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di Giorgio Bongiovanni

E' un fuoco incrociato quello che si è scagliato contro Sigfrido Ranucci e la redazione di Report dopo la messa in onda dell'approfondimento dedicato all’inchiesta della procura di Firenze (coordinata dagli ex aggiunti Luca Tescaroli, ora procuratore capo a Prato, e Luca Turco ora in pensione), sui mandanti esterni delle stragi del 1993 di Firenze, Milano e Roma.
Un'indagine che nel registro degli indagati annovera figure come l'ex senatore Marcello Dell’Utri, l’ex generale del Ros dei Carabinieri Mario Mori e che vedeva iscritto, almeno fino alla data del decesso, anche l'ex premier Silvio Berlusconi.
La prima a scendere in campo, con un attacco diretto e sconclusionato, è stata Marina Berlusconi. La figlia dell'ex Cavaliere ha dimostrato tutta la propria ignoranza ignorando (o volendo ignorare?) la sentenza definitiva che ha condannato Dell’Utri a sette anni per concorso esterno in cui si parla chiaramente di un “accordo concluso, grazie alla mediazione di Dell’Utri, tra Cosa nostra e Silvio Berlusconi”, e si afferma che l’assunzione di Vittorio Mangano “era funzionale a garantire un presidio mafioso all’interno della villa di quest’ultimo”.
A seguire c'era stato il fronte unito del centrodestra (da Forza Italia, Lega e Fratelli d'Italia) pronto a scagliarsi sempre contro Report ed il suo conduttore.
Quindi, chiamati alle armi, non potevano mancare i libellisti del potere che con un fare tipico dello squadrismo fascista, sputano veleno contro Sigfrido Ranucci.
Leggete ciò che scrivono i balilla fascisti de Il Foglio in questo pseudo “trafiletto-articolo-vignetta” chiamato “Andrea's Version”. Non è dato sapere chi si nasconde dietro la firma d'opinione. Ma becere sono le parole usate contro il giornalista.
Emanuele Ranucci, figlio del giornalista Rai, nel suo post su Facebook, in maniera diretta, determinata e profonda, ha replicato adeguatamente a questi balilla che si travestono da giornalisti.
Per questo la pubblichiamo volentieri nelle nostre pagine.


balilla

“Caro Andrea, fortunatamente mi sono imbattuto così poche volte nelle pagine del "giornale" in cui scrivi da non sapere né il tuo cognome né se tu - spero vivamente per la categoria di no - sia un giornalista professionista o un comico satirico, sono il figlio di Sigfrido Ranucci e nonostante alcune volte me ne sorprenda anche io, non sono ancora orfano di padre.
Vivo da sempre con il pensiero, il timore che ogni volta che saluto mio padre possa essere l'ultima, del resto credo sia inevitabile quando vivi per decenni sotto scorta, quando hai sette anni e ci sono i proiettili nella cassetta della posta di casa tua, quando vai a mangiare al ristorante e ti consigliano di cambiare aria perché non sei ben gradito nella regione, quando ti svegli una mattina e trovi scientifica, polizia, carabinieri e DIGOS in giardino perché casualmente sono stati lasciati dei bossoli, quando ricevi giornalmente minacce, pacchi contenenti polvere da sparo e lettere minatorie, o semplicemente quando ti abitui a non poter salire in macchina con tuo padre.
Ricordo perfettamente il periodo dello Tsunami e dell'isola di Sumatra, che giusto per precisione si trova in Indonesia e non India, quando papà con il parere contrario del suo Direttore Roberto Morrione decise di raccontare la vicenda in uno dei luoghi più martoriati dalle inondazioni, lontano dalle comodità e dai luoghi privilegiati dai quali tutti i media scrivevano.
E' uno dei primi ricordi di cui ho contezza, avevo 5 anni, mia sorella 6, mio fratello forse 8, eravamo in macchina, erano circa 40 ore che nessuno riuscisse ad avere contatti con papà, mamma tratteneva le lacrime a fatica, sola con noi tre, faceva finta che andasse tutto bene, forse è stata la prima volta che ho avuto la sensazione che dovessi percepire la vita con papà come se fosse a tempo, con una data di scadenza.
Ebbene sì, è tornato sano e salvo e a distanza di 20 anni purtroppo per te, Andrea, per fortuna per noi e credo di poter dire per il paese è ancora qui, a svolgere il suo lavoro come sempre, vivo e vegeto anche se in tanti lo vorrebbero morto.
Il morto del giorno è il giornalismo italiano, ancora una volta, e chi è l'assassino è evidente a tutti”.

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