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di Giorgio Bongiovanni e Anna Petrozzi - 30 aprile 2010
Da qualche tempo stiamo osservando con grande attenzione l’evolversi della crisi politica e istituzionale in Sicilia.

ANTIMAFIADuemila, lo abbiamo specificato in diverse occasioni, non è mai stata legata a nessun partito, si è sempre sforzata di individuare quei soggetti onesti, puliti, impegnati e per questo credibili che sono purtroppo sparsi qua e là, spesso contrapposti da ideologie e manovre tattiche.
E’ una caratteristica italiana, ma in Sicilia (come purtroppo nel resto del Sud) assume un significato molto più preoccupante poiché per ogni minuto perso in diatribe la mafia e il suo sistema di relazioni guadagnano miliardi di euro mentre la popolazione si impoverisce offrendo così quell’inesauribile serbatoio di manovalanza che proviene dal degrado e dall’ignoranza e rende Cosa Nostra invincibile sul piano del consenso. Quindi, di fronte all’ennesimo caso di un uomo di potere come il Presidente della Regione Siciliana Raffaele Lombardo, sotto inchiesta per rapporti con i mafiosi, ci siamo chiesti perché mai una componente del Pd, invece di invocarne le dimissioni immediate è disposta a dialogare. Soprattutto quando al vertice di questo gruppo vi è il senatore Beppe Lumia, un nostro fermo punto di riferimento nella lotta alla mafia. Anche molti nostri lettori ci hanno espresso quanto meno perplessità. Siamo andati quindi a Palermo a chiedere direttamente al senatore delucidazioni convincenti.


Allora senatore Lumia, ci spiega cosa sta succedendo in Sicilia?

Siamo in una situazione senza precedenti. Abbiamo l’occasione di mettere la lotta alla mafia, per la prima volta nella storia, come priorità assoluta, finalmente prima di ogni cosa.

In che senso, scusi, con un presidente della regione indagato per mafia?
Procediamo per gradi. Innanzitutto chiarisco la mia posizione su Lombardo, anche se in verità mi era sembrato di averla già espressa senza tanti equivoci.
La lotta alla mafia non può permettersi sconti, per nessuno. Ci vogliono coerenza ed intransigenza a livello politico prima ancora che giudiziario. Al momento non abbiamo elementi sufficienti per affermare con certezza che il presidente Lombardo abbia avuto rapporti diretti e consapevoli con i mafiosi. Lo stesso procuratore di Catania D’Agata ha spiegato che non è stato ancora emesso nessun avviso di garanzia a carico di Lombardo perché l’indagine è ancora agli albori ed è imperniata sul solo rapporto del Ros, sulle cui modalità di stesura, per essere sincero, nutro qualche riserva. E non va dimenticato che la fuga di notizie è stata definita dal Procuratore “una mossa politica” e che l’inchiesta è gestita anche da magistrati coinvolti nel nebuloso “Caso Catania” su cui non si è fatta mai piena luce.
Ad ogni modo, mentre la direzione nazionale del partito, il 19 aprile scorso, ha deciso all’unanimità che chiederà le dimissioni di Lombardo e le elezioni anticipate solo in caso di un rinvio a giudizio, io penso invece che già dalle carte si potrà capire se i rapporti tra il presidente e i mafiosi, una volta appurato che vi siano stati, siano consapevoli, e sottolineo consapevoli, e questo basta per pretendere che rimetta il mandato. Perciò ho chiesto pubblicamente che non appena sarà in possesso delle carte che lo accusano Lombardo faccia un’operazione di trasparenza e le metta a disposizione. Così che il giudizio politico possa per una volta anticipare quello giudiziario e la politica davvero si possa riappropriare del suo legittimo primato.

Bene, intanto questa sua chiarificazione ci conforta, cosa c’entra però con quanto accennava prima circa la grande opportunità per la lotta alla mafia?
In Sicilia l’intero sistema socio-economico si regge su quella rete di rapporti clientelari e assistenziali gestiti con l’intermediazione burocratica e affaristico-mafiosa. Nessun settore è al riparo. Sanità, pubblica istruzione, gestione del ciclo dei rifiuti, acqua, energia, agricoltura, formazione professionale… e così via sono sottomessi ad un controllo talmente fitto e capillare da relegare alla politica un ruolo secondario e pressoché irrilevante che si sia al governo o all’opposizione. Tanto da essere percepita senza alcuna distinzione tra le parti poiché è diffusa convinzione che ogni cosa si possa ottenere solo attraverso favori e amicizie.
Questo spiega perché fino ad oggi in Sicilia governare contro gli interessi dei siciliani non ha mai comportato il rischio di perdere una maggioranza elettorale ed è anche la ragione delle sonore sconfitte riportate dal mio partito nonostante importanti candidati come Rita Borsellino, Leoluca Orlando e Anna Finocchiaro.

Quindi qual è la soluzione?
Spaccare questo sistema, frantumarlo ed è quello che abbiamo l’occasione di fare adesso.

Con Lombardo?
La scissione interna al centrodestra è profonda e difficilmente sanabile. Questo consente di far approvare in Parlamento, alla luce del sole, alcune riforme dirompenti che smantellano quei vecchi sistemi di potere legati, per esempio, al clientelismo affaristico-mafioso alla Cuffaro o alla Dell’Utri.

Ci faccia un esempio pratico.
Partiamo da quanto è già stato fatto dal governo Lombardo con il nostro sostegno.
E’ noto come il settore della sanità sia al centro di più appetiti, data la quantità ingente di denaro che vi affluisce e la Sicilia purtroppo, come hanno dimostrato anche recenti inchieste giudiziarie, detiene un record quanto a strutture sanitarie private, infiltrate dagli interessi mafiosi, cui venivano destinati enormi quantità di denaro pubblico. L’assessore Massimo Russo, già magistrato rigoroso, ha avviato un processo di risanamento durissimo cominciando con il ridurre le Asl da 27 a 17, bloccando proprio quel meccanismo dell’accreditamento del privato presso il pubblico e incentivando l’accorpamento.
Un altro centro nevralgico dell’affarismo mafioso è da sempre la gestione dei rifiuti.
La frase in siciliano “ni trase munnizza, n’isce oro” (entra immondizia e ne esce oro) attribuita a Provenzano e ai suoi fedelissimi è storia.
Anche in questo campo sono stati adottati provvedimenti straordinari, impensabili fino ad oggi. Il 31 dicembre scorso, mediante votazione segreta, è stata liquidata l’ARRA (Agenzia Regionale sui rifiuti), un centro di potere attorno al quale ruotavano tutti gli affari legati al movimento e smaltimento rifiuti, guidati da un manager pubblico soprannominato “Mister 500.000 euro” per la sua rendita annuale personale. A questo proposito va sottolineato il lavoro promosso dall’ assessore Pier Carmelo Russo che ha messo fine a sprechi enormi abolendo il sistema degli ATO che in poco più di tre anni hanno prodotto oltre un miliardo di debiti, gravando sulle spalle dei contribuenti cui è offerto un servizio a dir poco pessimo. I 27 ATO saranno sostituiti da dieci società di gestione che si dovranno dare obiettivi precisi entro determinate scadenze.
E ancora, il nostro apporto è stato decisivo per bloccare l’affare del secolo: la costruzione di 4 termovalorizzatori  su cui la mafia aveva già messo le mani tramite la ditta ALTECOEN dei fratelli Gulino di Enna, un’azienda già indicata come legata ai clan Santapaola che ovviamente non possedeva la certificazione antimafia.
Senza considerare che la gara d’appalto non era stata nemmeno pubblicata sulla gazzetta europea.
In un altro settore è stato ancora decisivo l’impegno dell’assessore Russo, esposto in prima persona nella lotta alla mafia. Nella delicatissima questione delle centrali nucleari,  con un’attenta relazione di technicality, ha messo in crisi la fattibilità del progetto, anche sul piano legislativo-amministrativo e ha portato all’appuntamento Stato-Regioni il voto fermamente contrario della Sicilia.
Inoltre il Pd all’Ars ha presentato una mozione contro il nucleare che è stata approvata dall’Assemblea.
Così nel settore delle energie alternative. Oggi, dopo essere riusciti grazie a Marco Venturi, (assessore delle attività produttive e esponente di quella CONFINDUSTRIA del cambiamento rappresentata da Lo Bello) che si è speso in prima persona per bloccare le infiltrazioni mafiose nel settore dell’eolico, ci sono finalmente le basi concrete per una seria prospettiva di vera industria del fotovoltaico anche in Sicilia.

Insomma le riforme vengono prima di tutto?
E’ un dato di fatto che se avessimo anteposto il gioco politico tutto questo non sarebbe cambiato. Attenzione però, la nostra non è una delega in bianco a Lombardo. Il discorso è molto chiaro, c’è una sfida progettuale e politica che deve portare a termine le grandi riforme strutturali entro il 30 giugno prossimo. E la successiva e fondamentale è quella della ri-pubblicizzazione dell’acqua. La Sicilia è stata la prima regione a privatizzare, oggi deve essere la prima a riconsegnare ai cittadini la proprietà di un bene che è, per definizione, pubblico!
E’ quindi indispensabile creare degli ATO idrici: semplici authority di vigilanza ed indirizzo pubblico. I Comuni, se grandi, o liberi consorzi territoriali ne devono avere la gestione che deve essere affidata a tecnici professionali e di esperienza formati specificatamente a questo scopo.
La gestione privata dell’acqua non solo non ha risolto nessun problema, ma ha rappresentato per tutti i cittadini un aumento delle tariffe e in nome del “profitto privato” famiglie povere anche con bimbi piccoli si sono viste tagliare l’acqua. E’ inaccettabile che la gente possa lavarsi e dissetarsi in base al proprio reddito procapite! Si torna così alla logica mafiosa del “controllo discrezionale” dell’acqua, un salto indietro nel tempo che non si può tollerare!
Questo è solo il primo dei punti irrinunciabili che deve contenere la nuova finanziaria se Lombardo vuole l’appoggio del partito democratico. Penso anche all’abolizione di alcuni enti inutili, ovvero circa la metà delle società partecipate della regione; all’abolizione del ticket sanitario per le fasce più deboli e alla scuola, il laboratorio per il futuro della nostra regione. Deve essere ripristinato il tempo pieno, soprattutto nelle zone a rischio dove la scuola svolge anche un ruolo di riferimento per tanti giovani. Così si potrebbero riassorbire tutti quei docenti precari licenziati dalla Gelmini, ma anche tutti coloro che dovrebbero fuoriuscire dal sistema della Formazione professionale regionale.

Il suo discorso non fa una piega. Ci pare però di intravvedere un grave rischio in questa sua posizione. Potrebbe essere percepita dal popolo dell’antimafia, giustamente intransigente, come un odioso compromesso che forse non tutti sono disposti a comprendere.
Io sono il primo a chiedere il confronto con la base e con la società civile. Il cambiamento non può avvenire ad un unico livello, tanto meno solo politico. Io chiedo di essere controllato e di avere gli occhi puntati addosso anche da parte della stampa. L’azione riformista deve essere rigorosa e trasparente, anche nei confronti del PD, sia chiaro.
Il crisafullismo, al quale mi sono sempre opposto pubblicamente e con grande fermezza, non è che una sfaccettatura del “cuffarismo” perché appartiene allo stesso sistema di collusioni, allo stessa sistema di potere che adesso come non mai possiamo far saltare. Con le riforme siamo in grado di spezzare le catene dello sviluppo deviato, altrimenti se il sistema sarà sempre lo stesso, lo sarà anche il risultato elettorale.
E solo di fronte ai fatti concreti cadranno le maschere e si vedrà finalmente chi vuole davvero realizzare un’antimafia seria e progettuale che può liberare tutte le potenzialità e le energie positive della Sicilia e chi solo un’antimafia parolaia che oggi si fa a gara a sbandierare.

Tutto questo non si sarebbe potuto fare andando ad elezioni?
Le valutazioni politiche devono tenere conto di tanti fattori e spesso comportano scelte difficili. Mi rendo conto che questo esperimento è tanto inedito quanto delicatissimo ma è per questo che il Pd siciliano deve stare attento  a non incappare in due pericoli molto insidiosi.
Il primo è quello di coloro che urlano “al voto, al voto” e che non si rendono conto che così facendo potrebbero favorire un’ennesima operazione di trasformismo alla siciliana, “cambiare tutto per non cambiare nulla” rischiando di agevolare il ricompattamento del centrodestra siciliano, UDC compresa. E il secondo è quello di coloro che mormorano “al governo, al governo” una strada che porta dritti all’omologazione con Lombardo facendo sì che l’opzione politica del Pd si trasformi nella mera ricerca di occupazione di posti di governo e sottogoverno. Questa scelta sì avrebbe fatto da stampella a Lombardo snaturando la funzione di riformismo radicale che si sta comunque percorrendo.

Come vede il futuro della Sicilia?
Parto dalla costatazione che l’unità d’Italia sta venendo meno. Il sud è stato mollato. I poteri forti e produttivi del Nord Italia non hanno più bisogno del tradizionale mercato interno rappresentato dai consumi del Sud; con la globalizzazione può espandere i suoi affari altrove dove è più conveniente.
Fino a ieri ha retto il perverso meccanismo duale per cui il Nord produce beni e organizza i migliori servizi, dagli asili nido all’università e il Sud che consuma i prodotti del Nord e organizza la rete dell’assistenzialismo da cui trae reddito diffuso e consenso elettorale. Oggi questo patto di solidarietà alla base dell’ “Idea Italia” si va sfaldando.
E’ giunto il momento che la Sicilia realizzi il vero senso dell’autonomia, accettando la sfida di un federalismo avanzato. Tutto il meridione deve assumersi le proprie responsabilità se vuole diventare moderno e progredito e deve avere la forza di mettere in discussione l’unità come è stata concepita fino ad oggi, un’unità in cui tutte le regioni producono secondo le proprie vocazioni e peculiarità. Solo così si potranno creare benessere, diritti e opportunità per i territori e per l’intero Paese. Una nuova unità d’Italia in cui le risorse si distribuiscono nei territori in base a indici atti a misurare la quantità e la qualità dei livelli infrastrutturale, da un lato, e dei servizi socio-sanitari-scolastici dall’altro.

Quindi lei valuta positivamente il federalismo fiscale?
E’ solo un primo passo per aprire ad una scommessa più profonda per riorganizzare finalmente l’autosviluppo del Sud e della Sicilia. La stessa politica deve prevedere partiti realmente autonomi e federati che si assumano le responsabilità di scelte avanzate e coraggiose da negoziare con il potere centrale.
Chiaro che questo non può avvenire se non si impiantano tutti quei meccanismi di rottura con il passato e se non passa senza equivoci il concetto che senza legalità non ci può essere sviluppo. Questo significa innanzitutto smontare la macchina infernale della burocrazia regionale per costruirne un’altra moderna, trasparente che sappia parlare il linguaggio del merito e del progetto che spazzerebbe così il terreno di coltura delle mafie. Una volta per tutte.

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