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vaticano fulmine effdi Giorgio Bongiovanni
Papa Francesco è in pericolo?

Niente di nuovo sotto il sole, ma ciò che con l'inchiesta Vatileaks 2 sta venendo a galla sugli scandali di Città del Vaticano costituisce un insieme di prove ineccepibili su quei meccanismi corrotti che si celano dietro la gestione personalistica del denaro ecclesiastico. Uno scandalo, questo, che non coinvolge, fino a prova contraria, lo stesso Papa Francesco, il quale è anzi l'indiretto ispiratore di una riforma per la trasparenza dei conti vaticani. Una riforma che mai aveva conosciuto un raggio così ampio, e con quasi nessun predecessore che, come l'attuale pontefice, si facesse promotore di una vera e propria pulizia all'interno del Vaticano. Unico esempio quello di Giovanni Paolo I (preceduto, forse, solo da Celestino V, che Dante inserì nel suo Inferno per ragioni poetiche ma anche politiche) divenuto Pontefice in un momento in cui la Chiesa era devastata dalla corruzione di vescovi e cardinali, alcuni dei quali (come Paul Marcinkus, ex presidente dell'Istituto per le Opere di Religione, lo IOR) riciclatori del denaro mafioso proveniente dal traffico di droga per centinaia di miliardi di lire dell'epoca. Giovanni Paolo I decise, all'indomani delle elezioni, di operare una grande riforma molto simile a quella di Papa Francesco. E morì, improvvisamente. La grande inchiesta contenuta del libro "In nome di Dio" del giornalista investigativo britannico David Yallop spiega come il pontefice fu assassinato per opera di un complotto massonico e mafioso, nato all'interno degli stessi ambienti vaticani per impedirgli di scoprire molto altro, e che mette in relazione il coinvolgimento della Chiesa cattolica con lo scandalo del banchiere Michele Sindona e il fallimento della Banca Ambrosiana di Roberto Calvi. La Banca Vaticana, uno dei suoi maggiori partner, per chiudere il caso scelse di dare un risarcimento (definito come "contributo volontario") pagando 250 milioni di dollari a favore della liquidazione dell'ambrosiano, rifiutando però di concedere l'estradizione per Marcinkus, oggetto di un mandato di cattura per concorso in bancarotta fraudolenta del Banco Ambrosiano di Calvi. Oggi l'ombra di questi scandali torna alla ribalta. La debolezza di Giovanni Paolo II nel non volerli all'epoca affrontare, portò a 27 anni di silenzio, tanto durò il suo pontificato, sulle inchieste più scottanti in merito agli scandali economici del clero. Con Papa Benedetto XVI inizia una nuova, seppur timida riforma della Chiesa, ma le pressioni, forse accompagnate da minacce, lo portarono nonostante la volontà di proseguire alle dimissioni.
Già con la scelta del nome per il nuovo Papa, Francesco, Bergoglio aveva lanciato un messaggio, facendo intendere che la sua missione avrebbe avuto un carattere molto più evangelico. Le riforme portate avanti cominciano a dare lustro già agli inizi del suo pontificato, quando contrasta duramente il fenomeno della pedofilia nel clero, senza risparmiare chi all'interno della Chiesa ricopriva ruoli di potere.

Oggi, a seguito della fuga di notizie che ha dato vita al secondo capitolo dell'inchiesta Vatileaks, sono due i libri che svelano molti degli intrecci e dei meccanismi che si celano dietro gli scandali economici del Vaticano, "Via crucis" di Gianluigi Nuzzi (Chiarelettere) e "Avarizia" di Emiliano Fittipaldi (Feltrinelli). Per la fuga di notizie, la gendarmeria vaticana ha arrestato la pierre Francesca Immacolata Chaouqui (in seguito rilasciata per aver collaborato) e il monsignore spagnolo Lucio Angel Vallejo Balda, componenti della Commissione di studio sulle attività economiche e amministrative, organismo voluto dallo stesso Bergoglio per analizzare la situazione patrimoniale e la sua gestione all'interno della Santa Sede. Un vero e proprio terremoto a seguito del quale la stampa italiana e mondiale si è scatenata contro i due volumi, peraltro nati da fatti e prove concrete sullo spreco e il lusso più sfrenato: attici giganteschi (molti superiori ai 400 metri quadri, quando lo stesso Papa Francesco dispone di un'appartamento di appena 50), proprietà e viaggi faraonici, conti correnti milionari e via discorrendo. Tutto parla di una gestione patrimoniale e finanziaria tutt'altro che orientata ad opere missionarie, oltre a far emergere un sistema di riciclaggio, all'interno dello Ior, dove personaggi di potere depositano i propri conti correnti. Tutto questo, e molto altro, è contenuto all'interno dei due libri-inchiesta.
Quasi tutti i giornali e le televisioni nazionali si sono impegnati, prevalentemente, ad individuare i "corvi", le fonti che hanno fatto pervenire a Nuzzi e Fittipaldi i documenti trafugati in Vaticano, nei confronti dei quali è stata messa in atto una campagna diffamatoria, nonostante i due giornalisti abbiano semplicemente esercitato il loro mestiere, cioè quello di avvalersi di fonti (che come tali, rimangono segrete) e diffondere fatti, specialmente se riguardanti verità scomode. Il direttore di Radio Maria ha addirittura proposto di "impiccare" Nuzzi e Fittipaldi. Siamo arrivati dunque al punto di augurarsi l'assassinio di coloro che si limitano a dire la verità?

papa francesco spalle

Ma torniamo sulla questione del "corvo", sulla quale si è concentrata gran parte della grande stampa, termine che però non può essere accostato alle figure di monsignor Balda e della Chaouqui. "Corvo" è, infatti, colui che diffonde notizie in cui vi è una mescolanza di verità e menzogna. "Corvo" era colui che, a cavallo tra la morte di Falcone e la morte di Borsellino, si era reso autore di una lettera in cui si parlava del reinserimento dei latitanti nella società attraverso la dissociazione, dell’abolizione del 41 bis e del blocco della confisca dei beni alla mafia, elementi inseriti nel “papello” di Riina. O colui che, nei primi anni '90, aveva inviato delle lettere dal contenuto preciso e dettagliato sull’operato di Giovanni Falcone, destinate allo stesso giudice. Qui, invece, non si parla di un'abile commistione tra circostanze vere e false, ma di una sottrazione di documenti autentici (si parla quindi di commissione di reato) perciò affidabili.
"Diffondere documenti è reato. Ma voglio essere chiaro: chi commette questo reato non fermerà la mia opera di riforma" così ha dichiarato Papa Francesco, ieri, in piazza San Pietro. In cuor suo, però, forse si è rallegrato dell'uscita dei documenti, di una verità che, in quanto scomoda a molti, potrebbe costituire un pericolo per l'incolumità del pontefice. Perché se è vero che Bergoglio non fermerà la sua riforma, ci potrebbero essere tanti caffè alla stricnina preparati appositamente per tornare ad una nuova fase di occultamento delle carte. Senza contare che è attualmente in atto una vera e propria lotta tra correnti all'interno del Vaticano, quella che sostiene il Papa e quella a lui avversa, che in questo momento gode di un potere maggiore. E forse, quelle carte tanto osteggiate e criticate, sono state fatte uscire perché qualcuno temeva che, di lì a poco, sarebbe stata messa a rischio la sicurezza di Papa Francesco.

"Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, perché serrate il regno dei cieli davanti alla gente; poiché non vi entrate voi, né lasciate entrare quelli che cercano di entrare"
(Matteo 23, 13)

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