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Il figlio del "Capo dei capi" parla del padre, lancia messaggi e si paragona ai bambini di Gaza

"Mio padre ha combattuto il sistema". "Un uomo serio e onesto". "Non l’ho mai visto compiere un atto di violenza o tornare a casa con una pistola in mano e sporco di sangue". "Non è stato lui a far uccidere Falcone". Eccole qui alcune delle scandalose affermazioni di Giuseppe Salvatore Riina, coinvolto in una chiacchierata (così viene definita) su "Lo Sperone Podcast", disponibile su YouTube, con gli speaker Gioacchino Gargano e Luca Ferrito.
Oltre un'ora in cui Riina jr parla di fatto a "ruota libera" come un "testimone qualunque". E nel suo delirio arriva persino a paragonarsi ai bambini di Gaza ("Perché come i piccoli palestinesi, da bambino ho vissuto sempre come se fossi in perenne emergenza").
Lo diciamo subito, Giuseppe Salvatore Riina è legittimamente in libertà dopo aver pagato il suo debito con la giustizia (era stato condannato a 8 anni e 10 mesi per associazione mafiosa, riciclaggio ed estorsione). Tuttavia dobbiamo ricordare ai nostri lettori che resta un affiliato (data la condanna per 416bis), che ama suo padre stragista, non lo rinnega e non lo giudica, come ebbe a dichiarare in una contestatissima intervista a Porta a Porta nel 2016.
In quell’occasione, intervistato da Bruno Vespa, Riina jr descriveva Totò Riina come un buono e tranquillo padre di famiglia. Aggiunse di non sapere nulla delle bombe del ’92.
E lo stesso ha fatto in questo podcast. 
Eppure nel luglio 2001, intercettato mentre era in macchina con un amico, definì suo padre “il colonnello” e aggiunse “deve sempre decidere lui e avere la responsabilità lui. Deve pigliare la decisione e la decisione fu quella: ‘abbattiamoli’”. Il riferimento era ai magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Due vite spezzate dal padre. Un’eredità ingombrante di cui Riina jr, in quell’intercettazione, sembra non averne sofferto. Anzi. Sembrava addirittura vantarsene. 
Nel podcast dei giorni scorsi ha detto altro: "Giovanni Falcone i pentiti raccontano che lo ha fatto ammazzare mio padre per vendetta. Ma così dicono loro. C’era altra gente dietro. E ad ammazzare Giovanni Falcone, così come il piccolo Giuseppe Di Matteo, in pratica è stato solo Giovanni Brusca, che poi è diventato pentito. Non mio padre Totò Riina".
Il boss corleonese sarebbe stato una sorta di "parafulmine", accusato ingiustamente di ignobili delitti, come la strage del Rapido 904 ("Più volte viene indicato, viene messo in questa storia. Più volte assolto. Si mistifica la realtà").
Si fa beffe dello Stato dicendo che l'antimafia oggi non ha più senso di esistere citando casi come quello Montante o Saguto. E poi dice di non sapere nulla della mafia.
"Mi chiedono continuamente dove si trova il 'tesoro' di mio padre. Io so solo che lo hanno arrestato quando avevo 14 anni e non parlava con me di queste cose. Quando l’hanno preso ero in sala giochi con mio fratello. Negli anni hanno fatto tanti sequestri a mio padre. Se chiedete all’intelligenza artificiale, sommerà almeno un miliardo di euro. Ma io non ne so nulla ed è inutile che me lo continuino a chiedere".  


riina salvatore shobha

Salvatore "Totò" Riina © Shobha 


E ancora: "Giovanni Falcone e Paolo Borsellino erano due magistrati che sapevano cosa volevano e volevano lavorare. Nessuno dopo Falcone ha più utilizzato il suo metodo di indagine basato sul 'seguire i soldi'". 
Riina jr parla e straparla.  
Tuttavia, tra una giustificazione e l'altra sul ruolo e l'operato del padre, potrebbe aver detto anche delle mezze verità. 
Parlando di Falcone, ad esempio, ha parlato di mandanti esterni, dichiarando che "quando l'hanno ammazzato, non dava più fastidio alla mafia o a Totò Riina, ma ad altri dietro le quinte. Forse chi ha voluto la sua morte sono stati questi". 
O ancora ha fatto intendere che il padre fu consegnato perché non più utile ad un certo sistema: "Da quello che dicono anche le varie forze dell'ordine e magistrati, mio padre era talmente potente che era quasi diventato incontrastabile. Tant'è vero che subito dopo le stragi, talmente il suo potere è diventato forte, comincia a dare fastidio. Quindi allora meglio che a Totò Riina lo leviamo di mezzo, quindi lo facciamo arrestare. Ma questo è un po' quello che succede sempre un po' a tutti i personaggi che vengono poi messi a capo della mafia. Questo è quello che accade quando una persona diventa scomoda per quel tipo di ambiente che non si sa da dove viene. Ti stavo dicendo io, che è un ambiente che oggi non si sa da dove viene. Mettiamo Bernardo Provenzano, la sommersione, si ammala, non serve più, lo facciamo arrestare. Mettiamo Matteo Messina Denaro, quando finisce di montare le pale eoliche, anche lui si ammala giusto giusto. Perché li arrestano quando si ammalano tutti? Perché in quel sistema quando un personaggio del genere non serve più ai loro interessi o non può fare più i loro interessi dobbiamo sostituirlo". 
A chi parla Salvuccio Riina nella sua ambiguità? Lui è un uomo d'onore ed essendo figlio del Capo dei capi è ai vertici di quella Cosa nostra della quale non sappiamo cosa è rimasto, ma che c'è ancora. Cosa sa veramente e cosa ha saputo sugli arresti del padre e dei suoi successori? Ha individuato concorrenti o mandanti esterni? Parli chiaro.
Lui, già condannato per 416 bis, figlio di uno stragista e con un fratello ergastolano condannato per mafia ed autore di omicidio, non bestemmi lo Spirito Santo (che è il peccato che Cristo non perdona, se vuole davvero dichiararsi credente (come ha fatto in passato), con il suo paragone con i bimbi di Gaza, veri martiri. 
E se proprio vuole essere ascoltato, smetta di parlare a vanvera. In questo momento storico vi è un Governo che sta facendo leggi a favor di mafia e vi sono personaggi nel sistema di potere che hanno trattato con il padre. Sono questi gli interlocutori a cui sta rivolgendo il suo messaggio sibillino? Con chi vuole parlare? Ce lo dica chiaramente. E dica la verità. 

Foto di copertina tratta da La Repubblica

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