di Giorgio Bongiovanni - 14 giugno 2014
Si, anche questa è una “malattia”, parlo dell'innamoramento che trascende nell'infatuazione, in una parola perdere la testa per una donna. Questo è quello che è accaduto all'onorevole Scajola e vi spieghiamo il perchè.
Ieri il Tribunale del Riesame ha deciso di concedere i domiciliari a Claudio Scajola, che, come è noto, è stato arrestato lo scorso 8 maggio dalla procura distrettuale Antimafia di Reggio Calabria. L'accusa gravissima mossa dal Procuratore capo Cafiero De Raho e dal pm Giuseppe Lombardo nei confronti dell'ex-ministro degli Interni è di «procurata inosservanza di pena» in favore dell’ex onorevole di Forza Italia Amedeo Matacena (condannato a 5 anni per i suoi rapporti con l'Ndrangheta) con l’aggravante del concorso esterno in associazione mafiosa (al momento però l'aggravante non è stata riconosciuta dal Gip, decisione contro la quale i pm hanno fatto appello e se ne discuterà il 19 giugno).
Con astuzia e straordinaria abilità gli avvocati di Scajola sono riusciti a convincere il giudice del Tribunale del Riesame a concedere al loro assistito la carcerazione preventiva non in cella ma agli arresti domiciliari. Le motivazioni sollevate dai legali dell'ex-parlamentare sembrano essere le seguenti: Scajola si era innamorato a tal punto della signora Matacena da divenire consenziente a qualsiasi tipo di aiuto che la stessa chiedeva. Anche cercare riferimenti all'estero presso i quali il marito di Chiara Rizzo avrebbe potuto trovare ospitalità per continuare la sua latitanza.
Una storia che ha del patetico romanticismo e che mi ricorda una straordinaria commedia teatrale al pari di quelle che inscenavano i mafiosi per evitare pene dure, celle d'isolamento e quant'altro (allora non c'era in 41bis, ndr). Recite dove non veniva certamente macchiato l'onore del genere femminile coinvolgendo le donne nella loro farsa, come in questo caso, ma dove boss del calibro degli Inzerillo e dei Corleonesi si ridicolizzavano fingendosi matti e malati per chiedere istanze ai giudici del Tribunale del Riesame.
Un chiaro esempio è il caso del pentito Tommano Buscetta che raccontò lui stesso a Falcone di aver assunto, quando ancora non collaborava con la giustizia, delle pastiglie per inquinare le urine e far credere di essere malato ai reni.
Così come la storia più volte raccontata dal pentito Gaspare Mutolo, il quale si presentò di fronte al giudice Falcone storpio e con le stampelle e quando il magistrato gli chiese: “Sono proprio necessarie quelle stampelle?” Subito risanò e interruppe quella messinscena.
Oppure ricordiamo il mafioso Gerlando Alberti, pioniere di Cosa Nostra a Milano, chiamato “U Paccarè” che durante la detenzione fingeva di essere pazzo per alleggerire la sua posizione. Ancora oggi, ad esempio, vengono fatti accertamenti per capire se veramente lo stato mentale del fratello di Nitto Santapaola, Nino “u pazzo” è alterato oppure se sia anche questa una finzione.
In sostanza una delle strategie di Cosa Nostra per sfuggire a certe pene è sempre stata quella di fingersi malati, nel caso di Scajola invece c'è una novità assoluta, la straordinaria forza dell'amore, alla quale noi però stentiamo a credere, se non altro perchè conosciamo i protagonisti da sempre legati al potere e intenti nei loro affari che, a nostro giudizio, disconoscono il sentimento dell'amore a scapito dei loro interessi.
Cari mafiosi, prendete spunto, per ottenere qualche beneficio per voi o il vostro amico politico. Provate a raccontare che vi siete innamorati della moglie di uno di questi e per amore e senso di protezione di questa donna avete protetto e favorito suo marito. Non si tratta di favoreggiamento mafioso o voto di scambio ma semplicemente di eccessiva premura verso la donna amata. Così facendo magari intenerirete il cuore di qualche giudice del Tribunale di sorveglianza o del Tribunale del Riesame. Auguri e Buona fortuna, chissà che non vi capiti come a Scajola!