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stato carte mafiaE lo Stato-mafia rimescola le carte
di Giorgio Bongiovanni
Nonostante la considerevole azione investigativa e giudiziaria per sottrarre alla mafia beni e patrimoni, a volte è lo Stato stesso, una volta proceduto con il sequestro e la successiva confisca, a riconsegnare quei beni nelle mani dei boss. Oppure a lasciarli marcire o affondare in una voragine di debiti che ne decreterà il definitivo fallimento. L'agghiacciante conferma arriva proprio da quei magistrati addetti ai lavori che si dedicano, o si dedicarono in passato, alle indagini volte a porre i sigilli a società, imprese, catene commerciali indispensabili alla criminalità organizzata per reinvestire il denaro proveniente dalle attività illecite. E che, se opportunamente riconsegnate alla cittadinanza affinchè si riutilizzino, costituirebbero il più grande smacco allo strapotere mafioso.
Ora, ad essere stato definitivamente confiscato, è il patrimonio milionario di Giuseppe Grigoli (700 milioni di euro) prestanome di Matteo Messina Denaro e “re dei supermercati” Despar. Settecento milioni di euro che ora lo Stato dovrà dimostrare di riuscire a recuperare. Per evitare che ancora una volta si registri il fallimento di un'azienda, e la conseguente perdita di centinaia di posti di lavoro. Purtroppo i precedenti non sono dei migliori. Tra beni mobili, immobili e aziende, il valore nominale si aggira intorno ai 30 miliardi. Di cui tre sono in contanti, denaro liquido e titoli. Che nessuno usa. Dati alla mano, su 139.187 beni totali, solo 5.240 (il 3,8%) sono quelli destinati. Mentre i patrimoni confiscati in tutta Europa valgono ben 4 miliardi di euro l’anno.
Fallimento, perdita di posti di lavoro, revoca dei fidi bancari e delle commesse di fornitori e clienti, vendita (anche se a norma di legge dovrebbe essere solo un'ipotesi residuale) aumento dei costi di gestione (dovuti alla regolarizzazione di pagamenti e contratti), e una gestione spesso conservativa degli amministratori giudiziari sono solo alcune delle conseguenze provocate dalla cattiva amministrazione dei beni confiscati e dal conseguente fallimento. Quando non tornano nelle mani delle cosche. E tutto questo senza contare che, ci insegna la storia più recente, la malagestione dei beni confiscati arriva persino dal Tribunale. Ne è un esempio l'indagine per corruzione su Silvana Saguto, ex presidente della sezione Misure di prevenzione del tribunale di Palermo. La Despar sottratta a Grigoli non è che la punta dell'iceberg dello sconfinato patrimonio risalente al boss Matteo Messina Denaro. Ma potrebbe essere un'ottima occasione per dimostrare che invertire la rotta si può.

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