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La collega Simona Zecchi svela un nuovo documento. Nel 1990 il magistrato interrogava Gelli, e c'era già chi informava il ministro Gava

Mentre nell'aprile del 1990 il procuratore aggiunto di Palermo Giovanni Falcone interrogava il maestro venerabile della P2 Licio Gelli, c'era chi, tra le istituzioni, violando il segreto istruttorio, era pronto ad informare il ministro degli Interni, il democristiano Antonio Gava, con tanto di "appunto riservato". 
La storia è stata raccontata oggi dall'ottima collega Simona Zecchi su TPI (The Post Internazionale) pubblicando quel documento inviato dagli uffici del dipartimento della pubblica sicurezza, proviene dalle carte del Ministero dell’Interno, declassificate dalla Direttiva Renzi del 2014.
Il mittente è leggibile: Luigi Rossi, prefetto ed al tempo capo della Criminalpol. 
E' consapevole di inviare notizie coperte dal segreto istruttorio (è scritto nel documento), eppure non si fa problemi ad informarlo.
Nel documento vi è anche un'altra firma ma risulta illeggibile. 
Un atto che fa intendere come il magistrato, in quegli anni impegnato nelle indagini sugli omicidi politici, ed in particolare su quello dell'ex Presidente della Regione Siciliana Piersanti Mattarella, e sui delitti di Michele Reina e Pio La Torre, stesse arrivando a toccare diversi sistemi di potere.
Appena un anno prima, infatti, aveva iniziato a escutere a verbale l'ex estremista nero di Terza Posizione, grande amico di Francesco Mangiameli, ucciso da Fioravanti: Alberto Volo.
Falcone lo interrogò una trentina di volte, persino a cavallo fra il 25 aprile e il primo maggio 1989. 
Leggendo il documento si evince che l'interrogatorio del 7 aprile è durato un'ora e mezza (dalle ore 16 alle 17). 
Emerge anche che nel giorno precedente Falcone incontrò Gelli. E assieme a lui vi sarebbero stati i magistrati Lo Forte e Pignatone. Un verbale che, come ricorda la Zecchi, venne ufficialmente acquisito, con la veste di sommarie informazioni, nella sentenza del giugno 1991 sugli omicidi politici eccellenti Mattarella, Reina e La Torre. 
Il verbale specifico del 7 aprile, invece, non si trova, e l’appunto che lo sintetizza registra che stavolta è solo Falcone a interrogare Gelli.
Sempre nell'appunto si legge anche la data dell’8 aprile del 1990, il giorno successivo all’interrogatorio. 
Cosa spinse Falcone a sentire Gelli per due giorni?
Volo, al tempo, aveva raccontato “di aver appreso da Mangiameli del coinvolgimento di Fioravanti nel delitto Mattarella. L’amico gli avrebbe parlato anche di un incontro con Gelli; l’omicidio dell’esponente Dc sarebbe stato finalizzato a bloccare il nuovo patto con la sinistra, che doveva essere sancito dal congresso della Democrazia cristiana del febbraio 1980”. Il testimone Volo parlò anche di una struttura segreta chiamata “Universal Legion”, simile a Gladio. “Una dichiarazione di grandissimo rilievo - ha commentato Tartaglia - se pensiamo che solo nell’ottobre 1990 Andreotti svelò l’esistenza di Gladio”. Però, all’epoca, le dichiarazioni di Volo non trovarono i riscontri necessari, il testimone venne valutato come inattendibile. Intanto, nel giugno 1989, c’era stato il fallito attentato sulla scogliera dell’Addaura: in quell’occasione, Falcone parlò delle “menti raffinatissime”.
Al venerabile della P2 nello specifico viene chiesto se fosse vero che abbia ricevuto presso la sua abitazione lo stesso Volo e altri due estremisti di destra, tra cui il noto Angelo Izzo, "per organizzare gli omicidi Mattarella e Reina, nonché la strage del Rapido 904".
Leggendo il documento pubblicato da TPI si evince che Gelli smentiva Volo. Ma è chiaro che quelle indagini davano fastidio. 
Nella nota è citata anche Nara Lazzerini, molto vicina a Gelli, sentita dallo stesso Falcone sui rapporti avuti dall’ex Venerabile con esponenti mafiosi: rapporti da lei confermati.
La Zecchi, per TPI, ha chiesto a più persone cosa sapessero o se ricordassero di quell'interrogatorio di Falcone a Gelli. 
"Non ricordavo - ha commentato l'ex Procuratore generale di Palermo Roberto Scarpinato - Certamente la comunicazione del contenuto dell’interrogatorio coperto da segreto al ministro non è attività consentita a norma di legge. È lecito supporre che Falcone fosse 'tallonato' in questo filone di indagini e che si temesse che potesse scoprire qualcosa che doveva restare segreto". 
L'ex prefetto Luigi Rossi, interpellato sulla vicenda, ha detto di non ricordare nulla né dell'interrogatorio né della nota ("È passato troppo tempo e io sono ormai vecchio, non posso esserle utile, chieda a De Gennaro"). 

Falcone spiato, lo scoop di Bolzoni e D'Avanzo
Recentemente, così come aveva fatto al processo Capaci bis, durante la deposizione del processo sulla morte del poliziotto Nino Agostino, ucciso assieme alla moglie Ida Castelluccio il 5 agosto 1989, il giornalista Attilio Bolzoni ha ricordato lo scoop che scrisse assieme al collega Giuseppe D'Avanzo. 
"Con  il dr. Falcone e il dr. Borsellino ci si vedeva frequentemente in quegli anni e non si parlava solo di Addaura ma di ciò che stava accadendo. Dopo l’Addaura la cosa che ricordo di più è la vicenda legata a quel testimone che stava ascoltando Falcone in quei mesi: Volo” disse rispondendo alle domande dell’avvocato Fabio Repici. “La mattina del 5 agosto dell’89 ricevetti un intero rapporto giudiziario che era stato presentato la mattina stessa alla procura della Repubblica. E quando mi fu consegnato rimasi sbalordito prima perché mi consegnarono un rapporto appena presentato alla procura della Repubblica e non è tanto normale - ha detto Bolzoni all'udienza dell'8 aprile scorso -. Me lo consegnarono due persone. Uno dei due era Arnaldo La Barbera, l’altro nome non posso dirlo per segreto professionale. Quel rapporto sosteneva che il dottor Falcone era spiato”. 
Dopo la lettura del rapporto Bolzoni decise di scrivere un articolo e all’indomani uscì un titolo in prima pagina: “Falcone spiato”. Ma qualcosa andò storto. “Tutti smentiscono. Io rimasi un po’ perplesso perché il rapporto era vero ed era stato presentato. Non capivo perché smentivano. Il giorno successivo uscì un’intervista su ‘la Repubblica’ ad un alto funzionario di Polizia, il Capo della Polizia Vincenzo Parisi, che al giornalista Giuseppe d’Avanzo disse che Falcone non era spiato ma spiatissimo. Il mio collega è morto ma nel corso degli anni ne abbiamo parlato, ma non abbiamo mai capito se siamo stati in qualche modo lo strumento di qualcuno - aveva continuato Bolzoni -. Questo perché giornalisticamente abbiamo incassato il risultato, lo scoop, ma non ci bastava. Volevamo capire cos’era successo. E non abbiamo capito se quel rapporto - che era vero -, se quella vicenda volesse in qualche modo aiutare il dottore Falcone per mantenere alta l’attenzione in quel periodo in cui lo stesso Falcone era molto esposto o se fosse stato un segnale al contrario per delegittimarlo. Nel corso degli anni abbiamo sempre pensato che la prima ipotesi fosse la più credibile ma non abbiamo avuto mai contezza”.
Alla luce degli elementi, dunque, appare evidente che al tempo Giovanni Falcone fosse tenuto sotto osservazione da certi apparati. 
Certo è che Giovanni Falcone, anche quando lasciò Palermo per trasferirsi a Roma accettando l'incarico offerto da Martelli come direttore degli Affari penali, porterà con sé anche i suoi appunti investigativi su Gladio. 
Riferimenti a Gladio erano presenti nei diari pubblicati post mortem su “Il Sole 24 Ore” dalla giornalista Liliana Milella ed ulteriori tracce si sarebbero potute trovare proprio negli appunti di Giovanni Falcone se non fosse che qualcuno (certo non uomini di Cosa nostra) riuscì a manomettere i supporti informatici di Falcone (un personal computer Olivetti che si trovava presso il suo ufficio del Ministero di Grazia e Giustizia e l'agenda elettronica Casio SF 9000). Un dato emerso grazie alle testimonianze dei consulenti Gioacchino Genchi e Luciano Petrini che analizzarono i supporti informatici. Davanti alla Corte d'Assise di Caltanissetta, durante il processo nel 1996, parlarono di memorie cancellate, di file modificati e rieditati nel periodo successivo al 23 maggio. E coincidenza vuole che tra i documenti “rieditati” vi fossero anche le sintesi delle schede di Gladio. Falcone voleva andare a fondo sulla vicenda ed aveva trovato anche degli anelli di collegamento con la P2? Possibile. Alla luce dei nuovi documenti è un'ipotesi che deve essere approfondita. 

Foto © Shobha

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