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La caserma Lungaro, sede del reparto scorte della Questura di Palermo, ha aperto le sue porte ancora una volta per l’evento organizzato dal Siap (Sindacato italiano appartenenti Polizia) al quale hanno partecipato familiari vittime di mafia, sopravvissuti alle stragi e membri della società civile.
Un momento "vero", più di tutti gli altri eventi, a detto Salvatore Iuculano, dirigente sindacale del Siap. E i protagonisti sono stati proprio loro, gli agenti di scorta di Paolo Borsellino, Giovanni Falcone e tanti altri, passati centinaia e centinaia di volte da quel luogo per raggiungere le personalità che dovevano proteggere.
Dopo trent'anni nuovi volti si sono uniti al reparto scorte per continuare il servizio con spirito di sacrificio.


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Valori che necessariamente dovranno essere passati alle nuove generazioni, ragazze e ragazzi a cui dovrà essere anche insegnato quello che l'ex magistrato Gherado Colombo chiamava il "vizio della memoria". "In momenti come quelli che stiamo attraversando - ha detto il caporedattore di ANTIMAFIADuemila Aaron Pettinari - a trent'anni dalle stragi, la memoria ancora una volta viene vilipesa, derisa e calpestata da sentenze, da provvedimenti ingiusti a mio modo di vedere, che calpestano la memoria di Giovanni Falcone, Paolo Borsellino e e delle vittime delle stragi". "Ci sono tante, troppe storie che non hanno una verità", ha aggiunto. "Oggi più che mai è necessario dare le corrette informazioni ai ragazzi, o meglio stimolarli a fare memoria di ricercare la verità, ma anche di capire e comprendere quello che sta accadendo nel tempo presente anche in questa città", Palermo, dove molto sangue è stato fatto scorrere nel tempo.


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E al dolore si mischia la rabbia per la mancata ricerca della verità come hanno testimoniato Vincenzo Agostino (padre dell'agente di polizia Antonino ucciso assieme alla moglie Ida il 5 agosto 1989), Graziella Accetta e Nino Domino, rispettivamente madre e padre del piccolo Claudio ucciso barbaramente il 7 ottobre 1986.
E a questo si aggiungono contraddizioni e assurdità. Nel recente periodo infatti si è rivista la comparsa sulla scena politica di personaggi condannati in via definitiva per reati legati alla mafia: Marcello Dell'Utri e Salvatore Cuffaro. Il primo condannato per concorso esterno in associazione mafiosa e il secondo per favoreggiamento aggravato dalla finalità di volere aiutare Cosa Nostra.
Dopo tutti questi anni ecco che la questione morale torna sulla scena in maniera dirompente: invito a "non leggere soltanto i dispositivi delle sentenze ma anche i comportamenti delle persone”, ha ripetuto anche Federica Fabretti, membro del gruppo delle Agende Rosse e collaboratrice di Salvatore Borsellino (non presente all'evento per motivi di salute).
Fabretti ha anche sottolineato l'importanza di non cedere ai tentativi di revisionismo e di santificazione di certi personaggi le cui azioni sono sì state accertate, ma in seguito giudicate come non costituenti reato.


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Parole di denuncia anche da Luciano Traina (fratello di Claudio Traina) il quale ha detto che "ogni anno ricevo pacche sulle spalle" da certi onorevoli e da certi ministri, come a voler dire "ci pensiamo noi" e il "giorno successivo è sempre peggio". E i fatti, fino ad oggi, rispecchiano quelle parole. Cosa Nostra è tornata a sparare e ad essere protagonista in prima persona del traffico di droga.
I mezzi di comunicazione mainstream ci vogliono far credere "che è tutto quanto apposto - ha detto Aaron Pettinari - che è tutto quanto finito ma non è così". "Come si sconfigge questo? Grazie a questo insieme. Solo se sapremo restare insieme".
Parole che sono state riprese da Luigi Lombardo (segretario del Siap di Palermo) che ha poi dato la parola ad Antonio Vullo (l'unico sopravvissuto di quella scorta nel giorno della strage di via d'Amelio), presente assieme a Marcello Loi (fratello di Emanuela Loi). Vullo ha voluto concludere parlando della strage di via D’Amelio e dell’agenda rossa di Paolo Borsellino, il “veicolo”, secondo lui, che ha portato “a tutto questo”. Su quell’agenda il giudice annotava i risultati delle sue inchieste e rappresenta ancora oggi un potentissimo strumento di ricatto. Ma in un Paese ricattabile non si potrà mai avere "giustizia e pace", come ha sintetizzato il questore Leopoldo Laricchia, e un tassello indispensabile per ottenere quella verità che rende liberi rimarrà sempre e inesorabilmente l’individuazione dei mandati esterni di quelle stragi.

Foto © Deb Photo

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