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Il sottosegretario alla Giustizia si dimetta

Si è conclusa con una condanna a otto mesi per rivelazione di segreto d’ufficio la vicenda giudiziaria che ha travolto il sottosegretario alla Giustizia Andrea Delmastro. Il tribunale di Roma lo ha ritenuto colpevole per aver diffuso informazioni riservate sulla detenzione dell’anarchico Alfredo Cospito, noto per la sua protesta contro il regime del 41-bis. Nonostante la condanna, Delmastro ha escluso qualsiasi ipotesi di dimissioni, dimostrando un arrogante disprezzo per la gravità dei fatti accertati dalla giustizia. Il verdetto è giunto al termine di un processo rapido, durato meno di tre mesi dal rinvio a giudizio. Eppure, la procura di Roma - con il procuratore aggiunto Paolo Ielo e la pm Rosalia Affinito - aveva chiesto l’assoluzione del politico di Fratelli d’Italia, sostenendo l'assenza dell'elemento soggettivo del reato, ossia la volontà consapevole di commettere un illecito. Tuttavia, i giudici hanno valutato diversamente, stabilendo che la condotta di Delmastro fosse penalmente rilevante. Da qui la condanna a otto mesi.
L’epilogo di questa vicenda conferma la gravità delle azioni compiute dal sottosegretario di Fratelli d’Italia, che, invece di assumersi la responsabilità del proprio operato, si aggrappa al suo incarico istituzionale come se nulla fosse. Un atteggiamento inaccettabile per chi ricopre un ruolo di tale rilievo. La permanenza di Delmastro al governo non solo mina la credibilità delle istituzioni, ma trasmette anche un pericoloso messaggio di impunità. Un rappresentante dello Stato condannato per violazione di segreti d’ufficio non può restare al proprio posto: le dimissioni non sono solo un atto dovuto, ma un imperativo etico e politico. A rendere la sua posizione ancora più grave è il costante richiamo a un passato che non può essere tollerato in una democrazia. Delmastro ha più volte espresso nostalgie per l’epoca fascista, un orientamento incompatibile con il ruolo di garante della legalità e della giustizia in uno Stato democratico. Un politico che ostenta riferimenti e simpatie per un passato autoritario, antidemocratico e fascista non può restare al governo. 


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Giovanni Donzelli


Il caso

Tutto ha avuto inizio quando il sottosegretario decide di passare al suo collega di partito e coinquilino, Giovanni Donzelli, esponente di Fratelli d’Italia, alcuni dettagli riguardanti la detenzione di Cospito nel carcere di Sassari, in particolare sui suoi dialoghi con alcuni boss mafiosi e altri detenuti anarchici presenti nella stessa struttura penitenziaria. Il nodo centrale della questione è che queste informazioni provenivano dal NIC (Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria) e non potevano essere divulgate: erano informazioni coperte da segreto. Tuttavia, il 31 gennaio 2023, Donzelli riporta durante il suo intervento alla Camera i contenuti di alcune delle intercettazioni sui colloqui di Cospito con i boss mafiosi e altri anarchici; e lo fa attaccando quattro parlamentari del Partito Democratico: Debora Serracchiani, Walter Verini, Andrea Orlando e Silvio Lai. Secondo Donzelli, la loro visita a Cospito sarebbe stata un segnale di vicinanza a posizioni mafiose. Un’accusa che ha comportato reazioni immediate, con il deputato di Alleanza Verdi e Sinistra, Angelo Bonelli, che ha presentato un esposto in Procura, dando il via all’inchiesta.


Delmastro è quella vecchia nostalgia per il Duce

Il caso Cospito non ha certo destato grande sorpresa, soprattutto tra chi conosce e ricorda le tendenze, per certi versi inquietanti, del sottosegretario alla Giustizia, Andrea Delmastro Delle Vedove, nostalgico dell’era fascista. Il suo è un curriculum che parla chiaro. Nel 2011 celebrava su Facebook la marcia su Roma, scandendo in numeri romani gli anni trascorsi dall’ascesa di Mussolini. Nel 2002 organizzava un convegno per presentare il Duce come un pacifista costretto alla guerra da Hitler, un’operazione di revisionismo storico degna della peggiore propaganda neofascista. Ma non si è fermato qui: Delmastro ha omaggiato il nazista Leon Degrelle, ha diffuso citazioni di Brasillach, noto per il suo antisemitismo viscerale, e persino difeso il negazionista dell’Olocausto David Irving, perché, a suo dire, bisognava “riscrivere la storia senza pregiudizi”. In pratica, dare spazio alle peggiori teorie negazioniste e filonaziste.


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Un vero obbrobrio è stata la citazione mussoliniana pronunciata da Delmastro nel 2023, quando ad Aosta il sottosegretario di FdI esordì con un “spezzare le reni” mentre parlava di riforma della giustizia. A fare da cornice nera e inquietante al drammatico quadro del sottosegretario alla Giustizia Delmastro è un passato turbolento, che ha preceduto la carriera di avvocato prima e di deputato poi. Nel 2000 - ha ricordato Repubblica - da dirigente di Azione Giovani interruppe una lezione dello storico Giovanni De Luna, considerato “sgradito” alla destra neofascista, mentre due anni prima, ancora studente, aveva bruciato libri di storia davanti al liceo per protestare contro la presunta distorsione dei fatti del Novecento. Nel 2004 finì anche sotto processo, poi assolto, per un'aggressione ai danni di un ragazzo che mostrava un'immagine di Che Guevara durante un comizio di Giorgia Meloni.


Lo scivolone di RaiNews che "assolve" Delmastro

Unitamente alla notizia della condanna inflitta a Delmastro, è arrivata anche quella sulla gestione del caso da parte di RaiNews, con il Comitato di redazione che si è scagliato contro il direttore Paolo Petrecca per aver pubblicato un titolo “fuorviante”, in cui si anticipava erroneamente l'assoluzione di Delmastro prima ancora che la sentenza venisse emessa.
“Oggi alle ore 12 RaiNews titola l’assoluzione per l’esponente Delmastro di Fratelli d'Italia nel caso Cospito. Un titolo fuorviante per i telespettatori - ha denunciato il Cdr - di sicuro una fake news allo stato attuale”. Il Comitato di redazione della testata ha poi ribadito come questo episodio possa essere, in realtà, un chiaro indicatore di una vicinanza inopportuna del direttore Petrecca a Fratelli d'Italia, con l'inevitabile strumentalizzazione politica del servizio pubblico. “Petrecca - ha sottolineato il Cdr nel suo comunicato - è convinto di anticipare una sentenza che arriverà presumibilmente solo nel pomeriggio, ma nessuno può esserne certo. Dunque, alle 12 una notizia non corretta trova già spazio nella ristretta rosa delle notizie più importanti di metà giornata che meritano un titolo. Decisione presa unilateralmente dal direttore. E cominciamo a comprendere con maggior chiarezza il motivo per cui il direttore abbia deciso di formulare personalmente i titoli da qualche giorno a questa parte - continua il Cdr -. Verrebbe da pensare che si tratti dell’ennesimo inchino alla politica, in barba al ruolo del servizio pubblico, che imporrebbe autorevolezza e inoppugnabilità. Hanno nulla da eccepire i vertici dell’azienda su queste condotte? Li chiamiamo ancora una volta in causa a difesa della credibilità di un’azienda nei confronti degli italiani che pagano il canone”.

Foto © Imagoeconomica

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