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boccassini-ingroia-1di Giorgio Bongiovanni - 30 gennaio 2013
“Come ha potuto paragonare la sua piccola figura di magistrato a quella di Giovanni Falcone? Tra i due la distanza si misura in milioni di anni luce. Si vergogni”. Con queste durissime parole il procuratore aggiunto di Milano, Ilda Boccassini, ha commentato – travisandole completamente – alcune dichiarazioni dell’ex pm di Palermo Antonio Ingroia. In realtà l’attuale leader di “Rivoluzione Civile” era stato alquanto chiaro nelle sue affermazioni.
“Le battute e le velate critiche espresse da alcuni magistrati – aveva detto Ingroia – per la mia decisione di candidarmi sono un copione che si ripete”. “L’unica spiegazione che posso dare – aveva aggiunto l’ex pm – è che ho detto sempre quello che pensavo anche affrontando critiche, criticando a mia volta la magistratura associata e gli alti vertici della magistratura. E’ successo anche ad altri più importanti e autorevoli magistrati, a cominciare da Giovanni Falcone. Forse non è un caso – aveva sottolineato – che quando iniziò la sua attività di collaborazione con la politica le critiche peggiori giunsero dalla magistratura. E’ un copione che si ripete”. Parole chiare, senza alcun retropensiero.

Di fronte alle pesanti offese della Boccassini – in piena campagna elettorale – non possiamo esimerci da una semplice constatazione dei fatti. Al di là dei meriti del procuratore aggiunto di Milano per il suo importante lavoro contro la ‘Ndrangheta, così come per i suoi processi contro Silvio Berlusconi, le sue parole risultano altamente offensive e del tutto fuori luogo. Con umiltà ci permettiamo di affermare che lo stesso Giovanni Falcone, considerato da Ilda Boccassini il suo maestro, non avrebbe mai inscenato una polemica così strumentale in piena campagna elettorale. Sicuramente nemmeno Paolo Borsellino sarebbe mai intervenuto sul punto e il fatto di essere stato “chiamato in causa” dallo stesso Ingroia nella sua replica alla Boccassini (“mi basta sapere cosa pensava di me Paolo Borsellino e cosa pensava di lei”) ha inevitabilmente alimentato la polemica.
Non sta a noi a dover ricordare che il metodo “Falcone e Borsellino” era basato su profonde analisi corroborate da dati oggettivi, al di fuori da insulti gratuiti e sterili diatribe che si prestano alle peggiori strumentalizzazioni. Dalle stesse dichiarazioni di Antonio Ingroia si evince in maniera netta che lo stesso non si è minimamente paragonato alla figura di Giovanni Falcone. E comunque una domanda legittima alla dott.ssa Boccassini andrebbe ugualmente fatta: per quale motivo Ingroia non può essere paragonato a Falcone? E’ fuori discussione l’infinita grandezza di Giovanni Falcone nell’aver saputo individuare e colpire il cuore di Cosa Nostra – con un’intuizione ed una metodologia senza confronti – quando ancora veniva negata la sua stessa esistenza finanche da certi ambienti della magistratura. Ma allo stesso modo la figura di Falcone non può essere reclusa all’interno di alcun recinto di “proprietà”, quasi fosse un santuario al quale nessuno può avvicinarsi. Ed è per questo motivo che chiediamo alla dott.ssa Boccassini sotto quali aspetti il lavoro di Ingroia non può essere paragonato a quello di Falcone. A nostro avviso la storia professionale di Antonio Ingroia – con i dovuti distinguo – può essere invece accomunata a quella di Giovanni Falcone sotto alcuni profili. Uno su tutti: l’obiettivo di eliminare definitivamente la mafia. Dal 1992 Ingroia si è occupato dei più importanti processi di mafia (la maggior parte dei quali contrassegnati da pesanti condanne), da quello contro Bruno Contrada a quello contro Marcello Dell’Utri, dall’omicidio di Mauro Rostagno alla scomparsa del giornalista Mauro De Mauro, fino al procedimento contro Mario Mori. Con le sue indagini ha contribuito a sequestrare imponenti capitali illeciti, e soprattutto è stato il coordinatore del pool che si sta occupando della clamorosa inchiesta sulla trattativa Stato-mafia. Che a tutti gli effetti rappresenta l’indagine più importante nella storia della lotta alla mafia. Lo stesso Gup Piergiorgio Morosini sta vagliando da diversi mesi la mole di documenti, atti e testimonianze che attestano la serietà dell’inchiesta su una trattativa per altro sancita dalle sentenze sulle stragi del ’93.
Un eventuale paragone tra le grandi inchieste di Falcone e l’indagine sulla trattativa istruita da Ingroia – al di là della diversità di contenuti, tempi e circostanze – è più che legittimo.
Su una cosa ha ragione – in parte – Ilda Boccassini. Antonio Ingroia è molto distante da Falcone, non anni luce, ma sicuramente a quella distanza misteriosa e disadorna che c’è tra la morte e la dimensione  spirituale. Per raggiungere il livello di Giovanni Falcone Antonio Ingroia deve essere assassinato da Cosa Nostra e dai suoi potenti alleati. In quel caso la Boccassini ed altri suoi colleghi potranno rinunciare a strapparsi le vesti per battersi il petto pronunciando con lo spirito l’invocazione: “mea culpa, mea maxima culpa”.

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