l'Uomo Simbolo di un processo che non s'aveva da fare: quello in corso a Palermo sulla Trattativa Stato-Mafia”. E’ questo lo stralcio del testo recitato dall’attore Carmelo Galati, che ha letto l’ articoli di Saverio Lodato contenuto nel libro “Avanti Mafia!”, che il giornalista aveva scritto quando Di Matteo era stato nominato alla Direzione Nazionale Antimafia.
“Non gli è stato regalato niente. Gli è stato riconosciuto il dovuto. Con molto, molto ritardo. Si apprende dai giornali che Di Matteo, pur nominato, alla Superprocura, manterrà il suo incarico di pm nel processo di Palermo. - ha continuato l’attore -Se non insorgeranno ostacoli, la migliore Opinione Pubblica del nostro Paese potrà essere fiera di avere sostenuto, nonostante il silenzio infingardo delle Istituzioni, un magistrato che non ha fatto una piega. E non si è mai piegato”.
Di Matteo: ''Sul fronte istituzionale nessuno ci ha parlato del ricatto di Cosa nostra constatato dalla sentenza''
di AMDuemila
La sentenza del 20 aprile scorso “afferma che tre governi (Amato, Ciampi e Berlusconi) furono ricattati ma nessuno dal fronte istituzionale ci ha mai aiutato ad arrivare a questa conclusione” ha detto Nino Di Matteo alla Biblioteca Casa Professa di Palermo dove si sta tenendo la presentazione dell’ultimo libro di Saverio Lodato, parlando della sentenza del processo Trattativa Stato- mafia, processo che Lodato “ha seguito e di cui ha scritto con costanza”.
“Noi - ha continuato il magistrato - siamo arrivati a questa conclusione da indagini che partivano dalle dichiarazioni di pentiti di mafia o del figlio del sindaco mafioso Vito Ciancimino”.
“Lodato è tra i pochi che ha sempre sostenuto che questo processo, comunque fosse andato, era un processo che doveva essere fatto prima ancora della sentenza - ha aggiunto il sostituto procuratore nazionale antimafia- io credo che non si possa discutere che la sentenza ha una valenza storica perché per la prima volta è stato accertato che mentre saltavano in aria colleghi e uomini della scorta, mentre il paese era gettato all’aria, qualche altro pezzo dello Stato trattativa con i capi di Cosa nostra e andava a chiedere cosa volessero per far cessare l’attacco frontale”. “E’ amaro constatare - ha detto il magistrato- che nessun opinionista a livello nazionale abbia evidenziato la gravità di questa situazione”, così come “alla commemorazione del 23 maggio non ho sentito una parola su questa sentenza, la vogliono far passare liscia come acqua sul marmo”.
“Nei suoi articoli Saverio ha dimostrato coraggio e schiena dritta - ha concluso Di Matteo - ed è importante che capiamo che per un futuro migliore dobbiamo dimostrare anche noi, ora, schiena dritta e coraggio”.
Pif: “Antimafia? Studiate da chi ha preso posizione”
di AMDuemila
“Per arrivare alle 17.58 del 23 maggio con la coscienza pulita bisogna studiare da persone che hanno preso posizione. Peppino Impastato è stato un faro per me, oggi lo è anche Saverio Lodato”. A dirlo è stato Pif alla presentazione di “Avanti Mafia!”, il libro scritto da Lodato, alla Casa Professa di Palermo. “Ora prendere posizione è facile - ha ribadito il regista - ma ai miei tempi no”. Quindi ha lanciato una provocazione: “Per risolvere il problema della mafia sostituiamo il ‘Gattopardo’ con ‘Quarant’anni di mafia’ di Lodato. C’è quella frase del ‘Gattopardo’ che ci ha ucciso: ‘tutto deve cambiare perché tutto resti come prima’. Cioè: che ci possiamo fare, è la natura”. Ma, ha proseguito Pif, “se capiamo da dove siamo partiti e dove stiamo andando passiamo da ‘cosa nostra’ a ‘colpa nostra’: ci facciamo un bell’esame di coscienza e ci chiediamo quanta colpa abbiamo se la mafia c’è”. Allora, ha proposto l’attore e regista, “allarghiamo il recinto antimafia e stabiliamo che ‘antimafia’ lo siamo tutti, che saremo noi a mandare avanti la lotta antimafia”.
Quindi Pif ha ringraziato gli altri relatori perché, ha detto, è grazie a loro “se quel poco di democrazia e libertà esiste”, ricordando che “in questa città abbiamo riconosciuto gli eroi quando venivano uccisi, ma non lo potevamo scoprire quando erano vivi?”. Oggi però, ha continuato, “ci sono persone che sono ancora vive” a cui fare “mille domande”. “Cinque secondi prima di morire - ha concluso Pif - voglio poter dire che ho fatto quello che potevo. Ma per farlo - ha ribadito ancora - bisogna studiare”.
Di Matteo: ''Il paese deve fare i conti con le collusioni tra mafia e politica ad alto livello''
di AMDuemila
“E’ tempo che il paese faccia i conti con le collusioni ad alto livello tra mafia e politica, non possiamo considerare archiviata la stagione delle stragi, bisogna continuare la ricerca partendo anche da quello che è già stato consacrato nelle sentenze e nelle inchieste: la probabilità concreta che assieme a uomini di Cosa nostra nel ’92 e ’93, così come tante altre volte a partire dall’omicidio di Piersanti Mattarella, hanno agito anche uomini di altri ambienti, diversi a quelli riconducibili a Cosa nostra”. Una consapevolezza che secondo il magistra Nino Di Matteo, intervenuto alla presentazione del libro di Saverio Lodato “Avanti Mafia!”, risiede “ormai nel cuore e nella testa di pochi magistrati”. E questo è lo spaccato che emerge anche dagli articoli di Lodato: “leggendo i fati raccolti nel libro si assiste alla lotta tra i pochi che ancora vorrebbero agire nella ricerca del completamento della verità sulle stragi e chi invece vuole ridurre la visione della mafia come un problema di sola violenza di brutti e cattivi e vede sempre come pericolo chi tra i magistrati e le forze dell’ordine vuole indagare su rapporti alti e altri”.
Secondo il sostituto procuratore nazionale antimafia ci sono state “campagne mediatiche continue e sotterranee che hanno sfruttato le défaillance e la vergogna dell’antimafia dei salotti, delle Confindustrie e delle relazioni alte costruite attorno alla vacua parola mafia, per cercare di distruggere l’antimafia civile, quella che parte dal basso che si alimenta con la passione civile dei cittadini, hanno voluto far credere che è tutto un calderone indistinguibile dal bene e dal male”.
Orlando: "Il riscatto di Palermo con l'antimafia popolare"
di AMDuemila
"Io credo che vi sia una straordinaria popolare che in questi anni c'è stato un cambio culturale nei quartieri e nelle borgate. E da questo dobbiamo ripartire anche se ancora, quando si leggono certe intercettazioni alla Noce, ci si chiede come è possibile che vi siano ancora certi selvaggi? Io credo che Palermo sia la città europea che culturalmente è cambiata di più". L’ha dichiarato il sindaco di Palermo Leoluca Orlando nel corso della presentazione del libro di Saverio Lodato “Avanti Mafia! Perché le mafie hanno vinto” (ACFB-Corsiero) alla Biblioteca Casa Professa di Palermo. "In questa città chi ha di meno ha bisogno di più libertà di chi ha di più - ha proseguito - Ed oggi la mafia, che non ha più lo scudo dei Riina e dei Provenzano vede persone vestite in giacca e cravatta".
Orlando, che ha anche ricordato che oggi è il giorno della memoria della strage di via dei Georgofili, ha poi parlato del libro: "Oggi siamo nel luogo in cui Paolo Borsellino tenne l'ultimo discorso il 25 giugno 1992. Tutti avevamo, in quell'atrio colmo, emozioni e sentimenti di presagio per una strage imminente. Oggi Saverio scrive un articolo centrale esprimendo il concetto di Stato-mafia, mafia-Stato, parlando di convergenze parallele tra politica e la mafia, e dove si racconta quella favoletta della mafia contrapposta allo Stato e viceversa. Tuttavia voglio cogliere un elemento di futuro, senza rassegnazione in quanto avvenuto in questi anni. Penso alla beatificazione di Padre Pino Puglisi. Un atto di rottura che dimostra come la Chiesa sia anche arrivata prima dello Stato. Perché la sentenza del processo trattativa è dello scorso 20 aprile ed è arrivata più tardi".
Nino Di Matteo: ''Classe dirigente non consapevole della gravità dei sistemi criminali integrati''
di AMDuemila
“Oggi il sistema mafioso è il primo grande fattore di compressione e inquinamento della nostra Democrazia, la lotta al sistema criminale mafioso, non solo alla mafie militare e violenta, è una lotta per la libertà, per la Costituzione”. E ancora: “Il silenzio ascoltato nella recente campagna elettorale mi preoccupa, evidentemente un ampia fetta della classe dirigente non ha la consapevolezza della gravità dei sistemi criminali integrati mafiosi”. A dirlo è stato il sostituto procuratore nazionale antimafia Nino Di Matteo alla presentazione dell’ultimo libro di Saverio Lodato: “Avanti Mafia!”, presso la Biblioteca Casa Professa di Palermo. Il magistrato ha evidenziato come questa consapevolezza che sembra mancare a pezzi delle istituzioni, emerge chiaramente invece negli scritti dello scrittore e giornalista esperto di mafia: “Saverio ha rotto un silenzio pressoché generalizzato che di tanto in tanto è stato rotto solo da alcuni giornalisti come Sandra Rizza, Giuseppe Lo Bianco e Salvo Palazzolo. Questa raccolta di articoli dal 2012 fino alla sentenza del 20 aprile 2018 contiene analisi lucide, mai banali, mai conformiste” che permettono, “partendo dal ragionamento su questioni di mafia e antimafia di riflettere sulla situazione della Democrazia del nostro paese, della mancata applicazione della Costituzione in molti punti nella nostro paese”.
Lunetta Savino: “Falcone e Borsellino, uomini con la U maiuscola”
di AMDuemila
“Se rivolgiamo la testa all’indietro, alle parole di Paolo Borsellino che auspicava un giorno in cui si sentisse finalmente forte e chiaro il ‘profumo della libertà’, non possiamo fare a meno di chiederci se allora pensavamo fosse possibile che il tempo volasse via. Tanto da ritrovarci oggi ancora qui, a chiedere che venga finalmente il tempo del ‘profumo della libertà’”. E’ lo stralcio del testo che l’attrice Lunetta Savino, alla presentazione del libro “Avanti Mafia!”, ha letto alla Casa Professa di Palermo, riprendendo le parole che l’autore scrisse nel 25° anniversario della strage di via d’Amelio. “Ma lo vogliamo dire, oggi, che (Falcone e Borsellino, ndr) furono Uomini con la U maiuscola, in un paese di lillipuziani meschini e ingordi, ipocriti e corrotti, falsi e bugiardi? Che tutto quello che fecero lo fecero per noi? Ed è in questa Italia, venticinque anni dopo, che ci ritroviamo noi, i destinatari del loro esempio. Ed è l’Italia rappresentata dalle prefiche della grande stampa”.
“Ecco una cosa importante che siamo riusciti a fare in questi venticinque anni: esserci. - ha proseguito ancora Lunetta Savino - Esserci ancora. Essere ancora schierati dalla stessa parte di allora. Con loro, con questi campioni di quell’idealismo e di quell’ingenuità che purtroppo li portarono a morire”.
“Con Paolo Borsellino e Giovanni Falcone, con le donne e gli uomini delle loro scorte.
Venticinque anni fa speravamo che avremmo concluso di più. Ma in fin dei conti - ha concluso l’attrice, terminando la lettura - è anche vero che il poco che abbiamo ottenuto non è pochissimo. Prova ne sia che i lillipuziani di cui sopra speravano che la storia fosse finita con Capaci e via d’Amelio. Invece no. Almeno in questo, si sono sbagliati”.
Pif: ''Ogni 23 maggio capisco qualcosa. E voglio gridare che non sono come Loro''
di AMDuemila
"Ogni volta il 23 maggio a Palermo capisco qualcosa. E quest'anno credo di aver capito perché fare quel che faccio". Ad affermarlo è Pif, attore e regista, durante il suo intervento alla presentazione del libro “Avanti Mafia!” alla Biblioteca Casa Professa di Palermo. Un primo intervento breve, in grado di far riflettere sul perché diventa importante essere testimoni. "Ogni volta dico che il 23 maggio vado a festeggiare - ha ricordato l'artista - Sembra una bestemmia ed una volta l'ho detto anche a Maria Falcone ed era d'accordo con me. Ogni volta capisco. E lo scorso 23 maggio ho scoperto la risposta alla domanda "a me chi minchia me lo fa fare?". "Anche voi magari ve lo chiedete - ha detto rivolgendosi al pubblico - chi ve lo fa fare ad essere oggi qui e non a Mondello come il resto della popolazione palermitana. Quando un artista sta zitto nessuno lo rimprovera. E quando dice la sua viene criticato. Quindi se l'artista sta zitto è meglio e si campa cent'anni. Ma io faccio quel che faccio perché ogni 23 maggio alle 17.58 voglio avere la coscienza pulita. E io non voglio essere come loro. Voglio gridare come non sono come certi politici o giornalisti. Ecco perché lo faccio e suppongo lo facciamo".
Galati: “Riina doveva stare zitto, qualcuno lo fece ragionare”
di AMDuemila
“Riina è morto, neanche questo va dimenticato, senza vedere realizzato il suo ultimo grande sogno, quello che avrebbe dovuto essere il suo Capodopera criminale: l'uccisione del giudice Antonino Di Matteo che indaga sulla Trattativa Stato-Mafia; in quel processo di Palermo che vede alla sbarra, accanto a rispettabilissimi uomini politici, rappresentanti delle istituzioni, proprio lui: Totò Riina”. E’ lo stralcio del testo scelto dall’attore Carmelo Galati, che ha letto uno degli articoli di Saverio Lodato contenuti nel libro “Avanti Mafia!”, presentato alla Biblioteca Casa Professa di Palermo, facendo riferimento al dibattimento concluso con le condanne in primo grado per ex rappresentanti delle istituzioni insieme ai boss mafiosi. “Qualcuno lo fece ragionare - ha proseguito Galati - spiegandogli che faceva bene a restarsene zitto. E si rimangiò tutto. E, affinché non restassero dubbi, lui disse alla moglie, che era andata in carcere a trovarlo: ‘io non mi pentirò mai’”.
“De profundis, dunque, - ha continuato l’attore - per un mafioso che, in mezzo secolo di vita criminale, diede del tu allo Stato e al Potere. De profundis, per l'uomo che oggi è morto facendo la cosa che oltre ad uccidere, gli riusciva meglio: tenere la bocca cucita. De profundis, per un uomo che non ebbe pietà neanche per Dio. Cosa gli sopravvive? - ha concluso Galati, rievocando le domande di Lodato - La mafia. Quella Mafia che oggi non muore con lui. E che di lui non vorrà più sentir parlare”.
Lunetta Savino legge "Chi sono Loro? E chi siamo noi?"
di AMDuemila
"Chi sono Loro? E chi siamo noi? A noi piacciono i magistrati antimafia quando sono vivi. Quando vengono messi in condizione di svolgere al meglio il loro lavoro. Quando vengono incoraggiati, incitati, sostenuti ad andare avanti. Quando le massime autorità del Paese li indicano ai cittadini come esempio di virtù civica e risorsa alla quale attingere per la costruzione di un'Italia migliore". E' l'attrice Lunetta Savino a leggere il testo scritto da Saverio Lodato e pubblicato in "Avanti Mafia! Perché le mafie hanno vinto" (ACFB-Corsiero) alla Biblioteca Casa Professa di Palermo dove si sta tenendo la presentazione del libro. E poi ancora: "Per loro sono storie distinte e separate quella del Latitante e quella del Pubblico ministero. Per noi, tutto il contrario: sono facce della stessa medaglia, una medaglia chiamata Italia. Un'Italia dove continuano a muoversi a loro agio quelle menti raffinatissime delle quali Giovanni Falcone, prima di finire assassinato, fece in tempo a intuire la inquietante presenza. Per loro, quelle menti raffinatissime non sono mai esistite. Per noi, furono proprio quelle menti raffinatissime che con le stragi di Capaci, via D'Amelio, Roma, Firenze e Milano, vollero troncare per sempre la speranza di milioni di italiani che la mafia potesse essere sconfitta per sempre. È giunto il momento che le massime cariche dello Stato battano un colpo. E dicano, senza reticenze, senza giri di parole, di fronte a milioni di italiani, se stanno con Loro. O se stanno con noi".
Bongiovanni: ''Lodato penna libera, raccolse le parole di Falcone''
La presentazione del libro “Avanti Mafia!” alla Biblioteca Casa Professa di Palermo
di AMDuemila
“Anticamente in Francia c’erano i libellisti al servizio del re, giornalisti prezzolati e a pagamento che attaccavano i rivoluzionari. Saverio Lodato è all’antitesi, una penna libera”. Ad affermarlo è Giorgio Bongiovanni, direttore di Antimafia Duemila, nel corso della presentazione del libro di Saverio Lodato “Avanti Mafia! Perché le mafie hanno vinto” (ACFB-Corsiero) alla Biblioteca Casa Professa di Palermo. “Dai tempi di Giovanni Falcone ad oggi - ha continuato Bongiovanni - Lodato ha sempre cercato di esprimere il libero pensiero. Fu lui a raccogliere da Falcone, all’indomani del fallito attentato all’Addaura nel giugno ‘89, le parole ‘menti raffinatissime’, riferite a chi si celava dietro quel fatto e intendendo dire che non c’era solo la mafia”. Lodato, ha concluso Bongiovanni, ama ricordare che “il bello non è scrivere per scrivere, il bello è scrivere per scrivere ciò che si pensa”. Proprio alla Biblioteca Casa Professa Paolo Borsellino pronunciò il suo ultimo discorso pubblico il 23 giugno ‘92, un mese dopo la strage di Capaci.
Foto © ACFB
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