Questo sito utilizza cookie tecnici e di terze parti per migliorare la navigazione degli utenti e per raccogliere informazioni sull’uso del sito stesso. Per i dettagli o per disattivare i cookie consulta la nostra cookie policy. Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina o cliccando qualunque link del sito acconsenti all’uso dei cookie.

Sulla strage di Capaci si torna ad indagare su eventuali contatti tra il mondo degli estremisti di destra e Cosa Nostra.
Lo rende noto il 'Fatto Quotidiano' in un articolo a firma di Marco Lillo. Solo di recente questi fatti sono arrivati sul tavolo della procura di Caltanissetta di cui nei giorni scorsi (il 18 maggio) il gip, Graziella Luparelli, ha respinto la richiesta sollecitando una nuova attività istruttoria, da completare nell’arco di 6 mesi, tra acquisizioni di documenti e interrogatori, “procedendo se necessario a nuove iscrizioni nel registro degli indagati”.
Ora sarà di competenza del nuovo procuratore Salvatore De Luca con il pm Pasquale Pacifico e gli altri pm assegnati al caso stragi dalla DNA (Domenico Gozzo, Francesco Del Bene e Salvatore Dolce) cercare di dare fare maggiore chiarezza.
Nello specifico lo spunto investigativo è stato raccontato da Alberto Lo Cicero al pm Gianfranco Donadio della DNA, in un paio di colloqui investigativi del 2006. Da qui il tema della 'pista nera' è stato rivitalizzato dall’ex Procuratore Generale di Palermo Roberto Scarpinato che ha trasmesso i risultati della sua inchiesta con una lunga informativa alla Direzione Nazionale Antimafia ora guidata da Giovanni Melillo. Ma di cosa si tratta? Della presenza dell’estremista di destra e fondatore di Avanguardia Nazionale Stefano Delle Chiaie a Capaci un mese prima della strage.
In quei colloqui investigativi il collaboratore aveva raccontato a Donadio di avere visto, sempre nei giorni prima della strage passare Delle Chiaie a bordo di un’Alfa Romeo sulla strada che porta a Capaci insieme al fratello della sua compagna, Domenico Romeo. Una scena che, ove anche fosse riscontrata, di per sé proverebbe al massimo uno scenario politico, non un reato. Tuttavia la Procura Nazionale aveva lasciato poi cadere la pista Delle Chiaie e la Procura di Caltanissetta non era stata coinvolta con un atto di impulso dalla DNA.
Va precisato che sono colloqui investigativi non utilizzabili processualmente e tutti da riscontrare. Nella puntata di Report in onda stasera, lunedì 23 maggio, alle ore 21.20, si mostra come, a trent’anni di distanza dalla strage di Capaci, la pista mafiosa e quella nera si potrebbero sovrapporre.
Nel maggio 1999, il rapporto di Delle Chiaie con la mafia era spuntato anche nelle parole di un altro collaboratore, il messinese Luigi Sparacio, ascoltato dal magistrato Gabriele Chelazzi che stava indagando sulle bombe di Roma del 1993 e sulle stragi di Firenze e Milano. Sparacio aveva rivelato al magistrato di aver incontrato a Roma il capo di Avanguardia nazionale, il quale "Dava delle strategie politiche da seguire a Cosa Nostra e che aveva consegnato una mappa dell'Italia con dei "segni fatti con la x" che rappresentavano "degli attentati da fare".
Stefano Delle Chiaie, secondo il racconto di Lo Cicero, tutto da verificare, incontrava un boss della mafia per poi cercare esplosivo in una cava.
Come sottolineato sul 'Fatto', Lo Cicero non era un mafioso ‘punciuto’ (ritualmente affiliato a Cosa Nostra n.d.r) tuttavia era cugino del boss Armando Bonanno e faceva l’autista di Mariano Tullio Troia, soprannominato U'Mussolini per le sue simpatie politiche, uno dei boss mafiosi di Palermo.
Inoltre aveva anche dei legami con Domenico Romeo, fondatore nel 1990 di molte Leghe meridionali con Stefano Menicacci, avvocato di Delle Chiaie con il quale Romeo era in ottimi rapporti. Lo Cicero conosceva Domenico Romeo perché aveva una relazione con la sorella di quest'ultimo, Maria Romeo.
La mafia aveva inoltre cercato di eliminarlo più volte nel 1993 e nel gennaio ’94 con due diversi commando di killer guidati da boss di alto livello: Gioacchino La Barbera e Gaspare Spatuzza. Entrambi poi arrestati e divenuti collaboratori di giustizia.
Alberto Lo Cicero ha raccontato ai pm anche di aver incontrato Paolo Borsellino. Secondo il pentito, Borsellino aveva visto informalmente Salvatore Lo Cicero quando era un confidente dei Carabinieri e lo avrebbe rivisto, sempre a detta di Lo Cicero, quando sarebbe divenuto un pentito. Purtroppo il 19 luglio Borsellino è stato ucciso e il primo verbale Lo Cicero lo fa il 24 luglio 1992 con altri pm.
Inoltre Lo Cicero avrebbe riferito – sempre prima della strage, a detta sua – di strani movimenti in corso a Capaci prima del 23 maggio 1992. Queste notizie sono state confermate in seguito dalla 'compagna' di Lo Cicero, Maria Romeo, che invece è viva. Risentita sul punto dai pm la compagna del pentito non ha solo detto di avere visto Lo Cicero andare a parlare con il procuratore Paolo Borsellino nel 1992 ma che anche lei probabilmente già nel 1992 andava lei stessa dai Carabinieri a parlare dell’apparizione di Stefano Delle Chiaie a Capaci.
In sostanza se Lo Cicero e Maria Romeo dicono il vero, che ci faceva Delle Chiaie, fondatore di Avanguardia Nazionale, a Capaci? Si è sempre parlato della vicinanza dell’artificiere della strage, Pietro Rampulla, della famiglia di Mistretta, a un’altra organizzazione di destra: Ordine Nuovo (ON).
Ricordiamo che secondo le sentenze chi aveva premuto materialmente il pulsante era stato Giovanni Brusca - l’allora capo del mandamento di San Giuseppe Jato - l’artificiere della strage di Capaci, colui che si era occupato della predisposizione dell’esplosivo sotto il canale di scolo dell’autostrada a Capaci era stato proprio Pietro Rampulla che, secondo le dichiarazioni importantissime di Nino Calderone, pentito catanese e fratello del capomafia Giuseppe Calderone, aveva imparato a maneggiare gli esplosivi da apparati di sicurezza dello Stato.

La pista che portava a Salvatore Biondino
Lo Cicero ha sostenuto di aver raccontato - da confidente - ai Carabinieri l’importanza di Salvatore Biondino, l’uomo più vicino a Totò Riina. Secondo quanto racconta a Report l’ex brigadiere Walter Giustini, Lo Cicero era il contatto che aveva messo le forze dell’ordine sulla strada giusta per catturare Totò Riina già nel 1991, pochi mesi prima della strage di Capaci e due anni prima del suo arresto.
A detta del pentito e di Maria Romeo, però le sue ‘dritte’ non furono valorizzate, tanto che Biondino sarà arrestato mentre faceva l’autista a Totò Riina nel gennaio 1993 grazie al pentito Balduccio Di Maggio e non nel 1992 grazie alle dritte di Lo Cicero.

Fonte: ilfattoquotidiano.it

ARTICOLI CORRELATI

Traditi, uccisi, dimenticati
di Saverio Lodato

Ancora livore e mistificazioni su Nino Di Matteo
di Giorgio Bongiovanni    

''Falcone e Borsellino: due simboli della giustizia per il mondo intero''
di Lorenzo Baldo

Trentennale stragi, Scarpinato: ''Italia incapace di affrontare la verità''

ANTIMAFIADuemila
Associazione Culturale Falcone e Borsellino
Via Molino I°, 1824 - 63811 Sant'Elpidio a Mare (FM) - P. iva 01734340449
Testata giornalistica iscritta presso il Tribunale di Fermo n.032000 del 15/03/2000
Privacy e Cookie policy

Stock Photos provided by our partner Depositphotos