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A 33 anni dalla strage di Capaci, Palermo scende in piazza al grido “Non chiedeteci silenzio”

Il 23 maggio non è il giorno del silenzio. È il giorno del grido, della lotta. È il giorno di chi urla: “Fuori la mafia dallo Stato!”.
Nei giorni scorsi, Maria Falcone ha chiesto “il silenzio per ascoltare, per riflettere, per restituire dignità a un ricordo troppo spesso sopraffatto dalle polemiche”.
Ma si trincera, ancora una volta, dietro al “rispetto delle istituzioni”, anche quando quelle istituzioni - come nel caso del sindaco Roberto Lagalla - sono sostenute da personaggi amici dei mafiosi, come Totò Cuffaro e Marcello Dell’Utri, condannati rispettivamente per favoreggiamento e concorso esterno in associazione mafiosa (pene scontate).
Rispetto delle istituzioni non significa inginocchiarsi davanti a chi quelle istituzioni le ha infangate, svuotate, piegate a interessi oscuri.
A 33 anni dalla strage di Capaci, Palermo torna a farsi sentire.
Un corteo antimafia dal basso attraverserà le strade della città. Una mobilitazione vera, popolare, nata dai giovani, dagli studenti, dai lavoratori.
Da quegli stessi giovani che, esattamente due anni fa, vennero caricati sotto l’Albero Falcone.
Ricordiamo bene le immagini. I cordoni delle forze dell’ordine che sbarrano l’ingresso, gli slogan sotto i colpi dei manganelli: “Fascisti!”, “Vergogna!”, “Fuori la mafia dallo Stato!”.
Alcuni studenti a terra, altri manganellati. Disabili e bambini messi in pericolo. Il panico tra la folla.
Scene inaccettabili, che raccontano bene il volto di un governo autoritario e fascista che reprime il dissenso.
Oggi, Palermo non scenderà in strada per commemorare in silenzio.
Lo farà per pretendere verità e giustizia. Per Giovanni FalconeFrancesca MorvilloRocco DicilloAntonio Montinaro e Vito Schifani – vittime innocenti di una strage di Stato.
Ma anche per tutte le vittime delle stragi e delle collusioni tra mafia e potere (spesso deviato).
Se la signora Falcone volesse davvero dare un segnale di rispetto, dovrebbe cacciare dal palco gli amici dei mafiosi, gli ipocriti, i traditori della memoria di suo fratello Giovanni.
Dovrebbe invece dare voce a chi quel corteo lo ha promosso. Invitarli sul palco, ascoltarli, riconoscerne la battaglia.
Perché loro - più di chiunque altro - custodiscono la memoria viva di Giovanni Falcone, di Francesca Morvillo e degli agenti di scorta.
Loro - più di chiunque altro - sanno distinguere tra i sepolcri imbiancati e la memoria viva.
Fanno bene i giovani a fare rumore.
Come si può restare in silenzio di fronte alla presenza, sul palco della commemorazione ufficiale, del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e del Guardasigilli Carlo Nordio?
Due volti di una giustizia che viaggia in direzione opposta a quella tracciata da Falcone.
Un ministro della Giustizia - come già Marta Cartabia prima di lui - impegnato a smantellare la legislazione antimafia che Falcone ha contribuito a costruire.
Delegittima i magistrati che osano indagare i piani alti del potere, smonta leggi cruciali per combattere i reati dei colletti bianchi, riduce la mafia a un problema di ordine pubblico.
Di fronte a tutto questo, i giovani devono alzare la voce.
Ci auguriamo che le autorità li lascino manifestare, che non ostacolino la rabbia civile e giusta di chi scende in piazza per amore della verità.
E soprattutto, ci auguriamo che sul palco sotto l’Albero Falcone non salgano - ancora una volta - gli amici dei mafiosi.

Rielaborazione grafica by Paolo Bassani (© Davide de Bari/Pietro Calligaris)

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