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di Giorgio Bongiovanni

In occasione della prima condanna emessa dal tribunale di Brescia nei confronti dell’ex pm di Mani Pulite Piercamillo Davigo, avevamo già formulato un appello: che il magistrato porgesse le proprie scuse ai pubblici ministeri Sebastiano Ardita, oggi procuratore aggiunto a Catania e al sostituto procuratore nazionale antimafia e già consigliere togato del Csm Nino Di Matteo. Riproponiamo oggi quell’articolo in occasione di un’altra condanna, quella dell’Appello Bis, di cui abbiamo parlato in un precedente articolo. Non crediamo assolutamente che Davigo sia corrotto ma ravvisiamo in lui quell’arroganza e quella presunzione che spesso connotano le élite chiuse in sé stesse.
Sono ormai molteplici i giudici che dimostrano come l'agire di Davigo sia stato grave e nel mancato rispetto della legge.
Anche per questo, a nostro avviso, nessuna giustificazione può essere data ai comportamenti dell'ex pm di Mani Pulite. 
Ma ci sono profili anche etici: quando i magistrati, per condotte censurabili, finiscono col costituire una casta separata dal corpo sociale, è dovere dei cittadini comuni e dei giornalisti ricordare che chiedere scusa non è indice di debolezza, bensì di elevata etica. 
Sarebbe opportuno che un magistrato come Davigo dimostrasse umiltà e professionalità, ammettendo lo sbaglio e chiedendo scusa alle vittime delle proprie azioni.
Solo così darà nuovo onore alla propria carriera – ricordiamo che è in pensione dal 2020 dopo un voto che lo ha estromesso dal Csm - e soprattutto sarebbe uno schiaffo a quel centro di potere che cerca in tutti i modi di ostacolare i magistrati dalla schiena dritta.

 

Davigo condannato. E adesso chieda scusa ad Ardita e Di Matteo


di Giorgio Bongiovanni 

Pena di un anno e tre mesi (sospesa) per rivelazione di segreto d'ufficio

Il tribunale di Brescia ha condannato a un anno e tre mesi (pena sospesa) Piercamillo Davigo, ex magistrato dello storico pool Mani Pulite, ex giudice di Cassazione ed ex componente del Csm, finito a processo per rivelazione del segreto d'ufficio per l'ormai noto caso dei verbali dell'avvocato Piero Amara, in cui parlava dell'esistenza di una presunta "Loggia Ungheria", di cui a suo dire avrebbero fatto parte personaggi delle istituzioni e delle forze armate, oltre che due componenti del Csm.
Verbali che furono a lui consegnati nell'aprile del 2020 dal pm di Milano Paolo Storari (assolto in via definitiva dalla stessa accusa di rivelazione con rito abbreviato).
Aspettando di leggere le motivazioni della sentenza, tenuto conto che Davigo ha già annunciato che farà appello, è chiaro che i giudici (che pure hanno riconosciuto le attenuanti generiche all'imputato) hanno ritenuto valida l'accusa.
Le dichiarazioni furono rese da Amara in cinque interrogatori, tra il 6 dicembre 2019 e l'11 gennaio 2020, nell'inchiesta sul cosiddetto 'falso complotto Eni', di cui Storari era uno dei titolari insieme alla collega Laura Pedio.
E Davigo ne entrò in possesso a Milano nell'aprile del 2020, da stessa ammissione di Storari.
All'ex pm di Mani Pulite Storari consegnò quei verbali segreti, rassicurato dall'inopponibilità al segreto rivendicata dal consigliere del Consiglio superiore della magistratura, ma Davigo agì - per la pubblica accusa - fuori dalla procedura formale descritta in due circolari e invece di impedire la diffusione di quegli atti svelò, a quasi una decina di persone, quelle informazioni rese dal controverso Amara – soggetto ritenuto inattendibile e calunniatore da ben due Procure, stabilendo che la loggia Ungheria è una bufala - per screditare il collega Ardita, il cui nome avrebbe fatto parte di quei verbali segreti.

Era l'unica sentenza possibile nel rispetto della legge, davanti a un reo confesso non si poteva far finta di niente” ha affermato l'avvocato Fabio Repici, che ha tutelato gli interessi dell'ex consigliere del Csm Sebastiano Ardita, unica parte civile nel processo bresciano. Per il legale “c'è stato un tentativo di golpe ai danni del Consiglio superiore della magistratura e il consigliere Ardita era stato visto come uno dei pochi ostacoli” contro cui scagliarsi. “Oggi bisognerebbe ringraziare Ardita per aver mantenuto la dignità dell'Organo di autogoverno della magistratura, senza un ruolo nel quadriennio e senza l'impegno di pochi altri di tutela delle istituzioni; oggi probabilmente se quella operazione fosse riuscita ci troveremmo davanti a una giustizia più sbandata” ha concluso Repici.
Abbiamo evidenziato più volte come su Ardita le informazioni diffuse fossero inquietanti, palesemente calunniose e false.
E sul punto basta andare a rileggere alcune testimonianze di Di Matteo e dello stesso Ardita nel processo di Brescia.

Di Matteo spiegò ai giudici che nelle dichiarazioni di Amara sulla “Loggia Ungheria” vi era “un tentativo di condizionare
l’attività del Consiglio, di delegittimazione del dottor Ardita ma anche un tentativo di condizionamento della loro attività e, indirettamente, anche della mia”.
Il Tribunale ha anche stabilito che Piercamillo Davigo dovrà risarcire con 20 mila euro Sebastiano Ardita.
Al di là delle questioni penali, alla luce di certi gravi e clamorosi errori sul piano etico e morale, sarebbe opportuno che un magistrato come Davigo dimostrasse umiltà e professionalità, ammettendo lo sbaglio e chiedendo scusa alle vittime delle proprie azioni.
Concludendo la nostra speranza è che il giudice Piercamillo Davigo realizzi che il suo comportamento erroneo possa essere stato utilizzato da centri di potere dalla mente raffinata, all’interno e all’esterno della magistratura, nell’avvocatura, nelle massonerie deviate e nei settori devianti dello Stato. Poteri legati ad organizzazioni criminali che tentano in ogni modo di delegittimare e screditare l’operato di certi magistrati con la schiena dritta come Sebastiano Ardita e Nino Di Matteo.

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