Patto stretto tra Lagalla, Lombardo e Miccichè
Nessun giudizio o pregiudizio alla libera scelta di qualunque cittadino di esprimersi e fare politica in questa nostra democrazia. Ci mancherebbe.
Ma il patto siglato in un hotel di Palermo, con tanto di taglio del nastro, dalla triade Raffaele Lombardo (ex governatore della Sicilia e leader degli Autonomisti) Gianfranco Miccichè (ex ras di Forza Italia nell’isola) e Roberto Lagalla (attuale sindaco del capoluogo siciliano) non lascia presagire nulla di buono.
In attesa di conoscere nome e simbolo di questa nuova creatura di centrodestra possiamo almeno sospettare che questo nuovo partito siciliano piacerà alla mafia. La storia dice che essa guarda sempre con interesse alle nuove forze-politiche e sempre la storia mette in evidenza amicizie e relazioni pericolose degli stessi protagonisti di questo nuovo matrimonio politico.
Partiamo da Gianfranco Miccichè, in passato grande protagonista in Forza Italia, partito fondato da un uomo della mafia come Marcello Dell'Utri (condannato definitivo e pena scontata per concorso esterno in associazione mafiosa).
Fu longa manus di Berlusconi nel famoso cappotto del “61 a 0” del 2001. Nei mesi scorsi la Procura di Palermo ha chiesto il rinvio a giudizio per peculato e truffa con l’accusa di avere avuto una “gestione arbitraria e del tutto personalistica”, come scrisse il gip, dell’auto blu di cui disponeva da deputato regionale.
Era finito in qualche modo coinvolto, seppur non da indagato, in un'inchiesta dell'estate 2023 sullo spaccio di cocaina nella “Palermo bene”.
Sentito a sommarie informazioni dai pubblici ministeri aveva ammesso di fare uso di cocaina e di essersi rivolto ad un suo amico, Mario Di Ferro (al tempo arrestato per poi patteggiare una pena a 4 anni), per acquistarla.
Uno scandalo se si considera che rifornirsi di cocaina a Palermo significa contribuire, anche se con poco rispetto alle grandi somme a cui è abituata Cosa Nostra, a ingrossare le tasche di un’organizzazione criminale e stragista.
Poi c'è il sindaco di Palermo Roberto Lagalla, che ancor prima della propria elezione aveva accettato il sostengo di soggetti condannati per fatti di mafia.
Su di lui avevano puntato pubblicamente Marcello Dell’Utri, che come si legge nella sentenza di condanna “dal '74 al '92 si fece garante di un patto tra Berlusconi e le famiglie mafiose”, e Totò Cuffaro.
L'ex presidente della Regione Siciliana fu condannato nel 2010 a sette anni di reclusione per favoreggiamento a Cosa nostra. Un soggetto che ha semplicemente scontato la propria pena, senza mai ammettere i propri errori. Nelle motivazioni della sentenza di Condanna della Cassazione veniva messo nero su bianco che tra Cuffaro e “vari esponenti” di Cosa Nostra ci furono ripetuti contatti.
Silvio Berlusconi © Imagoeconomica
I supremi giudici sottolineavano che, "in maniera del tutto corretta, argomentata e riscontrata, i giudici della corte di appello di Palermo – con la sentenza emessa il 23 gennaio 2010, che ha innalzato da cinque a sette anni la condanna con l’accusa di mafia – avevano provato l’esistenza dell’accordo 'politico mafioso' tra il capomandamento di Brancaccio Guttadauro Giuseppe e l’uomo politico Cuffaro Salvatore e la consapevolezza di quest’ultimo di agevolare l’associazione mafiosa, inserendo nella lista elettorale per le elezioni siciliane del 2001 persone gradite ai boss e rivelando, in più occasioni, a personaggi mafiosi l’esistenza di indagini in corso nei loro confronti".
Inoltre la Cassazione aveva anche ribadito che Guttadauro aveva stretto l’accordo con il Cuffaro, mediato dal portavoce Miceli, “proponendo all’uomo politico, che accetta (e inserisce nella lista) la candidatura alle elezioni regionali del Miceli, mobilitando l’intera famiglia mafiosa per le consultazioni, al fine di ottenere il sostegno per un ridimensionamento del regime carcerario del 41 bis, per il controllo dei flussi della spesa pubblica e per il condizionamento delle attività economiche sul territorio, tutti interessi dell’associazione mafiosa che Miceli si era impegnato a realizzare”. Cuffaro, intervistato da LiveSicilia, afferma oggi di guardare "con interesse" a "tutto quello che serve a rafforzare il centro". Tuttavia conferma l'apprezzamento totale solo verso il primo cittadino di Palermo, nella speranza che tutti "siano leali" ora e in futuro, in vista delle prossime elezioni. Scaramucce, vien da dire.
Detto di Miccichè e Lagalla, ultimo vertice del triangolo è Raffaele Lombardo. Sappiamo bene che l'ex Governatore è stato assolto in via definitiva dalle accuse di concorso esterno alla mafia e corruzione elettorale. C'è stato un lungo iter giudiziario con la condanna in primo grado a 6 anni e 8 mesi, il riconoscimento in appello solo dell'accusa di corruzione elettorale, l'annullamento della Suprema Corte di Cassazione, il successivo processo di secondo grado concluso con l’assoluzione, confermata dalla Suprema Corte nel marzo 2023.
Nel processo erano emersi dei rapporti “diretti o indiretti, di Lombardo con esponenti delle famiglie mafiose di Cosa nostra”, ma per i giudici si tratterebbe di “elementi aspecifici e privi di carattere individualizzante” che non hanno dimostrato la sussistenza del concorso esterno. "La sentenza rescindente - scrivevano i giudici di Cassazione - è netta nell'affermare la necessità della prova della conclusione di un patto di tal genere, prova che non può essere ravvisata nella sola esistenza di rapporti tra lo stesso ed esponenti anche di vertice dell'organizzazione criminale aventi a oggetto fatti privi di illiceità".
Tutto normale, dunque. O quasi. Perché resta comunque scandaloso vedere come certe figure siano, oggi come ieri, protagoniste della politica del Paese. Stringendo nuovi patti.
Tutto cambia affinché nulla cambi, diceva il Gattopardo.
E ancora una volta vengono calpestate le parole di Paolo Borsellino quando, intervenendo in una scuola di Bassano del Grappa nel 1989, spiegava quell’equivoco di fondo che da sempre accompagna la politica italiana: nascondersi dietro lo "schermo" della sentenza prima di prendere provvedimenti "facendo pulizia al proprio interno di tutti coloro che sono raggiunti, ovunque, da episodi o da fatti inquietanti, anche se non costituenti reato”. Noi non dimentichiamo.
Realizzazione grafica by Paolo Bassani
ARTICOLI CORRELATI
Miccichè, la cocaina e la mafia
In Sicilia i premi antimafia vanno agli amici della mafia
Cassazione conferma l'assoluzione per Raffaele Lombardo
Dell'Utri e Berlusconi i soci della mafia
Dell'Utri condannato per mafia e indagato per strage, Lagalla ricorda?