di Giorgio Bongiovanni
Al Presidente del Movimento cinque stelle Giuseppe Conte abbiamo sempre parlato in modo chiaro, diretto e trasparente. Lo abbiamo apprezzato per le sue battaglie contro la corruzione, contro la mafia e le sue prese di posizione forti sulla guerra, in particolare contro il riarmo ed il genocidio in corso a Gaza. Ed è proprio per questo che ci mettiamo nei panni degli elettori, reali e potenziali (visto il grande numero di astenuti che rappresenta la maggioranza degli italiani), che ovviamente non hanno gradito la presenza tra gli ospiti di Tilman J. Fertitta, il nuovo ambasciatore in Italia voluto dall'amministrazione americana del post Biden di uno dei principali leader dell'opposizione.
A Villa Taverna, dove si sono celebrati i duecentoquarantanove anni dal giorno della dichiarazione di indipendenza americana, non era il solo politico presente. C'era il centrodestra unito e tutta la squadra di Governo; c'erano Roberto Fico e Rocco Casalino; Maria Elena Boschi e Marco Minniti. C'era persino Marco Tronchetti Provera.
Il Presidente Conte deve sapere che la sua presenza in quella sede non è un bel segnale.
E lo diciamo anche se prendiamo atto della sua presa di posizione, riportata da Il Foglio, in questi termini: "Gli Stati Uniti sono i nostri tradizionali alleati. Il che vale a prescindere da chi di volta in volta risiede alla Casa Bianca. Bisogna sempre ricordare che quella con gli Usa è un'alleanza indiscutibile. Come indiscutibile è la nostra adesione alla Nato". E poi ancora: "L'alleanza è ormai vecchia di quasi ottant'anni. Mentre il mondo intero è cambiato. La battaglia del M5s contro la corsa al riarmo, e contro il 5 per cento del Pil per spese militari all'interno della Nato, è improntata alla massima lealtà e trasparenza necessarie tra alleati. Se non si ha il coraggio di parlare in modo franco, e non si ha il coraggio di spiegare che per noi questi obiettivi sono oggettivamente insostenibili, allora non si è alleati ma sudditi. Questo approccio lo abbiamo adottato anche con i miei governi".
E' vero che certi concetti li aveva ripetuti anche in passato, ma il leader dei Cinquestelle dovrebbe capire che in questo momento storico, di fronte ad un presidente americano come Trump, tra i più stolti e folli che l'amministrazione americana ha avuto, non c’è dialogo. Un presidente che con il suo sostegno ad Israele è complice del genocidio o dell'indiscriminato attacco all'Iran, al di là delle tregue che sono state o saranno (forse) firmate.
Al di là delle chiacchiere in Ucraina prosegue il conflitto con la Russia. Il Mondo, dunque, resta appeso ad un filo.
Con la sua presenza Conte rischia di ripetere i medesimi errori commessi dal padre fondatore del Movimento Cinque Stelle, il comico buffone Beppe Grillo. Anche lui partecipava alla festa per "l'Indipendence day" all'Ambasciata Americana. E lo faceva anche quel Luigi Di Maio che è stato l'infiltrato di un certo potere atlantista chiamato a riportare "nei ranghi" il nostro Paese proprio a seguito della vittoria dei pentastellati alle elezioni politiche.
E' in questi dettagli che si compromette la fiducia e si uccide la speranza di un vero cambiamento.
Un cambiamento che si esprime nella presenza di 300mila persone, lo scorso 7 giugno, per fermare la guerra a Gaza così come in precedenza, il 6 aprile, in centomila avevano sfilato per le strade della Capitale per gridare "No al riarmo ed alla guerra". Noi c'eravamo. Eravamo presenti. Ed abbiamo tastato i polsi del popolo che vuole verità, giustizia e pace vera.
Un popolo che cerca risposte e che vuole essere rappresentato da leader veri, coerenti ed intransigenti. E di fronte ad una possibile catastrofe mondiale, finché non verrà posto fine ai conflitti, è inutile parlare di alleanze.
Speriamo che questa critica, che vuole essere costruttiva, possa far comprendere definitivamente il rischio che si corre. A nostro giudizio certi passi falsi non vanno fatti. Ovviamente è una nostra opinione.
Foto © Imagoeconomica
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