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La sparizione dell'Agenda Rossa di Paolo Borsellino, la presenza di 'soggetti in giacca e cravatta' sul luogo della strage di Via D'Amelio e, infine, i depistaggi.
Sono questi gli argomenti delle puntate "Il gioco grande" e "Alfa e Beta" del podcast 'Mattanza' prodotto dal 'Fatto Quotidiano'.
Esiste un filo che lega tutti i tragici eventi che si sono verificati negli anni novanta: da Tangentopoli (17 febbraio 1992) fino all'arresto dei fratelli Graviano a Milano (27 gennaio 1994). In mezzo a questi due punti si sono verificate stragi, arresti, Trattative e depistaggi, di cui la sparizione dell'Agenda Rossa di Borsellino rimane uno dei passaggi principali.
A distanza di anni non sappiamo ancora i nomi di quei personaggi "in giacca e cravatta", come li aveva descritti Francesco Paolo Maggi, uno dei primi poliziotti ad arrivare sul luogo della strage. Di sicuro c'è che questa gente "dei servizi" era arrivata sul luogo dell'eccidio solo "dopo dieci minuti". Era estate a Palermo e il caldo era insopportabile eppure costoro erano "belli freschi, proprio senza una goccia di sudore...come se fossero stati dietro l’angolo, non lo so...da chi hanno appreso la notizia questi?" Aveva continuato Maggi in una delle sue deposizioni in aula.





Inoltre tra i filmati dell'inferno di via D’Amelio si era riusciti a identificare un uomo in divisa: l'allora tenente colonnello Emilio Borghini, all’epoca comandante del gruppo carabinieri di Palermo.  Nelle immagini di quel 19 luglio 1992 lo si vede lasciare l’auto di servizio in via Autonomia Siciliana per dirigersi a piedi, tra idranti, fumo e macerie, verso la Croma blindata di Paolo Borsellino, saltato in aria da pochi minuti con i cinque agenti di scorta.
Sono le 17.28. L’ora, calcolata misurando l’ombra del sole sul muro del palazzo di via D’Amelio, non lascia spazio a dubbi: è quella del prelievo (il primo) della borsa del magistrato con dentro l’agenda rossa. Tre minuti dopo, alle 17.31, si vede l’allora capitano Giovanni Arcangioli allontanarsi dal luogo dell’esplosione, con la borsa del giudice assassinato in mano, e dirigersi verso via Autonomia Siciliana.
Ed è stato l’attivista delle Agende Rosse, Angelo Garavaglia Fragetta, a esaminare decine di ore di filmati dell’inferno di via D’Amelio, a controllare personalmente per anni quell’ombra sul muro per fissare con certezza i tempi delle misteriose manovre attorno alla borsa del magistrato, e a montare il video, proiettato in aula durante il Borsellino quater (e poi anche alla Camera, presente il presidente della commissione Giustizia, Giulia Sarti), che mostra anche altri potenziali testimoni dei movimenti di quella valigetta in pelle: uno è il giudice Nicola Mazzamuto, filmato a pochi metri di distanza, e l’altro è l’ex pm Giuseppe Ayala, che del prelievo della valigetta in pelle dall’auto carbonizzata di Borsellino ha fornito diverse ricostruzioni contrastanti.





Nella borsa del giudice, consegnata nell’ufficio del dirigente della squadra mobile di Palermo Arnaldo La Barbera, dell'agenda rossa non c'è traccia. Eppure la moglie Agnese, e i figli di Paolo Borsellino hanno sempre confermato che il giudice aveva messo l'agenda rossa dentro la valigia di cuoio la mattina del 19 luglio prima di recarsi dalla madre. I famigliari hanno raccontato anche che quando avevano chiesto spiegazioni a La Barbera per l'assenza della agenda dentro la borsa riconsegnata, dopo la strage, lo stesso (riconosciuto come principale responsabile del depistaggio delle prime indagini sulla strage, secondo la sentenza del Borsellino Quater) li aveva screditati in modo irrispettoso. A testimoniare l'esistenza dell'agenda rossa e l'importanza che aveva per le indagini di Paolo Borsellino, oltre a video e filmati dell'epoca, ci sono anche testimonianze e ricordi di amici o collaboratori, come il maresciallo Canale ad esempio, che aveva raccontato come il magistrato annotasse tutto in quella agenda rossa. Che fine ha fatto quindi quell'agenda rossa tanto importante?
L'ex procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato ha ricordato che la strage sarebbe stata inutile se non si fosse fatta sparire anche l'agenda del giudice, poiché Borsellino avrebbe parlato "anche da morto".
Resta certamente l'interrogativo sul perché Arcangioli si sia allontanato dall'auto con la borsa in mano per poi rimetterla dentro l'auto ancora fumante. Interrogativo al quale, secondo i giudici della Corte d'Assise di Caltanissetta che hanno emesso la sentenza del Borsellino quater, Arcangioli non ha fornito risposte soddisfacenti anzi, ha rilasciato “una deposizione ben poco convincente” oltre ad aver avuto un comportamento “molto grave”.

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