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paddock stephen las vegasCosa c'è dietro l'attentato di Las Vegas?
di Giorgio Bongiovanni
Erano da poco passate le 22 a Las Vegas quando dal trentaduesimo piano dell'albergo-grattacielo “Mandalay Resort” Steven Paddock ha iniziato a sparare sulla folla che assisteva al concerto di country music in occasione dell' “Route 91 Harvest Festival”. Venti minuti di raffiche per quella che è una vera e propria carneficina. Cinquantanove morti e cinquecentoventisette feriti il conteggio finale. Numeri che portano a considerare la strage come la peggiore causata da armi da fuoco della storia degli Stati Uniti. Quando gli agenti della Swat sono entrati all'interno della camera d'albergo Paddock si era già tolto la vita. Gli investigatori hanno trovato 23 armi da fuoco, tra le quali due fucili sistemati su treppiedi alla finestra, e centinaia di munizioni. A queste vanno aggiunte le migliaia trovate a casa dell'attentatore assieme ad altre 19 armi da fuoco ed esplosivi. In attesa di conoscere il movente che ha portato il 64enne pensionato a compiere il massacro (immediatamente c'è stato chi ha pensato di dare subito la colpa all'Isis ma l'Fbi ha escluso ogni collegamento tra Paddock ed il terrorismo islamico) può essere utile ragionare su alcuni dati. Negli Usa, ogni anno, si contano ben undicimila omicidi causati da armi da fuoco e la vendita di armi, su 330 milioni di abitanti, è pari a 430 milioni. Vale a dire che ci sono più armi che persone. Quali armi vengono vendute? Dalle pistole ai fucili ma anche armi automatiche e da assalto pensate per la guerra più che per la difesa personale. E' noto che negli Stati Uniti d'America per Costituzione, grazie al Secondo Emendamento, è garantito il diritto di possedere armi. Nella Carta è scritto: “Essendo necessaria, alla sicurezza di uno Stato libero, una milizia ben regolamentata, non potrà essere infranto il diritto dei cittadini di detenere e portare armi”. In un primo momento padri fondatori lo inserirono nella Costituzione perché gli Usa erano nati da una rivoluzione contro la monarchia britannica e, dopo la guerra d'Indipendenza, c'era il timore che l'Inghilterra volesse riconquistare la sua ex Colonia. Successivamente la vendita ed il possesso di armi fu giustificato con la scusa dell'illegalità diffusa nel Paese ai tempi del Far West, quindi con l'assurda guerra ai pellerossa. Entrambe le motivazioni, oggi che siamo nel 2017 e la sicurezza interna degli Usa è garantita da organi come l'Fbi o le forze di Polizia territoriali, l'esistenza del Secondo emendamento è privo di ogni fondamento. Allora cosa impedisce al Governo di limitare la vendita di armi? Se ciò non è avvenuto è per un fatto semplice, ovvero l'esistenza delle lobby che di fatto condizionano ed influenzano la politica dell'intero Paese anche appoggiando le candidature presidenziali... Basti pensare ai fiumi di denaro elargito dalla National rifle association (Nra), lobby a favore delle armi da 5 milioni di iscritti, ai membri del Congresso a prescindere dal colore politico. Secondo dati elaborati dal Washington Post 20 senatori su 100, quindi uno su cinque, hanno accettato le donazioni dei lobbisti Nra negli ultimi 18 anni di campagne elettorali. E addirittura i numeri aumetano se si guarda alla Camera (187 su 435). Oggi negli Stati Uniti quella delle armi è un’industria che vale miliardi di dollari l'anno e se si unissero gli affari del mercato legale ed illegale ecco che si ottiene una fonte economica ben più redditizia del traffico di stupefacenti.
Barack Obama, durante la sua presidenza, ha cercato di fare qualcosa contro la vendita delle armi ma senza successo sbattendo proprio contro le lobby. Contrariamente l'attuale Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, è “figlio” di quel sistema di potere tanto che lo scorso aprile, alla convention annuale della NRA è stato accolto con un'ovazione. “Avete un amico e un campione dei vostri interessi alla Casa Bianca - ha dichiarato - Soltanto un candidato in campagna elettorale è venuto a parlarvi, quel candidato è adesso presidente degli Stati Uniti ed è qui. Mi avete sostenuto e ora sosterrò voi. Lavoreremo con voi e saremo al vostro fianco”. Certo è che se gli Stati Uniti regolamentassero la vendita di armi, anche prendendo spunto dalla legge italiana che è molto selettiva in tal senso, il verificarsi di certe tragedie verrebbe ridotto. Però c'è un altro aspetto che mina una tale presa di posizione da parte dei governi americani. Caso vuole che dopo l'attentato di Las Vegas, sulla scia del timore di una stretta delle norme i titoli dei produttori di armi “Sturm Ruger” siano saliti del 3,23%, mentre quelli di American Outdoor Brands, l’ex Smith Wesson, siano aumentati del 4%. Che sia questa la partita che si gioca sulla pelle degli americani? Fino a quando Governi e popolo americano (tranne le dovute eccezioni) alimenteranno nel loro “Io” l’istinto omicida vivranno sempre nel terrore.

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