di Giorgio Bongiovanni
L’ingiusto massacro mediatico del conduttore Rai contro Roberto Scarpinato
Poco più di una settimana fa, invitato dal famoso conduttore e giornalista Massimo Giletti nel programma televisivo (Lo Stato delle cose su Rai 3), Roberto Scarpinato, ex procuratore generale di Palermo, senatore del Movimento Cinque Stelle e membro della Commissione parlamentare Antimafia, è tornato a parlare di quanto accade in Commissione parlamentare antimafia spiegando anche i contenuti del dialogo avuto con Gioacchino Natoli nella ormai famosa intercettazione che è stata trasmessa dallo stesso programma televisivo.
"A novembre è stato sentito dalla Commissione Antimafia il magistrato Patronaggio e Colosimo gli ha fatto una domanda su una riunione che si era svolta il 14 luglio 1992 - ha ricordato Scarpinato rispondendo alle domande di Giletti - Patronaggio ha detto: 'Io ero presente, si è parlato di mafia e appalti e di una richiesta di archiviazione per alcuni indagati'. Mi chiamò Natoli che aveva sentito via web quella audizione e mi disse: 'Anche io ero presente a quella riunione e Patronaggio si ricorda bene'. Io gli ho detto che questa cosa doveva dirla alla Commissione Antimafia perché è importante".
Da quel momento Scarpinato è stato continuamente interrotto da Giletti, il quale ha di fatto impedito di contestualizzare i fatti e di articolare il proprio pensiero con la chiarezza e la competenza che lo contraddistinguono. Nonostante ciò, l'ex magistrato, con la sua consueta nobiltà d’animo ed educazione, ha replicato con determinazione: “Lei non legge i documenti. È inutile parlare se non conosce i documenti”. Questa frase sintetizza quanto avvenuto.
In passato, Giletti si era distinto per trasmissioni coraggiose in difesa di magistrati come Nino Di Matteo, affrontando temi scottanti come le scarcerazioni dei boss durante il periodo del Covid, o proprio l'incresciosa vicenda della ingiusta defenestrazione del sostituto procuratore nazionale antimafia dal Pool che indagava sui mandanti esterni delle stragi.
Celebre è stata la sua polemica durante la trasmissione "Non è l'Arena" in cui difese Di Matteo su quella vicenda ed anche sulla questione della mancata nomina da capo del Dap, da parte dell'ex ministro della giustizia Alfonso Bonafede. O ancora le puntate in cui ospitò Salvatore Baiardo, il favoreggiatore dei fratelli Graviano, capomafia di Brancaccio, che anticipò di fatto la cattura di Matteo Messina Denaro. Inoltre, Giletti ebbe il coraggio di rivelare ciò che sapeva su una fotografia compromettente, che avrebbe ritratto proprio Giuseppe Graviano insieme a Silvio Berlusconi, Marcello Dell’Utri e, forse, un ufficiale delle forze dell’ordine.
Una rivelazione che è di fatto costato il programma a Giletti, che poi è tornato in Rai.
Ed è da questo momento che inizia la “discesa” di Massimo Giletti, fino a quella che possiamo definire la sua “caduta”. 
Giletti ha iniziato a sostenere cause discutibili, come quella di Chiara Colosimo, presidente della Commissione Parlamentare Antimafia.
Invece di denunciare il depistaggio orchestrato dalla Commissione, che si concentra solo su aspetti marginali della strage di via D’Amelio e ignora indagini più profonde.
Giletti, che sembra aver completamente "sposato" la pista mafia-appalti, si allinea così al sistema di potere che vuole stravolgere i fatti e la narrazione della storia.
Ricordiamo che Roberto Scarpinato ha presentato 57 documenti ufficiali alla Commissione, tutti ignorati, mentre si è assistito a un vero e proprio complotto per emarginare lui e il magistrato Federico de Raho, considerati “scomodi” perché non allineati alle versioni ufficiali e depistanti della Commissione.
Invece di difendere l’operato di Scarpinato, come aveva fatto in passato per Di Matteo, Giletti ha compiuto una vera e propria giravolta, ostacolandolo e tentando di smentirlo in diretta davanti a milioni di telespettatori.
La “caduta” di Giletti è stata evidente l’altra sera, quando Scarpinato, con documenti alla mano, ha dimostrato in modo inequivocabile il pregiudizio del conduttore il quale, anziché ascoltare e riconoscere il "limite" di conoscenza sul punto, aprendo a nuovi approfondimenti, ha mostrato tutta la propria arroganza sul tema trattato.
Dobbiamo dedurre che Giletti sia passato completamente dalla parte di chi ostacola la verità? Ha forse dimenticato le proprie trasmissioni in tema di trattativa Stato-mafia?
Davvero ritiene che Borsellino sia stato ucciso solo per una questione di appalti? Davvero crede che la strage di via d'Amelio sia slegata dalle stragi del 1993 come vorrebbe lasciarci intendere questa Commissione parlamentare antimafia e come promuove questo governo fascista?
Dica chiaramente ciò che pensa, così sapremo se dobbiamo considerarlo "avversario" nella ricerca della verità.
Forse farebbe meglio a leggere i documenti che sono stati consegnati da Scarpinato e a ritrovare il coraggio perduto, parlando di quegli argomenti (la mafia, le stragi, la politica, le trattative, i rapporti con l'eversione nera e la massoneria) in televisione.
Non sarebbe solo un atto di umiltà ed onestà intellettuale, ma anche un gran servizio pubblico. Senza lasciarsi trascinare dai venti del governo fascista che appoggia criminali di guerra ed è amico di mafiosi.
Foto di copertina © Imagoeconomica
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