Il commento del sostituto procuratore nazionale antimafia Nino Di Matteo
Che il senatore del Movimento Cinquestelle, l'ex magistrato Roberto Scarpinato, fosse nel mirino del centrodestra era chiaro da tempo. Adesso però, con il disegno di legge numero 1277 - proposto inizialmente dalla presidente della commissione Chiara Colosimo - ora al vaglio presso la commissione affari costituzionali del Senato, l'intento è ancora più spudorato ed evidente in quanto si vuole introdurre "l'obbligo di astensione", per regolamentare le situazioni di “conflitto di interessi” dei membri della Commissione. Un'azione che un tempo definimmo da "bulli di Stato". Su i motivi che si nascondo dietro a questo nuovo testo normativo abbiamo sentito il sostituto Procuratore nazionale antimafia Nino Di Matteo, già consigliere togato del CSM, che non ha dubbi: "La volontà di estromettere il senatore Scarpinato dalla Commissione parlamentare Antimafia risponde strumentalmente alla necessità di neutralizzare chi, per le conoscenze e le esperienze maturate in tanti anni di indagini e processi, può mettere in crisi la rassicurante versione per la quale le stragi furono frutto esclusivo del delirio di onnipotenza di Salvatore Riina e magari di qualche imprenditore in odore di mafia".
Nel mirino oltre a Scarpinato, come sottolineato in una nota dei capigruppo M5S di Camera e Senato Riccardo Ricciardi e Stefano Patuanelli, vi è anche l'ex procuratore nazionale antimafia e deputato Federico Cafiero de Raho: "Due magistrati che per tutta la vita hanno combattuto la mafia dalla commissione antimafia. È il tipico atteggiamento delle organizzazioni malavitose, che fa inorridire", scrivono i pentastellati che definiscono questo disegno di legge una "ritorsione" messa in atto dopo "la nostra denuncia sul depistaggio istituzionale in corso sulla strage di via d’Amelio".
Anche l'avvocato Luigi Li Gotti, che nella sua lunga carriera ha difeso collaboratori di giustizia come Tommaso Buscetta, Totuccio Contorno, Giovanni Brusca, Francesco Marino Mannoia e Gaspare Mutolo, da noi sentito sul punto ha espresso considerazioni nette: "Il problema con questo disegno di legge è che vengono sindacate le prerogative del singolo parlamentare. Si sacrifica il suo lavoro di componente della Commissione in ragione di un eventuale e asserito conflitto d'interessi. Un'azione evidentemente strumentale. Perché indubbiamente Roberto Scarpinato dà fastidio.
Sin dall'inizio dei lavori ha presentato una memoria di 57 pagine in cui elencava analiticamente tutti i buchi neri delle stragi indicando anche una serie di testimoni da sentire e di documenti da acquisire.
Roberto Scarpinato © Imagoeconomica
Lo ha fatto facendo valere la sua conoscenza del fenomeno mafioso e degli avvenimenti avvenuti nel periodo delle stragi. Una conoscenza che facilita il suo lavoro attuale in quella sede.
Lo abbiamo visto anche di recente. Insieme al gruppo del Movimento Cinque Stelle, è tornato a depositare un documento di 90 pagine in cui si fanno osservazioni in ordine alle risposte ed alle affermazioni del generale Mori e del colonnello De Donno rese in Commissione antimafia ed inserite anche in una memoria scritta presentata durante la loro prima audizione. La Commissione dovrebbe essere lusingata di avere un componente così esperto in Commissione, invece per ragioni politiche lo si vuole far fuori".
Quindi ha aggiunto: "Vogliono modificare la legge istitutiva della Commissione con finalità specifiche: estromettere chi ha gli strumenti per comprendere la veridicità o meno, o capire quali siano le domande più opportune da fare agli auditi. E' come se in una Commissione sulla sanità io escludessi un medico estremamente competente con la scusa che lo si vuole sentire per un fatto circoscritto". "Così facendo - ha concluso Li Gotti - la Commissione si priverebbe di un contributo fondamentale da parte di chi queste vicende ha seguito, e quindi conosce. E conosce anche i risvolti o le zone d'ombra o buie su cui bisogna far luce. In questo modo si pregiudica il lavoro di accertamento del singolo parlamentare. Io ritengo che si tratti di un'iniziativa per estromettere chi può dare fastidio ai lavori e alle scelte della Commissione e in particolare del suo Presidente. Scarpinato dà fastidio. E questo non è un atto nell'interesse dei lavori della Commissione ma a danno".
Chiara Colosimo © Imagoeconomica
I dettagli della legge anti-Scarpinato e de Raho
Alla fine, quindi, saranno i due magistrati i primi ad essere colpiti assieme a tutti coloro che in futuro potrebbero essere di ostacolo al "buon andamento dei lavori" (come si legge nel testo) della maggioranza di turno.
In termini tecnici il disegno di legge - a firma di Iannone, Cantalamessa, Gasparri, Salvitti, Sisler, Rastrelli, Sallemi, Russo, Della Porta, Sigismondi e Melchiorre - propone una modifica alla legge 2 marzo 2023, n. 22, che ha istituito la Commissione parlamentare antimafia.
Ma andiamo per ordine: dove parte questa trovata?
L’anno scorso l'ex magistrato Gioacchino Natoli, già Presidente della Corte d'Appello di Palermo ed ex pm che ha vissuto il periodo storico del pool antimafia al fianco di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, si ritrova ad essere indagato dalla Procura di Caltanissetta con l'accusa di favoreggiamento alla Mafia e calunnia. Di questo ce ne siamo già occupati più volte nel nostro giornale.
Appena dopo la notizia delle indagini su Natoli il quotidiano La Verità aveva fatto esplodere un vero e proprio caso (che non c'è) dando notizia dell'esistenza di intercettazioni tra quest’ultimo e Scarpinato (passive e casuali, a detta degli investigatori), compiute dalla Procura di Caltanissetta, proprio nell'ambito dell'indagine aperta contro lo storico membro del pool antimafia.
Il centro destra, subito dopo, aveva gridato allo scandalo chiedendo le dimissioni dell'ex procuratore generale.
Senza poterle ottenere hanno infine creato ad hoc questo disegno di legge che interviene in maniera chirurgica: cioè non mette alla porta il membro della commissione ‘colpevole’ di conflitto di interessi ma, di fatto, lo ‘esclude’ dai lavori.
La domanda sorge spontanea: chi deciderà tutto questo?
Un organo terzo? Certamente no; sarà la commissione stessa.
Gioacchino Natoli © Paolo Bassani
Il processo decisionale è dettagliato nell’articolo 2-bis, comma 3: la Commissione esamina le comunicazioni o segnalazioni relative a un possibile conflitto di interesse, che possono provenire dal componente stesso (comma 2, che prevede la dichiarazione entro 10 giorni) o da altri membri della Commissione; successivamente si passa al contraddittorio con il senatore o deputato interessato, permettendo a quest’ultimo di presentare la propria posizione. Al termine dell’esame, la Commissione approva una relazione che stabilisce se esiste un conflitto di interesse e se è necessario l’obbligo di astensione (comma 3) “dalla partecipazione ai lavori e dalla consultazione della documentazione” relativa ai fatti in cui sussiste il conflitto, qualora la loro partecipazione “possa recare pregiudizio alla obbiettività delle indagini e degli accertamenti”.
Tale relazione alla fine viene mandata al Presidente della commissione e al presidente della camera di appartenenza.
Ma non solo: la norma è retroattiva, cioè considera sia i conflitti presenti al momento della nomina sia quelli che emergono “a seguito di determinati atti compiuti o ad esito delle indagini svolte nel corso dell’inchiesta”.
In soldoni sarà la maggioranza di governo a decidere chi sarà in ‘conflitto di interesse’ oppure no poiché, come scritto prima, la relazione finale verrà votata.
Non vi è traccia quindi di equilibrio e garantismo nel disegno di legge proposto dal centro destra, anzi, sarebbe da considerarsi un vero e proprio atto fascista contro Roberto Scarpinato e Federico Cafiero de Raho.
Scarpinato per tanti anni è stato nel pool antimafia della Procura di Palermo dove, dopo la strage di Capaci, Scarpinato guidò la “rivolta” dei sostituti palermitani contro l’allora capo della Procura Pietro Giammanco. A Palermo si è occupato di importanti indagini e processi su mafia e politica. Certamente vale la pena ricordare che, insieme all’allora procuratore di Palermo, Giancarlo Caselli, e ai colleghi Guido Lo Forte e Gioacchino Natoli condusse il processo per concorso in associazione mafiosa, a Giulio Andreotti che venne prescritto in Appello ma il reato, come riconosciuto dalla corte, venne commesso fino alla primavera del 1980.
Successivamente Scarpinato è stato Procuratore generale prima a Caltanissetta e poi di nuovo a Palermo e fu sempre impegnato in delicati processi".
A nostro avviso è evidente che il conflitto di interessi sia di chi ha proposto il disegno di legge e non di chi, come Scarpinato, sta cercando di far chiarezza in sede di commissione sul periodo delle stragi del 1992-'93.
Federico Cafiero de Raho © Imagoeconomica
Ma in fondo cosa ci si poteva aspettare da un governo sostenuto da Forza Italia, il partito fondato da Silvio Berlusconi, che pagava la mafia, e da Marcello Dell'Utri, condannato definitivo a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa?
Marcello Dell'Utri oggi viene dipinto come un martire, nonostante sia indagato a Firenze per strage. Ed ugualmente martiri vengono ritenuti i vari Nicola Cosentino o Antonino D'Alì, anch'essi ex Forza Italia condannati per concorso esterno in associazione mafiosa.
E che dire della stessa Colosimo che frequentava Luigi Ciavardini, responsabile, oltre che della strage di Bologna, anche dell'omicidio del magistrato Mario Amato?
Si potrebbe andare avanti ancora per molto ed elencare altri politici meloniani o azzurri che disonorano la poltrona su cui siedono ma non servirebbe.
Come “bulli di Stato”, ripropongono il sistema autoritario di mussoliniana memoria per poter proseguire senza intoppi nell'opera di riscrittura della storia, facendo credere che le morti di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino siano avvenute per questioni di Cosa nostra, appalti e poco altro.
Per far questo diventa necessario eliminare tutte le voci fastidiosamente libere e chi, come l'ex Pg di Palermo Scarpinato, non si è mai rassegnato all'idea che le Stragi di Capaci e via D'Amelio nonché gli attentati di Roma, Firenze e Milano del 1993 siano stati fatti solo dalla mafia. Scarpinato è tra quei magistrati che ha compiuto delicatissime indagini che dimostrano come dietro quelle stragi ci sono uomini potenti della politica, della massoneria, della destra eversiva. Ed è questo il vero motivo per cui vogliono toglierli di mezzo. Per mettere una pietra tombale sulla ricerca della verità sulle stragi di Stato.
Foto di copertina © Imagoeconomica
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